L’America, per come l’abbiamo sempre conosciuta, è finita il 28 febbraio 2025. Quel giorno, di fronte alle telecamere di media di tutto il mondo (esclusi i media americani invisi al presidente, presente l’agenzia di Stato russa Tass), Donald Trump e il vicepresidente JD Vance hanno pubblicamente umiliato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Quel giorno l’America è morta, non tanto per l’umiliazione in sé, perché ce ne sono state tante altre in passato, con altri presidenti, ai danni di altri alleati. Israele ne sa qualcosa. E neppure per il principio secondo cui gli Usa si sono ritirati da una causa che fino a quel momento avevano difeso, quella di una democrazia europea aggredita da un regime totalitario, perché gli Usa hanno una lunga storia di isolazionismo, disimpegno e anche abbandono di alleati. L’Afghanistan ne sa qualcosa.
L’America è morta, quel giorno, perché il suo capo di Stato e commander in chief ha dichiarato urbi et orbi di stare dalla parte sbagliata della storia, dalla parte sbagliata della guerra. Si tratta di un fatto enorme che non ha equivalente neppure nell’amministrazione Obama, quella iniziata con l’apology tour, la serie di viaggi di Stato, in Medio Oriente e Nordafrica, con cui l’allora presidente rinnegò, almeno in parte, la politica estera del presidente Bush, ma non mise in dubbio la missione storica del suo paese.
Il presidente Trump, nella disastrosa conferenza stampa con Vance e Zelensky, ha infatti affermato chiaramente tre concetti: la colpa della guerra in Ucraina è dell’amministrazione Biden, l’Ucraina (la parte aggredita) deve porre fine alla guerra, l’aggredito deve pagare le riparazioni, agli Usa, sotto forma di risarcimento per tutti gli aiuti “ingiustamente” ricevuti sino a quel momento. Si tratta di un ribaltamento eclatante, non solo della politica americana, ma anche della storia. E’ come se negli Stati Uniti non ci fosse stato un semplice avvicendamento di un presidente con l’altro. Ma vi sia stato un vero cambio di regime, con il nuovo regime intento a purgare ogni residuo del vecchio, a rinnegare tutte le politiche fatte sinora dal predecessore e a risarcire le sue vere o presunte vittime.
Quel che è avvenuto negli Stati Uniti, fra novembre e febbraio, in effetti, è quanto di più simile vi sia a un cambio di regime. Prima di tutto perché Trump, contrariamente ai suoi predecessori, non ha mai riconosciuto la sconfitta elettorale del 2020, dunque non ha mai ritenuto legittima l’amministrazione Biden. Considerandosi come oppositore di un regime illegittimo, Trump si è atteggiato più da resistente che non come un regolare oppositore politico. I quattro processi e i due tentativi di attentato hanno solo rafforzato questa sua profonda convinzione: di essere un perseguitato. Nell’arco di questi quattro anni si è radicalizzato, si è circondato di personaggi sempre più anti-sistema e scelti soprattutto sulla base della lealtà alla sua persone a all’avversione irriducibile all’amministrazione Biden.
Cosa può succedere se il dissidente in questione prende il potere, inaspettatamente e con una maggioranza talmente netta da prendersi tutti e tre i poteri dello Stato? Che fa piazza pulita di tutto il passato. Noi oggi stiamo assistendo a un reset completo di quel che sono stati gli Usa, per come li abbiamo conosciuti finora. E le prima vittime sono proprio gli alleati tradizionali, le democrazie europee, i partner asiatici e soprattutto la povera Ucraina, impegnata in una guerra di sopravvivenza che per Trump e i suoi è solo “una guerra di Biden”. Ma il reset non si ferma a Biden e agli ultimi quattro anni. Con il pretesto dei tagli nella spesa pubblica, Trump ha contestualmente raso al suolo tutto il soft power americano. Ha distrutto i Global Media che diffondevano informazioni senza censure in tutti i paesi oppressi, in Europa (con Radio Free Europe), in Asia (Radio Free Asia) e Cuba (Radio Martì). Non solo: Trump ha anche screditato il lavoro di questi media o lo ha lasciato fare al suo alleato Elon Musk, lasciato a briglia sciolta. Musk ha definito i giornalisti dei Global Media come degli inutili parassiti, dei fanatici di sinistra.
Pochi giorni dopo la notizia dell’uccisione di Victoria Volodymyrivna Roshchyna, giornalista ucraina di Radio Free Europe rapita dai russi e torturata sino alla morte con elettroshock su tutto il corpo, Musk scriveva che tutti i giornalisti di Radio Free Europe e Voice of America devono essere licenziati. Lo stesso Musk ha scritto, d’accordo col presidente, che tutto quel che si è detto della guerra in Ucraina è una menzogna dei media mainstream. E meno di un mese dopo lanciava sul suo social network X (già Twitter) un’intervista in ginocchio di Tucker Carlson (l’intervistatore di Putin e Dugin) all’inviato speciale di Trump in Medio Oriente, Steve Witkoff. Il quale dopo lodi sperticate a Putin, dopo aver riferito che il presidente è nelle preghiere del capo del Cremlino, dopo aver portato un ritratto di Trump dipinto in Russia, ha anche dichiarato che l’Ucraina deve perdere le regioni occupate dai russi, perché gli abitanti russofoni “sono russi” e devono riunificarsi alla Russia.
L’America è morta nel momento in cui il suo presidente ha detto che tutto quanto è stato detto, scritto e creduto in nome degli Usa è falso. Che la lotta del mondo libero contro le dittature è, di fatto, solo una grande menzogna. Avevano ragione quei russi, a partire da Medvedev, Lugovoi e gli opinionisti della Tv di Stato, che consideravano Trump come il “Gorbachev americano”. I russi vicini a Putin non hanno alcun ricordo positivo dell’ultimo presidente sovietico, lo ritengono come il distruttore del loro impero. Ora, semplicemente, sperano che Trump distrugga “l’impero” americano. Cosa fece Gorbachev? Prima diede libertà di espressione (glasnost), poi provò una riforma economica radicale (perestrojka) e infine si ritirò da tutti gli Stati cuscinetto sovietici in Europa, dando inizio al disfacimento della stessa Unione. In questa fase, Trump starebbe compiendo la sua “glasnost”, desecretando tutti i documenti sul passato americano e distruggendo la narrazione ufficiale dei media. In questo modo però non sta facendo “trasparenza”, ma solo sdoganando la propaganda delle dittature che è fatta soprattutto di menzogne di Stato. E’ già avviata la sua “perestrojka”: con la politica dei dazi, può dare un colpo mortale al sistema finanziario e commerciale mondiale che finora si è retto sul dollaro. Ma anche qui non sta ottenendo più libertà di mercato, ma solo la sua chiusura. E infine arriverà, o almeno i russi ci sperano, anche il momento del ritiro degli americani dall’Europa. Ed sarà il momento che fascisti e comunisti attendono da ottant’anni per non aver più ostacolo alla loro brama di potere assoluto.
di Stefano Magni