La libertà di avere un lavoro per un liberale è qualcosa di più importante del diritto al lavoro.
È più importante perché non riguarda solo il lavoro come mezzo di sussistenza o come mezzo per guadagnarsi da vivere (e questo è il diritto al lavoro), ma riguarda il lavoro anche come mezzo per concretizzare le proprie aspirazioni e ambizioni, per realizzare la propria personalità, per diventare cittadino e uomo libero.
È questa una delle libertà più importanti per tutti: uomini e donne, giovani e anziani, laureati o semplici contadini. È altrettanto importante per il giovane che non trova lavoro (e che quindi non ha nessuna certezza per il futuro) quanto per l’uomo maturo che perde il lavoro senza ancora essere arrivato alla pensione.
Uno stato non può dirsi veramente democratico e liberale se non è in grado di garantire questa libertà a tutti.
In questa campagna elettorale così combattuta ci saremmo aspettati questo tema al centro di tutti i progetti: invece:
– a destra Berlusconi ha proposto di detassare le imprese che assumono accollando imposte e contributi per i primi anni allo Stato: si tratta di una partita di giro: quello che non pagano le imprese deve essere a carico dello Stato e quindi o si aumenta il debito o si aumentano le tasse…
– al centro Monti ha promesso una generica ripresa senza indicare con quali mezzi
– a sinistra Bersani ha riproposto le vecchie formule della sinistra: salvaguardare a ogni costo il posto di lavoro. Ciò significa non creare la piena occupazione, ma difendere il posto di chi ce l’ha, ingessando e bloccando qualsiasi sviluppo (se si mantengono n vita imprese ormai decotte solo per di salvarne i posti di lavoro (vedi miniere sarde) si finisce inevitabilmente di sperperare risorse e alla fine ritrovarsi senza imprese e senza posti di lavoro)
– Grillo ha proposto di aiutare chi è in difficoltà, di aiutare le imprese in affanno: proponendo lo stipendio di cittadinanza ha risolto il problema alla sua maniera: garantiamo lo stipendio a tutti, ma con quali risorse?.
Ma per avere più posti di lavoro occorre una sola cosa: che le imprese investano, siano esse italiane o straniere, che abbiano prospettive di sviluppo, che possano sperare di crescere, svilupparsi e (perché no?) guadagnare.
Se questo non avviene (come è vero) occorre farci una domanda: perché l’Italia è l’ultimo paese d’Europa come investimenti stranieri?
– Perché in Italia c’è la burocrazia più inefficiente, bizantina e corrotta d’Europa (dopo la Grecia)
– perché in Italia i costi della tassazione sul lavoro sono tra i più alti d’Europa e i servizi offerti dallo Stato tra i peggiori
– perché la magistratura italiana non offre alcuna garanzia di efficienza e tempestività (siamo al 158° posto al mondo per la lentezza dei processi)
– perché la classe politica è tra le più numerose (2 milioni di persone in Italia vivono di politica), costose e autoreferenziali.
Ma della volontà e dei progetti per risolvere questi problemi (che sono quelli che ci stanno lentamente asfissiando) non c’è stata nessuna traccia in questa campagna elettorale.
I Comitati continueranno nella loro battaglia per porre questi temi all’attenzione dei nostri politici, per questo vedi i nostri libri “Maledetta proporzionale”, “Contro gli statosauri”, “terzo strapotere”
Angelo Gazzaniga