Perché è importante la prova dell’esistenza delle onde gravitazionali
Dall’undici febbraio, quotidiani, settimanali, riviste riportano con ampia documentazione notizie sulle onde gravitazionali. Un fenomeno previsto da un secolo e atteso da sessant’anni. Perché tanto clamore, tanta enfasi per questa scoperta?
Tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX era entrata in crisi la visione deterministica e positivista della scienza. La fisica classica non era in grado di spiegare fenomeni legati al mondo microscopico e gli studi e gli esperimenti di Planck, Bohr, Rutherford avevano dato il via a una nuova fisica: era nata la meccanica quantistica. Anche se il contributo di Einstein a questa nuova teoria era stato notevole- basti pensare all’effetto fotoelettrico, che aveva fruttato il Nobel a Einstein, e che confermava l’ipotesi quantistica dell’emissione e dell’assorbimento dell’ energia luminosa – Einstein non si era schierato in favore di questa nuova interpretazione del mondo. Anzi. “Dio non gioca a dadi con l’Universo”: questa frase della lettera del 4 dicembre 1926, indirizzata a Niels Bohr, – rivela il contrasto dello scienziato tedesco con la Meccanica Quantistica, teoria che era in procinto di svilupparsi, proprio mentre il genio tedesco, da solo, stava elaborando la teoria della Relatività Ristretta prima, e la Relatività Generale, dopo.
Risale infatti al 1915 la pubblicazione della ormai famosa teoria della Relatività Generale, con la quale lo scienziato tedesco impostava una nuova teoria della gravitazione che si poneva in aperta contraddizione con le leggi della fisica classica e in particolare con le leggi di Newton. La grande rivoluzione einsteiniana consisteva nello stabilire che la forza di gravità – quella che tiene legate la Terra e la Luna, il sistema solare, le galassie, quella che fa cadere la mela di newtoniana memoria- non era in realtà un’azione a distanza tra corpi massivi, ma era la conseguenza della geometria dello spazio, o meglio dello spaziotempo. Seguendo John Wheeler: “ è la materia a dire allo spazio come curvarsi; è lo spazio a dire alla materia come muoversi”. In sostanza la gravità è la geometria dello spaziotempo, geometria che ci dice che lo spazio è curvo. Questa teoria era accompagnata da un’elegante, ma complessa formulazione matematica. Mancavano però le prove della sua validità che poco a poco sono arrivate. Nel 1919 infatti fu la teoria della Relatività a dare la spiegazione corretta dell’entità della variazione della precessione dell’orbita del pianeta Mercurio; e successivamente, durante l’eclissi di sole, venne confermata l’ipotesi einsteiniana della deflessione della radiazione emessa da una sorgente luminosa a causa della presenza di una massa posta tra la sorgente e l’osservatore. La prova regina, quella dell’esistenza delle onde gravitazionali, ha impiegato più tempo ed è arrivata poche settimane fa in contemporanea da due team di ricercatori, uno in America e l’altro in Italia , vicino a Pisa, grazie a due sistemi di rivelazione simili, Ligo e Virgo. La scoperta è stata paragonata per importanza a quella di Galileo del telescopio.
L’idea di Einstein era più o meno la seguente. Sappiamo che una carica elettrica che si muove di moto accelerato produce onde elettromagnetiche di diversa lunghezza d’onda che si propagano nello spazio alla velocità della luce: onde radio, onde luminose di vario colore, raggi X. Tutte cose che ci sono familiari e che hanno inciso non poco sulla nostra vita quotidiana. Ebbene perché non ipotizzare che anche una massa accelerata non possa provocare alterazioni, perturbazioni, increspature dello spaziotempo che si propagano anch’esse alla velocità della luce, quindi onde gravitazionali?
La similitudine è allettante, ma c’è un grosso handicap. Le onde gravitazionali sono per motivi legati alla loro natura e alla loro sorgente molto, molto deboli e quindi di difficile rivelazione. Per poterle captare, rivelare, si devono verificare due condizioni: che le masse in gioco siano di grandissime dimensioni – 25-30 volte la massa del sole- e che l’apparato di rivelazione sia ultrasensibile e tecnicamente sofisticato. Questo è esattamente quello che è successo allorché due buchi neri di massa rispettivamente pari a circa 29 e 36 masse solari, si sono fusi in un unico buco nero ruotante di massa pari a 62 masse solari: le 3 masse mancanti al totale equivalgono all’energia emessa durante il processo di fusione sotto forma di onde gravitazionali. I due buchi neri, prima di fondersi, hanno spiraleggiato, per poi scontrarsi a una velocità di circa 150.000 km/s, la metà della velocità della luce. Il processo di fusione dei due buchi neri responsabile delle onde gravitazionali rivelate è un evento che risale un miliardo e trecento milioni di anni fa, quando sulla Terra facevano la loro comparsa le prime cellule evolute in grado di utilizzare l’ossigeno.
Questa scoperta, oltre a convalidare la teoria di Einstein permette di investigare all’indietro nel tempo all’epoca della formazione dell’universo, ci fa “vedere “ i buchi neri, e ci fornisce un’ulteriore conferma della teoria del Big Bang, completando lo schema delle particelle elementari e dei componenti fondamentali della materia e dell’universo.
Ludovica Manusardi Carlesi