Due ore di dibattito politico con un ritmo incalzante, a volte anche troppo, e poco tempo (un minuto e mezzo) per rispondere a ciascuna domanda. Sicuramente c’è da lavorare per migliorare il format, anche se nel complesso lo sforzo fatto da Sky per il primo – e per ora unico – confronto tv tra i candidati alle primarie del centrosinistra è encomiabile. Un’occasione persa per la Rai. Ma, al contempo, la dimostrazione che un buon servizio pubblico può essere fatto – e bene – anche da un privato. Anzi, a volte anche meglio. Basti pensare, come metro di paragone, alle inguardabili tribune elettorali della Rai o ai talk show che da anni ammorbano l’etere, contribuendo ad allontanare i cittadini alla politica. O alimentando la cosiddetta antipolitica.
Al centrosinistra va il merito di aver organizzato le primarie per la scelta del proprio candidato leader. Non è una novità assoluta, ma l’esperimento iniziale, quello per l’investityra di Prodi nel 2005, replicato poi per la scelta del leader del Pd nel 2007 e 2009, era più che altro una corsa finta, dove si conosceva in anticipo il vincitore. Primarie farlocche, quindi. Questa volta no. E il merito va dato a Renzi, in primo luogo. Ma anche a Bersani nell’aver raccolto la sfida “concedendo” le primarie con una deroga allo statuto del proprio partito (per il quale il candidato premier è il segretario, da discutere eventualmente con le altre forze alleate).
Veniamo al dibattito. Bersani, Renzi, Vendola, Puppato e Tabacci bocciano l’ad Fiat Marchionne. La critica durissima al manager col maglione mette d’accordo tutti. Quasi come quella al ministro Fornero, la cui riforma del lavoro “va cambiata e migliorata”, anche se gli accenti sono diversi (dal tifo pro Ichino di Renzi alla strenua difesa dell’articolo 18 da parte di Vendola).
Capitolo tasse: Tabacci insiste sull’importanza della lotta all’evasione. Poi aggiunge: “Immaginare un sistema fiscale che prescinda dal patrimonio immobiliare non ha alcun significato. È evidente che si deve partire da lì” sapendo che si tratta di operare sul “peso delle aliquote”. Renzi ribadisce di non voler alzare la pressione fiscale, già troppo elevata e prende di mira Equitalia. Vendola sottolinea la scarsa progressività del prelievo, indicando come modello le politiche di Hollande (75% sui redditi sopra un milione di euro). Bersani punta su tre cose: grande tassa sui patrimoni (e vera tracciabilità per farli emergere), Imu più bassa sulla prima casa e meno tasse sul lavoro. Puppato: “La priorità è la redistribuzione del reddito e su questo dovremo concentrare i nostri sforzi”. L’unico a snocciolare cifre sulla patrimoniale è il sindaco di Firenze: “Per chi ha più di un milione di euro va bene ma in italia sono solo 786”.
Capitolo diritti gay. E’ un tema che da anni divide la sinistra. Ancora oggi è così. Vendola e Puppato sono per il sì ai matrimoni gay e alla possibilità di adottare bambini anche da parte di coppie omosessuali. Posizione più “moderata” per Bersani, Renzi e Tabacci, che propongono il riconoscimento di diritti civili, sul modello tedesco o inglese, ma senza l’equiparazione tra coppie di fatto e matrimonio uomo-donna.
Un altro tema che divide è quello dei costi della politica. Qui la distanza netta è tra Renzi da un lato – che vuole l’abolizione totale del finanziamento pubblico – Vendola, Bersani e Tabacci dall’altro, che invece la difendono. La Puppato vorrebbe mantenere i soldi pubblici solo per l’attività di comunicazione. Tutto il resto, dall’acquisto di immobili alle cene, va escluso.
Unisce invece tutti i candidati il no all’alleanza con Pierferdinando Casini. Lo dicono chiaramente. Anche se, è bene ricordarlo, in passato Bersani aveva flirtato – e non poco – con il leader Udc. Certo dirlo oggi, in piena campagna elettorale per le primarie, non porterebbe acqua al suo mulino. Poi resta da vedere come andrà a finire la battaglia sulla legge elettorale e, di conseguenza, le future alleanze (pre o post elezioni che siano).
L’unico vero scontro durante il dibattito – un po’ poco a onor del vero (specie se guardiamo ai dibattiti infuocati delle primarie negli Stati Uniti) – è sul numero di ministri che il futuro governo dovrà avere. Renzi è stato perentorio: dieci sono più che sufficienti. Tabacci è partito all’attacco snocciolando cifre: “Almeno 18 e 36 sottosegretari, altrimenti è impossibile lavorare”. Bersani e Puppato, sia pure non entrando nello specifico, hanno confermato che il numero indicato dal sindaco di Firenze è troppo esiguo.
Il capolavoro dell’opportunismo politico – e per qualcuno della pochezza di punti di riferimento ideali della sinistra – si è avuto quando il moderatore ha chiesto di indicare i nomi del Pantheon culturale di ciascun candidato. Tra le idee partorite dai cinque candidati di sinistra ci si sarebbe aspettato di tutto meno che… un Papa e un cardinale. Ma anche questo è un segno dei tempi. Bersani cita Papa Giovanni XXIII. Vendola propone il cardinale Carlo Maria Martini, mentre Bruno Tabacci due uomini della Dc: De Gasperi e Marcora. Due donne per Laura Puppato: Tina Anselmi e Nilde Iotti. Un tocco internazionale per Matteo Renzi: Nelson Mandela e la famosa blogger tunisina Lina Ben Mhenni, tra le voci che hanno scatenato la Primavera araba.
Su Twitter, durante e dopo il dibattito si è scatenato il finimondo: tutti a commentare, criticare e sviscerare risposte, tic e tormentoni. Il più simpatico: una ragazza pro Vendola nel porre una domanda a uno dei candidati ha fatto riferimento a Oscar Giannetto (Giannino!).
Al di là degli aspetti marginali, forse questo dibattito servirà a poco, nel senso che non smuoverà più di tanto le intenzioni di voto di chi parteciperà alle primarie. Lo dicono gli esperti. Però una cosa è indubbia: pur nei suoi diversi difetti il dibattito in onda su Sky (e Cielo, su digitale terrestre) ha portato una boccata di aria fresca alla politica italiana. Ne serve ancora molta. Speriamo che arrivi presto anche dal centrodestra e dalle altre forze che, democraticamente, vogliono proporsi alla guida del Paese non basandosi sull’insulto o sulla denigrazione ma portando avanti idee, progetti e contenuti. Questa è la politica. Tutto il resto è inutile teatrino (vecchio o nuovo poco cambia).
Orlando Sacchelli