Il taglio dei parlamentari: più fumo che arrosto
Il taglio dei parlamentari, proposto (più o meno obtorto collo) da tutti i partiti è indubbiamente una modifica necessaria: non si capisce perché il Parlamento italiano debba avere più deputati di quello americano o di quello tedesco.
Ma da come è stata prospettata si tratta di una modifica all’italiana, o meglio , alla gattopardo: si fa una riforma di facciata per lasciare tutto come prima.
Infatti gli svantaggi (necessità di una riforma costituzionale, probabile referendum, ridisegno di tutti i collegi, rischio di cancellare dal Parlamento piccoli partiti o minoranze) sembrano superiori ai vantaggi, che si ridurrebbero al risparmio di 500 milioni all’anno in stipendi; ben poca cosa per una paese come il nostro che spende 180 milioni al giorno di interessi passivi: in pratica risparieremmo tre giorni di interessi!
Ben diversa dovrebbe essere un’autentica riforma del parlamento.
Ridurre si il numero dei parlamentari, ma anche di tutta la (quella si) costosissima struttura burocratica e di servizi che circondano le camere e soprattutto eliminare quella che è da sempre il principale ostacolo al funzionamento dei nostro parlamento: il bicameralismo perfetto.
Il bicameralismo perfetto, che non esiste in nessun altro parlamento, obbliga a rimandare una legge all’altro ramo se viene modificata una sola virgola del testo; da qui procedure lunghe e defatiganti con continui palleggiamenti di votazioni da una camera all’altra. Al punto che ormai per garantire una sufficiente rapidità le leggi vengono normalmente create come decreto del Governo (adducendo pretesti di urgenza e necessità che quasi mai esistono) e poi convertite in legge dal Parlamento (magari mettendo la fiducia in caso di problemi).
Occorrerebbe (come da sempre propone Libertates) suddividere la composizione delle due camere: una che rappresenta la popolazione (la Camera) e una che rappresenta gli interessi locali e regionali (il Senato).
Certo l’ideale sarebbe un Senato che rappresenta la voce degli interessi locali in uno stato davvero federale, ma anche in uno stato solo (molto) parzialmente federale come il nostro potrebbe ben essere la stanza di compensazione e di discussione delle materie che riguardano gli interessi locali.
Altrimenti rischiamo di avere un “federalismo” come quello di cui si sta discutendo, che nasce da una trattativa più o meno segreta, tra governo e alcune regioni, fonte di compromessi, sospetti, recriminazioni e accuse ancor prima di nascere.
Una vera e autentica riforma del Parlamento potrebbe essere un primo passo verso un federalismo condiviso e utile a tutti
di Angelo Gazzaniga