IL MONDO DEL LAVORO E’ PROFONDAMENTE CAMBIATO E IN TROPPI CREDONO ANCORA DI ESSERE NELL’800 – Adriano Teso – 14-08-08
Il mondo del lavoro è visto ancora come se fossimo nell’800, con la nobiltà e l’alta borghesia dominanti, con la scarsità di capitali, in una società fortemente contadina, con poca democrazia e quasi nulla globalizzazione. Non si registra il fatto che tutto è completamente cambiato. Ancora oggi, molti esperti parlano di “capitalismo” invece di “economia di mercato”, dove la persona, il suo lavoro, le sue capacità sono al centro dello sviluppo e del benessere.
Non si può più parlare, infatti, di capitalismo in quanto esiste una quantità immensa di capitali alla ricerca di una forma d’investimento, anche con una redditività modesta. Da tempo il successo non si ottiene più solo perché si è possessori di capitali. Infatti, oltre l’80% delle “grandi fortune” oggi esistenti al mondo ed in Italia (basta prendere una delle tante classifiche che vengono pubblicate)
è di prima generazione. Si tratta, cioè, di persone capaci, che mettendo a frutto le loro conoscenze e capacità, hanno su queste raccolto risorse sufficienti per far decollare le loro nuove idee ed imprese. Oppure, di semplici ex operai ed impiegati che, man mano, hanno costruito un’impresa artigianale, facendola poi crescere fino a diventare grandi imprenditori.
Lo stesso rapporto di lavoro classico si è completamente trasformato. Oggi è l’imprenditore che è
alla continua ricerca di management capace, autosufficiente, che ottiene risultati non eseguendo ordini, ma concordando obiettivi per poi raggiungerli con le proprie capacità. E ciò vale anche per i vari “professionals” aziendali: dai ricercatori ai vari tecnici dell’informatica e della progettazione, alle gestioni amministrative, commerciali, produttive o degli acquisti, compresi gli “operai” d’aziende sempre più tecniche, dove ormai le braccia servono veramente a poco e dove è la testa e la sua formazione a far ottenere risultati. Si è giunti cosi a non poter più affermare di lavorare per qualcuno, ma con qualcuno. Con qualcuno per ottenere insieme un risultato. Per se stessi, perché quel lavoro è il mezzo che si è trovato per mantenersi, provvedere ai propri cari e, man mano, soddisfarne bisogni e desideri.
Si deve ormai parlare di Collaborazione reciproca. Ecco che allora il cosiddetto lavoro “dipendente” non lo è per nulla ed ogni “lavoratore” non è altro che un fornitore di un servizio o di un bene, come lo è qualsiasi altro professionista o industriale. E per poter procurare un buon servizio e migliorare i ricavi (ancora definiti “stipendi”) egli è anche in concorrenza per soddisfare al meglio il proprio cliente
(ancora definito “datore di lavoro”). Il tutto per soddisfare il vero ed unico “padrone” di ognuno di noi: il Cittadino-Cliente-Consumatore, che altri non è che ognuno di noi, quando spendiamo i nostri guadagni scegliendo i prodotti migliori in termini di prezzo, servizio e qualità.
Stando così le cose ecco che vi è molto da cambiare in fatto di contrattualistica economica
(“stipendi”), di qualità e quantità di fornitura di risultati (“contratti di lavoro” individuali), di durata
(“assunzioni” e “licenziamenti”), di mancata fornitura di quanto contrattualmente previsto (“scioperi”) e, quindi, di tassazione e previdenza. E’ ormai finito da molto il tempo in cui lo Stato, i sindacati ed i giudici del lavoro decidevano cosa è utile per due parti che si accordano. I patti liberamente sottoscritti sono da rispettare da entrambe le parti senza alcuno sfruttamento reciproco. In questa situazione
“i fannulloni” non esisterebbero.
E’ ora che anche il cosiddetto “lavoratore dipendente” diventi un Cittadino di serie A e possa autonomamente scegliere ciò che gli sta bene oppure no. Che egli venga riconosciuto quale Cittadino adulto, capace di intendere e volere e decidere. Senza tutori o norme spesso indesiderate.
Memo 15-02-11
Un posto di lavoro-essere assunti non è un diritto, ma un accordo per ottenere reciproche utilità. Per collaborare occorre conoscersi, stimarsi ed avere fiducia reciproca. . . Oggi anche il più semplice dei lavori implica il prendere ed applicare decisioni. Altri modi di lavorare insieme sono fallimentari.