In questo agosto è scoppiato il caso dell’Aler di Milano.
Nata ai primi del secolo scorso come Istituto Case popolari (poi IACP) con uno scopo altamente nobile e sociale, quale quello di costruire e gestire case a basso prezzo per chi non poteva permettersi altro alloggio, è sempre stata un punto di riferimento per Milano. Interi quartieri sono stati costruiti dall’Istituto, che sovente è stato anche un elemento di sprone per l’urbanistica e l’architettura della città.
Da circa vent’anni invece l’Aler non costruisce praticamente più nulla, gestisce il patrimonio rimasto dopo che ha venduto agli inquilini (a prezzo di favore) buona parte delle case di proprietà.
È rimasta invece tale e quale la struttura burocratica e la malagestione: 80 milioni di deficit, 30% di inquilini morosi, 10% di abusivi, 1.5 milioni di consulenze l’anno, numero spropositato di impiegati, dirigenti e impiegati assunti per favori clientelari e mafiosi (vedi caso Zambetti), manutenzione degli immobili carente ecc. ecc.
La soluzione proposta: dato che è un servizio sociale, che vengono applicati affitti bassissimi a chi non può pagare, intervenga la Regione o il Comune con contributi o finanziamenti…
Il solito statalismo inefficiente e opaco che, con la scusa dell’intervento sociale, finisce per coprire sprechi, inefficienze e colpe.
Non sarebbe molto più semplice e corretto lasciare fallire l’Aler, mettere all’asta la nuova gestione e far intervenire la Regione o il Comune solo per coprire i canoni di chi è indigente?
In questo modo, come da sempre sostengono i Comitati, vi sarebbe una concorrenza e i cittadini potrebbero controllare la gestione, sapere come vengono impiegati i loro soldi: sarebbe una vera democrazia diretta e un vero federalismo.
Ma puzzerebbe troppo di libero mercato e di libera concorrenza: un anatema per la nostra burocrazia statalista, opaca, inefficiente e, spesso, disonesta.
Angelo Gazzaniga