Si è finalmente arrivati alla resa dei conti per i vari bonus edilizi (simboleggiati dal superbonus al 110%).
Un provvedimento in se valido, anche se da maneggiare con cura per gli effetti distorsivi sulla concorrenza, che è diventato un disastro per i conti pubblici grazie al modo in cui è stato concepito e realizzato.
Infatti non era difficile prevederne gli effetti (e Libertates lo ha indicato più volte) semplicemente utilizzando un po’ di buon senso:
- se si fosse adottata una aliquota inferiore al 100% si sarebbe innescato un processo virtuoso: il committente sarebbe stato interessato comunque a controllare costi, analizzare e confrontare preventivi perché, anche se parzialmente, avrebbe dovuto partecipare alle spese. In questo modo invece è scoccato il meccanismo del “facciano quello che vogliono, tanto paga Pantalone”
- innescare il meccanismo dei crediti d’imposta cedibili senza limiti è stato foriero di abusi e truffe a valanga. Troppo facile emettere una fattura per lavori anche non eseguiti e poi inserirla nel cassetto fiscale di un’altra ditta per lucrare i bonus senza alcun controllo sull’avvenuta esecuzione dei lavori. A riprova del tutto il fatto che per il bonus 110% ove erano richiesti asseverazioni da parte di un professionista e controlli dell’Agenzia delle Entrate le fatture false sono state relativamente poche. Certo, fidarsi dell’onestà e della correttezza in un Paese dove dilaga l’evasione è perlomeno singolare… Sarebbe forse stato sufficiente prevedere un credito d’imposta per i committenti da utilizzarsi in pochi anni (3 o 4). Per gli incapienti, cioè quelli che non hanno un reddito sufficiente da compensare, si sarebbe potuto prevedere una cessione del credito in un solo passaggio verso una banca che avrebbe garantito il finanziamento oppure addirittura un’imposta negativa: lo Stato avrebbe finanziato direttamente i lavori per la quota non detraibile
- stabilire un termine molto stringente per l’esecuzione dei lavori ha avuto conseguenze molto gravi: lavori eseguiti male perché l’unico obbiettivo era quello di rimanere nei termini e non di far bene; ditte nate in pochi giorni senza alcuna esperienza od organizzazione solo per acquisire lavori con i bonus; infortuni sul lavoro e lavoro nero in aumento in seguito all’impiego di manodopera non qualificata o peggio abusiva. Non mettere alcun limite di tempo, o un limite lunghissimo (10 anni?) avrebbe permesso di evitare la caotica corsa all’accaparramento dei bonus offrendo comunque un sostanziale aiuto all’edilizia.
Una prova in più di come una gestione dilettantesca e pressapochistica possa mandare in fumo, o peggio far diventare una perdita, un progetto in se buono.
E anche una dimostrazione della differenza tra uno statista e un politico: il primo ha a cuore il futuro di tutti i cittadini anche a costo di scontentarli a breve, l’altro ha come obbiettivo l’aumento del proprio consenso e quello verso il proprio partito anche con iniziative populistiche e dannose.
Quanti statisti abbiamo in Italia?
di Angelo Gazzaniga