Anche un ballo come il tango può essere un momento di libertà!
In un momento come questo sento il bisogno di stringermi attorno ai miei amici tangueri, che mi hanno aiutato a superare uno dei momenti più difficili della vita; e io non ho avuto una vita facile.
Dirò subito che la nostra amicizia nasce da una passione comune: la musica ed il ballo.
Il ballo, come la bici, è uno di quei vecchi amori che non ho potuto soddisfare da ragazza. Ho sempre amato ballare, credo da quando mia madre a Trieste, a 5 anni, mi ha insegnato il valzer viennese, ma ho ballato solo alle feste di bambine facendo il cavaliere o alle feste dei bambini, conquistando, come cavaliere, le nonne.
Ad una di queste feste, nel Carnevale di Mondovì, ho conosciuto un caso raro di montanaro-ballerino, unico uomo, in una marea di nonne; entrambi vi avevamo portato il figlio più piccolo e non ho resistito alla tentazione di chiedergli un ballo.
Forse per questo, nel 2000, ormai in pensione, quando è arrivato il tango argentino a Mondovì, io, che ero rimasta al valzer e non conoscevo il tango, ho risposto con entusiasmo all’invito del montanaro-ballerino che mi disse: “Fulvia, tu che ami tanto ballare, perché non vieni a ballare il tango?”.
L’incontro con il tango è stato provvidenziale. Proprio l’anno precedente ero andata in pensione per finire la mia nuova casa e, da allora, erano iniziati i miei guai. La vita in questa bella casa che, dopo tanti traslochi e tanti sacrifici, doveva coronare il nostro sogno e darci la felicità, si è rivelata un incubo! Avendo finito di pagarla, non servivo più.”Tornatene a Genova coi tuoi figli”, mi diceva mio marito, gettando la maschera, ed io mi sono trovata improvvisamente a convivere con un Dottor Jekyll.
Se i miei amici montanari e ciclisti mi hanno regalato dei momenti di allegria e di spensieratezza, nel tango trovavo la distensione, finalmente la pace.
Dopo le giornate massacranti per il duro lavoro, rese ancora più pesanti dallo stress, nelle rare serate in milonga, provavo un senso di liberazione. Il tango costituiva il solo svago che potessi concedermi, perché in casa tutti dormivano, non avevano bisogno di me e come medicina funzionava. Quelli erano gli unici momenti in cui dimenticavo il mio mondo e il giorno dopo trovavo la forza di ricominciare a lottare per salvare la mia famiglia, i miei figli.
Si dice che il tango libera gli ormoni del benessere… quanto mi hanno aiutato!
Mi piaceva il tango perché aveva una musica triste, proprio come la mia vita, e in quegli attimi di abbandono trovavo la forza di sopravvivere.
I ricordi più belli di questa grande casa sono stati quelli dei bambini che giocavano, di mia madre e delle feste con i miei amici.
Le facevo solo una o due volte all’anno, ma riuscivano a riempirmi la vita. Riunivo i montanari che amavano la musica e i tangueri che amavano la montagna e si finiva alle 3 di notte coi cori degli alpini.
In pratica con una gita in montagna, un giro in bici e qualche serata in milonga all’anno, sono riuscita, dopo 8 anni d’inferno e 6 di separazione, ad arrivare viva al traguardo del divorzio; beninteso, è un divorzio solo agli effetti civili che, tuttavia, sono i più importanti, perché da oggi, e solo da oggi, i miei figli sono tutelati e un domani potranno ereditare la mia casa.
Questo è il motivo per cui festeggio e dico “grazie” per esserci arrivata col sorriso sulle labbra.
Quando ho iniziato a ballare il tango pensavo di poterlo fare solo per 4 o 5 anni, mi dicevo:fra 10 anni nessuno mi inviterà più. Oggi ne sono passati 14 e danzo ancora!
Ora un brindisi alla musica, all’amicizia e al tango inteso come espressione di libertà e come liberazione per quanti come me hanno dovuto portare a lungo le proprie catene.
Fulvia Fertilio