Papa Francesco muove grandi passioni: c’è anche chi è ferocemente contrario..
C’è un che di inquietante nella vicenda del vescovo Wesolowski, accusato di pedofilia e arrestato dalla gendarmeria vaticana “per volontà del Papa”. Detto in breve: il mondo progressista esulta, l’indice di popolarità del Papa “che piace alla gente che piace” schizza alle stelle, il mostro viene appeso alla gogna mediatica, il popolo cattolico assiste incredulo, e qualsiasi regola del diritto viene stravolta.
Partiamo dal’ultima constatazione, e diciamolo come Giuliano Ferrara su “il Foglio”: il processo canonico non è concluso perché l’appello è in corso, quello penale non è praticamente cominciato, non c’è dibattimento avviato, ma si spalancano all’arcivescovo e nunzio, per volontà del monarca e su istigazione della meglio gente del mondo, quella politicamente corretta, le porte della prigione”. In altre parole, papa Francesco si è comportato come un dittatore illuminato, che sa qual è il bene del suo popolo e che cosa gli serve per farsi amare. Dunque, tolleranza zero per i reprobi e tanti saluti, oltre che al diritto, alla misericordia.
Perché, nonostante si tenti di far passare il gesto autoritario di Bergoglio come la prosecuzione di quelli di Wojtyla e poi di Ratzinger, nel caso Wesolowski non si scorge, a differenza di quelli trattati dai predecessori, traccia alcuna di misericordia, pietà umana, dolore ed espiazione da consumarsi lontano dal palcoscenico. E si conferma invece il sospetto che questo pontefice “progressista” compia gesti clamorosi davanti alle telecamere, accompagnandoli con frasi ad effetto del tipo “la pedofilia è uguale a una messa nera”, soltanto per épater le fidéle, cioè suscitare oooh! di meraviglia ed entusiasmo tra chi crede che la chiesa di Roma, per essere ammessa nei club che contano, debba semplicemente adeguarsi ai tempi, omologarsi alle altre istituzioni. E trasformarsi in un’altra Onu, Greenpeace o una versione cattolica degli Indignados. Meglio se poi i reprobi possono essere accomunati all’ala conservatrice della chiesa, come il vescovo paraguayano Livieres Plano, rimosso anch’egli e sepolto sotto una pioggia di pubbliche accuse come malversazioni, frodi, insulti, litigi, dilapidazioni patrimoniali e, guarda caso, indicato come “tradizionalista e difensore della messa tridentina”.
Teologia della liberazione, metodi autoritari, invocazione della “pulizia morale”, banalità apodittiche spacciate come incontrovertibili verità – come l’indimenticabile “vergogna” gettato in faccia all’Occidente per la tratta africana degli schiavi da esportazione – confermano l’opinione che Bergoglio abbia impiantato in Vaticano uno stile peronista. Dimentico però del disastro politico ed economico, e della pesantissima eredità culturale, lasciata da Peròn e dal suo metodo di governo all’Argentina. E dell’incalcolabile danno d’immagine che la chiesa di Roma probabilmente ne riceverà nel prossimo futuro.
Che gli scandali avvengano è inevitabile, dice il Vangelo: e quello legato alla pedofilia resta uno dei più odiosi. Ma guai, aggiungiamo noi, sia a chi li commette sia a chi li utilizza per qualsiasi scopo.
Gaston Beuk