Tutti siamo coinvolti, chi più chi meno, nell’epidemia in corso. Uno degli elementi fondamentali per capirne l’evoluzione sono i numeri, o meglio le statistiche che fotografano l’andamento dei contagi, e quanto necessario per contenerne l’aumento.
Il tracciamento dei casi è l’asse portante: attraverso di esso non solo si può scoprire i contagiati, ma trovare i loro contatti e potenziali infetti, seguirli nello sviluppo della malattia e infine avere un quadro preciso della situazione.
In Germania (stato tutto sommato simile al nostro) è stato calcolato che per avere un tracciamento efficiente occorre un tracciatore ogni 4000 abitanti: quindi in Italia ne occorrerebbero circa 15000.
Attualmente ce ne sono meno di 5000 e, ovviamente, non riescono più a far fronte alla mole di lavoro così che tutto il tracciamento è semplicemente saltato.
Per il futuro si è deciso così di costituire un unico call center nazionale per unificare il servizio con un finanziamento di 3 milioni di euro.
Anche qui in contrasto con quello che si fa in Germania ove ci sono 400 centri locali che smistano e coordinano le chiamate: come fa un operatore del centro unico a dare informazioni precise e tempestive a cittadini che chiamano da 20 regioni diverse, ognuna con le sue regole e le sue procedure?: mistero.
Eppure soluzioni ce ne sarebbero:
Perché non mandare a fare i tracciatori i famosi “navigator” che non servono a nulla (lo ha ammesso anche Tridico) e che costano 1800 euro al mese?
Perché non utilizzare come tracciatori gli studenti di informatica del Politecnico di Milano che sono esperti in informatica e statistica e che il Preside della facoltà ha già detto disponibili?
Perché non offrire una possibilità ai tantissimi cassintegrati che sarebbero ben contenti di dare una mano e guadagnare qualcosa?
Sono domande destinate a cadere nel vuoto, o meglio, contro il muro di gomma della burocrazia italiana: fare i tracciamenti è compito delle ASL e guai a chi ne tocca le competenze. Se nel frattempo tutto il sistema dei tracciamenti collassa, pazienza. Purché si salvino competenze, ruoli e incarichi: il vero nocciolo della burocrazia italiana.
di Angelo Gazzaniga