Si riparla finalmente del Piano Mattei con cui, è il caso di dirlo, l’Italia è uscita dalla politica di mero contenimento dell’immigrazione. In altre parole dare soldi ai paesi rivieraschi perché limitino le partenze con il risultato di favorire i mercanti di uomini e creare autentici lager sulle sponde sud del Mediterraneo.
Per ora il Piano si è estrinsecato in una splendida cena di gala a cui tanto sono sensibili i capi di Stato africani ma è nella sua applicazione che si evidenzia il rischio principale: quello di essere la solita pioggia di sovvenzioni che vengono più o meno regolarmente intascate dai potenti locali senza un effettivo aiuto per i veri bisognosi (che continuano a partire).
Se vogliamo effettivamente aiutare i Paesi africani non bisogna nascondersi che ancora adesso buona parte di questi Paesi si regge sull’agricoltura. Proprio per questo motivo sarebbe il caso di abbandonare le politiche di rapina e sfruttamento dell’agricoltura africana: basti considerare il caso della Costa d’Avorio che ha perso quasi il 90% delle proprie foreste a causa della coltivazione estensiva del cacao stimolata dalle multinazionali che poi, una volta avuto in mano tutta l’agricoltura del Paese, lo hanno ricattato abbassando il prezzo d’acquisto e mandando così in rovina migliaia di agricoltori.
Occorrerebbe invece aiutare davvero questi Paesi appoggiando i miglioramenti tecnici, implementando scuole e strutture e soprattutto riducendo progressivamente quelle barriere daziarie che impediscono ai prodotti agricoli africani l’accesso all’Europa pur con le doverose garanzie di sicurezza sanitaria.
Ma questo è un argomento scottante di fronte alle proteste degli agricoltori e quindi temiamo resterà una vana speranza a riprova che nel campo minato dell’immigrazione si continuerà a procedere a vista con l’unico scopo di ridurre gli arrivi senza preoccuparsi delle motivazioni, di cosa spinge questi disperati a rischiare la morte anziché rimanere nei loro Paesi.
Le migrazioni sono sempre state una delle caratteristiche della razza umana, ma questo non implica che non si debbano aiutare questi popoli a sviluppare migliori condizioni economiche e di vita; sarebbe un vantaggio per loro ma anche per noi.
di Angelo Gazzaniga