Intercettato mentre parla con un suo degno compare nel carcere dove si trova a scontare il 41 bis, Totò Riina dimostra in maniera inequivocabile di avercela a morte con i giudici che lo hanno condannato e con i suoi complici che lo hanno tradito. I giornali, la radio, la televisione, tutti lì, a gridare allo scandalo, a dare addosso a quella carogna che non vuol saperne di starsene buono in carcere. Ma cosa si vorrebbe? Che nell’ora d’aria Totò Riina recitasse il rosario? Che s’interrogasse sul perché non viene dato il Nobel allo scrittore Philip Roth o sul nuovo film di Martin Scorsese? Riina è un mafioso, un assassino, un uomo che della vita ha una visione criminale, con una sua sciagurata morale e religiosità. Di cosa potrebbe parlare, un uomo così dopo vent’anni di carcere duro?
Ma c’è un’altra domanda da farsi. Ed è questa: se un mafioso come lui, tenuto al 41 bis (vale a dire nell’impossibilità di comunicare), riesce a far passare i suoi ordini e a far temere per la vita di un valente magistrato, laggiù a Palermo (lui, Riina, da lassù, dal carcere di Opera, presso Milano), a che serve il 41 bis? Perché si continua a tollerare questa farsa?
Lo si vuole tenere sotto controllo? Si vuole intercettarlo sul serio? E allora lo si faccia in modo tale da rendere prezioso per gli inquirenti ciò che dice, senza farlo sapere subito a lui stesso.
Ma che Stato è il nostro? I politici si sono accapigliati per anni sull’ammissibilità del carcere duro e ora scopriamo che quel provvedimento è talmente repressivo e inumano da lasciare che Totò Riina faccia quattro chiacchiere come niente fosse con un malavitoso suo vicino di cella e trovi il modo di far giungere le sue minacce all’esterno.
Ci sorge un dubbio: e se Totò Riina servisse per tenere in piedi il gran baraccone dell’antimafia parolaia e inutilmente invasiva? Basta dare un’occhiata, nelle librerie, alle pile di volumi dedicati a Totò il corleonese e a quelli come lui, per averne quasi la certezza. A che cosa sono serviti e servono tutti quei libri, se lui dal carcere continua a fare il capomafia? A cosa sono serviti e servono i tanti convegni e le tante manifestazioni culturali (con gran giro di scrittori, magistrati, preti, giornalisti d’assalto)? A sprecare denaro e tempo? O sono serviti e servono a far guadagnare la lusinga del palcoscenico e un buon gruzzolo di euro ai moralisti a comando e a borderò?
Se la farsa va avanti così, tra breve leggeremo d’intercettazioni cui è stato sottoposto il Papa. E ci stupiremo nell’apprendere che, parlando con un cardinale nei giardini del Vaticano, sua Santità Francesco, “non ha fatto altro che blaterare su Dio e sul Paradiso”, e che – inaudito! – “vorrebbe aiutare i poveri, e fare in modo che la domenica la gente vada in chiesa”.
Matteo Collura>/em>