Il narcisismo della fantagiustizia

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Quando una parte della Magistratura anziché cercare la verità cerca il successo personale

Dal “Fatto Quotidiano” di Nicolaij Vladimir Lenin – appassiona smontarne un pezzo alla volta la disinformazione scientifica da artisti dell’imbroglio –, si apprende una notizia scioccante, disarmante e inquietante insieme. Nino Di Matteo sta sul palco della Versiliana – il magistrato della trattativa alla festa del Fatto Quotidiano- ha detto: “Oggi non c’è una volontà di completare questo percorso di verità. Il processo (alla trattativa Stato/Cosa Nostra, ndr) è diventato bersaglio di calunnie. Napolitano fu la causa degli attacchi arrivati anche dall’interno della magistratura”. L’ultima affermazione è talmente grave sotto il profilo della diffamazione che richiederebbe un intero articolo dedicato al tema. E’ sufficiente fotografare la doppiezza di comportamento di un pubblico ministero che riesce ad ottenere l’interrogatorio del Presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano come persona informata sui fatti (il quale – sottoposto alle domande surreali del pm Di Matteo – ammette l’esistenza di un dialogo tra Stato e Cosa Nostra nel 1992, e poi deve subìre una violenta delegittimazione dallo stesso Di Matteo, autore tempo dopo di un comizio alla Fanfani, senza contraddittorio, dove l’ex Capo dello Stato è accusato nientemeno che di ostruzione alla Giustizia). Poi nell’articolo si legge: “Tra passato e presente. Il discorso di Di Matteo si fa aspro quando ricorda la sentenza definitiva a carico di Marcello Dell’Utri, sette anni per concorso esterno. “Processo spesso dimenticato”, e aggiunge: “Un dato è oggettivo. Lo sancisce una sentenza passata in giudicato di cui pochi vogliono parlare”. Prosegue il magistrato: “Quel verdetto sancisce in maniera definitiva un dato: Marcello Dell’Utri, fondatore di Forza Italia, partito che poi dopo il marzo 1994 diventerà partito di governo, è stato condannato per concorso esterno perché è stato il tramite della stipula e poi del mantenimento di un accordo intervenuto nel 1974 e rispettato fino al 1992. Accordo fra Silvio Berlusconi e le famiglie mafiose più potenti di Palermo”. Accordo che non c’è mai stato, poiché la sua (presunta) fotografia da parte dei giudici è il risultato di un gravissimo falso, ancorché “protetto” dalla Cassazione. , di cui mi sono occupato nel libro “Attrazione fatale tra Ingroia e Ciancimino – Il denaro non dorme mai”, che ha tra l’altro il difetto di essere moderatamente garantista nei confronti di un Dell’Utri interamente perseguitato.

Fu lo stesso Parlamento a maggioranza ulivista a censurare il fumus persecutionis da parte dei magistrati, tuttavia viviamo in un Paese in cui l’Autorità Giudiziaria non ha l’obbligo di procedere alla denuncia sanzionatoria del fumus persecutionis. Ma c’è di peggio: tutta l’accusa a Dell’Utri è“leninista”: è la società che fa gli individui, e non il contrario; se c’è un pentito autentico – che nel caso di specie si chiama Cosimo Cirfeta– che denuncia la falsa macchinazione dei pentiti, va isolato. E istigato al suicidio, poiché ha osato ribellarsi al costruttivismo complottista. E’ o non è la devianza leninista del collettivismo giuridico al potere? C’è un solo rimedio: il carcere per chi viola l’art. 192 c.p.p.. E poi fa comizi…

di Alexander Bush

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Alexander Bush
Alexander Bush, classe '88, nutre da sempre una passione per la politica e l’economia legata al giornalismo d’inchiesta. Ha realizzato diversi documentari presentati a Palazzo Cubani, tra questi “Monte Draghi di Siena” e “L’utilizzatore finale del Ponte dei Frati Neri”, riscuotendo grande interesse di pubblico. Si definisce un liberale arrabbiato e appassionato in economia prima ancora che in politica. Bush ha pubblicato un atto d’accusa contro la Procura di Palermo che ha fatto processare Marcello Dell’Utri e sul quale è tuttora aperta la possibilità del processo di revisione: “Romanzo criminale contro Marcello Dell’Utri. Più perseguitato di Enzo Tortora”.

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