Sono stato di recente a Istanbul, godendomi l’atmosfera e i panorami di una delle più belle città d’Europa. Il suo fascino, che ha qualcosa di stranamente familiare, risiede probabilmente nel suo essere variamente “di frontiera”: geografica, culturale, religiosa, politica, etnica, oltre che naturalmente nel fatto che costituisce (o dovrebbe costituire) un bastione europeo in faccia al mondo arabo.
Precisamente in questa città, e nel suo simbolo di piazza Taksim, le manifestazioni democratiche avverse al regime islamico-moderato di Erdogan aprono in questi giorni un nuovo scenario politico. E devono indurci a riflettere.
Proprio mentre in molte città occidentali gli arcaismi anticapitalistici degli “indignados” si esibiscono in sterili manifestazioni, spesso violente e retrograde, in Turchia si va organizzando un ‘opposizione variegata (laici kemalisti, islamici moderati, liberali, giovani donne modernizzanti) ma unita dalla richiesta di democrazia. Proprio quella democrazia così spesso ridicolizzata e denigrata dai populisti di casa nostra, in Turchia (come anni fa in Russia o in Ucraina) rialza la testa come in una rinnovata giovinezza.
Probabilmente è vero che il laicismo autoritario di Stato, garantito fino a qualche anno fa alla Turchia dai militari, richiedeva di essere smantellato da una forza politica nuova: il partito di Erdogan ha assolto questo compito storico. Ma Erdogan non si è limitato a questo, giocando sul tavolo della doppiezza: da un lato proclamandosi alleato dell’Occidente (con Obama) ed europeo (nelle trattative con la Ue); dall’altro perseguendo una islamizzazione strisciante della società (velo permesso alle donne negli uffici pubblici, divieto di effusioni all’aperto, forti limitazioni nell’uso di alcol eccetera) che gli permette di presentarsi come leader regionale (o addirittura neo-ottomano) nei confronti dei Paesi arabi più o meno dittatoriali e integralisti.
Ora i nodi sono venuti al pettine, e la doppiezza di Erdogan si va rivelando. E’ una lezione per l’Europa: anziché paventare l’immigrazione turca perché islamica e disinteressarsi della politica di Ankara, occorre aprire le porte del mercato dell’Unione alla Turchia, incoraggiando e sostenendo contemporaneamente le forze democratiche e liberali che là si battono contro ogni forma di islamismo politico, mordido o radicale che sia. I valori di piazza Taksim sono i nostri. E vuoi vedere che una risposta ai movimenti dell’anticapitalismo arcaico occidentale verrà dalla modernità della opinione pubblica turca?
Gaston Beuk