Robert Schuman apprenderebbe oggi con immenso piacere la notizia del premio Nobel per la pace all’Unione Europea. Egli, padre e fondatore dell’Unione, ha per primo gettato le basi per la nascita di un organismo internazionale che potesse, nonostante le profonde diversità culturali e sociali fra i vari Paesi, garantire la pace ed il rispetto dei diritti umani.
Come già accaduto, però, in occasione dell’assegnazione del Nobel per la Pace all’allora neo-eletto Presidente Obama (un ‘premio alle intenzioni’ secondo taluni), anche questo Premio è stato oggetto di critiche e dubbi. Molti non ne condividono le motivazioni di fondo, ritenendo doverosa l’assegnazione a singole personalità o ad enti che da decenni si impegnano per il mantenimento della pace ed il rispetto dei diritti umani.
In realtà non è necessario leggere le motivazioni che il Comitato di Oslo ha riportato in sede di assegnazione del prestigioso riconoscimento, per comprendere quale sia stato il lavoro di conciliazione ed integrazione operato degli Stati Membri. Da decenni l’Unione è riuscita a garantire stabilità e pace a milioni di cittadini: fondamentale da ultimo l’apertura all’ingresso dei Paesi dell’area balcanica, dopo anni di perpetrate e sciagurate guerre e negazioni dei diritti umani.
Ma l’esempio non costituisce certamente un unicum; l’intervento nella crisi economica globale, la solidità delle Istituzioni comunitarie, il sistema di aiuti e la lungimiranza di alcuni politici, sono fattori che hanno consentito il non ripetersi dell’eterno conflitto fra i ‘Big Two’, Germania e Francia. Un tempo eterne rivali, oggi impegnate in un percorso di crescita politica ed economica. Quanto al rispetto dei diritti umani, bisogna ricordare che l’Unione Europea è autrice di un documento, la Carta europea dei Diritti dell’Uomo, che ha garantito l’osservanza delle prerogative fondamentali di ciascun cittadino comunitario. Oggi, in caso di loro violazione, è possibile ricorrere dinnanzi alla Corte di Giustizia europea al fine di ottenere una tutela effettiva. Non sono forse queste argomentazioni più che valide per poter assegnare un Premio Nobel a questa Istituzione?
I maggiori dubbi nascano da chi non ha compreso a pieno quello spirito di integrazione e superamento delle diversità che sta a fondamento dell’Unione. Basterebbe citare il motto di quest’ultima per comprendere quale grossa spinta verso la fratellanza e la conciliazione sia stata protagonista negli ultimi sei decenni di storia contemporanea: ‘Uniti nella diversità’. E se la diversità è spesso motivo di belligeranza, è innegabile che le profonde diversità culturali, le diversità storiche e politiche e quelle legate a lingua e costumi, costituiscano una ricchezza e non un ostacolo allo sviluppo delle strutture comunitarie.
Ben vengano allora questi riconoscimenti, purché ci invitino ad una seria riflessione sul nostro essere cittadini del ‘sistema Europa’ e protagonisti di una continua crescita che possa permanentemente assicurare prosperità e democrazia ai popoli europei.
Gaetano Gabriele Galesi