La corruzione in Italia sembra ormai dilagare: ma quali potrebbero essere delle mosse per rendere più efficace la lotta, mosse destinate a coinvolgere anche la magistratura…
Mi sono più volte chiesto perché l’Italia è ai primi posti della classifica mondiale degli Stati più corrotti, ma non credo, anzi, mi rifiuto di credere, che si tratti di una tara ereditaria del popolo italiano.
Tralasciando ogni considerazione di ordine etico, la corruzione ha un effetto nefasto sul sistema ben maggiore del danno patrimoniale. Infatti, se il criterio di selezione dei fornitori è quello di chi paga di più, restano esclusi coloro che offrono una migliore qualità, con il risultato che le aziende migliori chiudono, le peggiori prosperano e la Pubblica Amministrazione, disponendo di strumenti scadenti, eroga servizi non efficienti.
Le recenti vicende dell’Expo 2015 e del MOSE di Venezia, al di là delle responsabilità individuali, dimostrano che esiste un sistema di corruttela che inquina gli investimenti pubblici talmente radicato da costituire una vera e propria emergenza che, come tale, non può essere affrontata con leggi ordinarie, ma devono essere studiati provvedimenti di natura eccezionale.
L’accertamento del reato di corruzione è quasi sempre (se non sempre) accompagnato da quello relativo alla concussione (e viceversa). Anzi, il successo della contestazione dell’uno è sempre legato all’insussistenza dell’altro. Si concretizza perciò una automatica connivenza omertosa tra concusso ed estorsore (o tra corruttore e corrotto), ciascuno dei quali, quale che sia la fattispecie, ha interesse a coprire le prove per evitare a se stesso la condanna per concussione (o corruzione). Di conseguenza la maggior parte di questi reati non emerge per denuncia della vittima, ma l’accertamento di essi è frutto di indagini molto complesse ed onerose, con il risultato che la maggior parte dei reati restano impuniti, rinforzando sempre più, in uno Stato in cui la certezza della pena è tra le più basse al mondo, la convinzione di riuscire a farla franca.
Sicuramente la Magistratura ha delle grandi responsabilità nella diffusione del fenomeno. Prendiamo l’esempio Carige di Genova: da 40 anni tutti i genovesi, ma non solo, sapevano delle manovre a dir poco disinvolte che erano abituali nella galassia delle società del Gruppo: mi rifiuto di pensare che nessun giudice per 40 anni non sia mai stato raggiunto da una “notizia di reato”. Val la pena di ricordare che in Italia vige l’obbligatorietà dell’azione penale.
Due sono i provvedimenti da adottare:
1. Sospendere per 5 anni la rilevanza penale del reato di corruzione attiva, in modo da mettere in condizione tutti coloro che sono vittime di concussione di denunciare il colpevole;
2. Rendere obbligatoria per il CSM l’instaurazione di un’inchiesta penale nelle Procure sedi di istruttorie per corruzione o concussione che coinvolgano più di 10 indagati, per accertare che nessuno dei giudici sia stato a conoscenza dei reati contestati e abbia omesso di denunciarli.
A mali estremi …
Paolo Serra