Da una ricerca Demos appare un dato sorprendente: la fiducia degli italiani nello Stato è passata in un solo anno dal 22% al 33%
Sarà anche effetto, come sostiene Diamanti, della paura che porta a stringersi alla istituzioni, ma c’è anche un altro fattore da considerare: per la prima volto da anni lo Stato è diventato erogatore di risorse emesse a deficit: dai 30 miliardi del 2019 ai 180 di quest’anno.
Che gli italiani tornino ad apprezzare lo “Stato mamma” degli anni ’80? Uno Stato che ti ristruttura gratis la casa, ti compra il monopattino o i rubinetti di casa, ti restituisce parte dei soldi spesi, ti paga le vacanze e soprattutto ti garantisce ogni assistenza.
Tutto ciò avviene, naturalmente, a debito; un debito che non preoccupa perché tanto lo pagheranno le prossime generazioni e per molti anni ancora (speriamo) i tassi di interesse rimarranno bassi: ma sempre debito resta.
Ma il vero pericolo è un altro: che i cittadini si abituino a pensare lo Stato non come fornitore di servizi essenziali ma come “mamma” che segue, protegge e foraggia i suoi cittadini “dalla culla alla tomba”. Un comportamento da autentici sudditi che aspettano tutto dallo Stato cui riservano obbedienza e riconoscenza e non da veri cittadini che, consci dei loro diritti (e doveri) richiedono alla Stato di essere lasciati liberi e di fornire loro solamente quei servizi necessari al funzionamento della comunità.
Stesso rischio per le imprese: a furia di sussidi e aiuti vari dimenticano la necessità di innovare, di lottare sui mercati rassegnandosi a perdere competitività. Non conviene loro mantenere gli standard di efficienza quanto essere in regola per ottenere i sussidi.
Per questo è fondamentale che i soldi del Recovery Fund vengano spesi bene in investimenti e settori da rilanciare e non in sussidi a pioggia o investimenti a corto raggio per soddisfare gli appetiti di qualcuna
Altrimenti ci troveremmo con un mare di debiti, una ripresa illusoria e dei sussidi che prima o poi finiscono perché l’illusione dello “Stato mamma” prima o poi finisce
di Angelo Gazzaniga