ILARIA CAPUA E MICHELE SINDONA A CONFRONTO: IN ITALIA NON SI PERDONA IL SUCCESSO

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Italia marzo 2020: non è mai stata così vera come adesso la frase di Indro Montanelli: “In Italia si perdona tutto fuorchè il successo tranne quando è immeritato”.
A proposito dell’emergenza del Coronavirus, chi scrive vorrebbe segnalare ai lettori l’incredibile – eppure tutta italiana – storia della persecuzione contro la fragile e forte Ilaria Capua, che oggi guida la battaglia contro il virus diabolico che sta mettendo in ginocchio l’Italia e il mondo, e che da simbolo dell’eccellenza italiana nella virologia si è vista accusare di essere trafficante di virus (sic!) – nell’ambito di un procedimento giudiziario dove non è stata neanche oggetto di interrogatorio da parte dei magistrati che con l’aiuto dell’Espresso l’hanno demolita viva. La Capua ha pensato al suicidio, poi si è rivelata “resiliente” al fumus persecutionis e infine si è riparata quasi come una latitante negli States dove la comunità scientifica americana le ha permesso di dirigere un importante istituto clinico. Opportuno è confrontare l’ascesa e quasi caduta all’Inferno della nostra riabilitata (ma ancora per quanto?) Capua con l’ascesa e la caduta all’Inferno dell’ex “salvatore della lira” Michele Sindona, meno fortunato della nostra Ilaria e suicidatosi con un caffè avvelenato nel supercarcere di Voghera nel 1986.
Cominciamo dalla formidabile intervista che il 13 aprile 2017 un evergreen del giornalismo italiano, Giovanni Minoli, le fece al programma Faccia a Faccia; ne esce il quadro raggelante di un Paese, il nostro, che non perdona il Talento perché è rimasto indietro al principio criminogeno della Repubblica Sociale Italiana: la società fa gli individui, quando sono gli individui a fare la società. E – nelle società avanzate – quelli più bravi. Ilaria Capua poteva finire male, oggi l’Italia intera ha bisogno di lei dal suo osservatorio privilegiato degli Stati Uniti come espressione del “pensiero divergente” tout court dalla media.
Vediamo: “Ilaria Capua, 50 anni, romana, ha una figlia, virologa di fama mondiale, ha sviluppato la prima strategia che ha consentito di eradicare un’epidemia di aviaria. E’ stata inclusa tra le menti rivoluzionarie dalla rivista americana Sisde. Eletta alla Camera dei Deputati con la lista di Scelta civica di Mario Monti, poi di colpo cambia tutto. Da scienziata simbolo dell’eccellenza italiana si ritrova in prima pagina schiacciata da un’accusa infamante e devastante: trafficante di virus e procurata epidemia”. Ha detto: “Sono certa che sarò scagionata da tutti i capi d’accusa perché il fatto non sussiste”. Nel luglio 2016 è stata prosciolta perché il fatto non sussiste, ma intanto incredula e umiliata si dimette da deputata, si trasferisce negli Stati Uniti dove dirige un istituto di eccellenza dell’Università di Florida e racconta la sua esperienza in un libro appena uscito per Rizzoli “Io, trafficante di virus”. Ecco, professoressa Capua, esattamente come ha scoperto di essere un trafficante di virus?”
“Con una telefonata di un giornalista, ero alla Camera e questo giornalista, Lirio Abbate, mi aveva chiesto delle informazioni sulla aviaria. Mi aveva mandato un’email, e io ero assolutamente impreparata a quello che stava per arrivare e mi disse: “Io sto scrivendo un articolo su un traffico internazionale di virus. Lo sa di essere la principale indagata? Possibile che non avesse avuto nessun sentore di quello che stava per accadere?”.
“No, nessuno”.
“Quindi, quali erano esattamente le accuse? Procurata epidemia, trafficante di virus?”
“Concussione, corruzione, abuso d’ufficio, falso ideologico, associazione a delinquere”.
Minoli: “Trecento anni di carcere, in America forse la pena di morte”.
“Eh si, fortuna in Italia l’hanno abolita”.
“Ecco, per fortuna. Si”.
“Ha avuto paura di essere arrestata?”
“Ho avuto paura. Ho avuto tanta paura, perché erano delle accuse assurde”.
“Ma quando è stata interrogata che cosa ha detto al giudice?”
“Ma io non sono stata interrogata. Da quando è uscito l’articolo (su l’Espresso, ndr) no. Mi sono presentata spontaneamente davanti al pubblico ministero nel 2007 per un’accusa di contraffazione di sigilli”.
“Ma su questa cosa per cui rischiava la pena capitale in America non è mai stata interrogata?”
“No”.
“Ma quando esce l’inchiesta dell’Espresso, lei è in Parlamento. Ha sentito solidarietà oppure no?”
“A titolo personale sì, istituzionalmente no”.
“Neanche una manifestazione pubblica di solidarietà?”
“Se c’è stata, mi è sfuggita”.
“E la presidente Boldrini che è molto attenta a queste cose, niente? Pubblicamente niente?”
“Sono andata a parlarle e però diciamo che era impegnata in altri fronti e quindi…”
“Senta, all’interno della comunità scientifica?”
“La comunità scientifica internazionale mi è stata vicina, la comunità scientifica italiana zero”.
“Lei ha detto: “Quando sei indagato, imputato, accusato dalla magistratura sei radioattivo, appestato, contagioso. E’ la sensazione che ha avuto?”
“Ti scansano. E poi un po’ ti vergogni anche di esistere”.
“Colpevole fino a prova contraria. Finchè lo scrivono i giornali”.
“Passare in un attimo da fiore all’occhiello della ricerca mondiale del Paese a appestata, trafficante di virus, procuratrice di epidemia: ecco, possibile che nessuno le ha mai dato il beneficio del dubbio?”
“No”.
“Nell’inchiesta pubblicata dall’Espresso c’erano anche intercettazioni?
“Ovviamente. Ma intercettazioni private, anche familiari. Con mio marito: se io voglio chiamarlo trottolino amoroso, lo chiamo trottolino amoroso. Con mio padre che era morto da poco, sono state tirate fuori delle parole fra un padre e una figlia. Ma perché?”
“Cioè quello di cui si discute adesso che non dovrebbe mai uscire. Quello che non rileva”.
“Che peso hanno avuto queste intercettazioni (pubblicate dall’Espresso, ndr) nella sua vicenda?”
“Hanno stravolto la mia vita e hanno condizionato l’opinione pubblica, perché io all’epoca nel 2006 ero in laboratorio e mi occupavo di epidemie. Un virologo di cosa vuole che si occupi? Ma di virus”.
“E’ stato fatto un copia-incolla di intercettazioni anche in momenti diversi”.
“Io sono 25 anni che studio i virus. Perché mica sono facili. Sono complicati. Delle persone che ascoltavano senza avere basi scientifiche non capivano”.
“Lei adesso frequenta una psicoterapeuta. Perché ha detto: “Le vittime di stupro hanno bisogno di supporto. Si è sentita stuprata sostanzialmente?”.
“Assolutamente. Mi sono sentita spogliata, denudata e impotente di fronte a questa violenza psicologica. Perché io ero scienziata modello. Donna italiana che aveva avuto successo, che aveva fatto delle belle cose e mi sono trovata…”
“Un’assassina praticamente”.
“Lei è stata prosciolta perché il fatto non sussiste. Ma intanto la storia è diventata un simbolo della mala-giustizia e della disinformazione. Ma in che rapporti è con il giornalista Lirio Abbate?”
“… Non ho mai trovato né lui il direttore dell’Espresso dell’epoca Manfellotto”
“Ma lei l’ha querelato?”
“Sì, e ho anche chiesto i danni morali”.
“Ma lei si è fatta un’idea sul perché è stata coinvolta in un’inchiesta completamente senza fondamento?”
“… Non posso credere che per invidia si distrugga la vita di una persona. Non va bene. Gli puoi fare un dispetto… Io facevo parte di Lista Civica. Mi aveva chiamato Mario Monti. Persone perbene”.
“E’ possibile fare ricerca in Italia?”
“Io sono una paladina di questo, per questo ho sofferto tantissimo…”. E poi, la frase più significativa dell’intera intervista di Minoli: “Nella vita conta essere resilienti. Nessuno al posto tuo può farlo”.

Ma se uno per caso è fragile, che succede?
Oggi il presunto establishment italiano – vista l’emergenza gravissima, epocale del Coronavirus – chiede la collaborazione di Ilaria Capua come l’unica scienziata in grado di fronteggiarlo.
Però, prima l’ha mandata via dall’Italia: “Ho pensato di ammazzarmi”.
Arriviamo a Michele Sindona, geniale finanziere del dopoguerra il quale se fosse riuscito a realizzare il suo disegno di affermare la Banca Privata Italiana nel mercato nostrano nel 1973, accanto alla mediocratica Mediobanca di Enrico Cuccia “avrebbe realizzato una delle maggiori società finanziarie in Europa” (Guido Carli). Come scrisse Piero Ottone ne Il gioco dei potenti, “… il suo giuoco era chiaro e lucido, aveva l’unico difetto di avere oltrepassato ogni limite di prudenza, di decenza, di buon costume”. Ma l’allora Ministro del Tesoro Ugo La Malfa negò l’autorizzazione all’aumento di capitale della Finambro e della BPI terrorizzato dal fatto che l’avvocato di Patti potesse privatizzare l’economia nazionale, e Sindona cominciò lentamente a impazzire commettendo un errore dietro l’altro. Non si rivelò “resiliente”, al contrario di Ilaria Capua.
Recluso negli Stati Uniti per bancarotta fraudolenta dove inizialmente aveva trovato rifugio, scrisse da detenuto una lettera davvero curiosa all’allora Presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan: “7 settembre 1981
Al Presidente degli Stati Uniti Casa Bianca Washington, D. C 20500
Signor Presidente
Il mio nome è Michele Sindona. Sono un cittadino italiano e ho 61 anni. Sono un detenuto delle prigioni federali degli Stati Uniti d’America dal 7 febbraio 1980.
Attualmente sono nel Centro Medico della prigione federale di Springfield, Missouri. Il mio numero di matricola è 00450-054. Sono stato condannato due volte a 25 anni di carcere per bancarotta fraudolenta.
Io mi sono sempre sentito un amico degli Stati Uniti d’America. Sono stato perseguitato dalla Sinistra italiana soltanto perché mi sono battuto con tutte le mie forze per il rispetto delle istituzioni italiane e l’elezione di un governo veramente democratico che potesse onorare le alleanze con i Paesi occidentali, in primo luogo con gli Stati Uniti.
Ho comprato un giornale italiano in lingua inglese per evitare che cadesse nelle mani della sinistra. Ho studiato il modo per evitare che la sinistra italiana prendesse il controllo della stampa e della televisione. Per questi miei tentativi la sinistra italiana ha fatto di me un bersaglio e ho rischiato la vita in più di un’occasione… il Consiglio superiore della magistratura, di cui fanno parte in maggioranza rappresentanti della sinistra, ha cacciato il presidente della Corte di Cassazione che aveva sottoposto un affidavit nel quale si affermava che i giudici italiani avevano illegalmente dichiarato che le mie banche fossero in bancarotta. Ho descritto solo una parte delle incredibili torture morali, psicologiche e talora perfino fisiche che ho dovuto subire. Ora mi rivolgo a Lei, signor presidente, con la speranza di ottenere protezione e serenità per la mia famiglia. Gli Stati Uniti hanno duramente criticato le dittature che perseguitano le famiglie di coloro i quali considerano criminali.
Io mi sono soltanto battuto per la democrazia e la giustizia, e a causa di questo sono stato perseguitato dai comunisti italiani. Sono ancora convinto che gli Stati Uniti siano il solo Paese capace di salvare la mia patria e l’intero mondo libero dalla minaccia comunista. L’Italia ha bisogno di recuperare tre valori: lavoro, famiglia e fede. La propaganda di sinistra ha distrutto questi valori, così come ha distrutto la democrazia e il tessuto stesso dello Stato. Nessuno vuole più lavorare perché confida nell’assistenza sociale. La ricca famiglia italiana di un tempo è ora soltanto un ricordo. Quanto alla fede, un tempo un valore stabilizzante, è stato perduto dagli italiani… Io resto nella tempesta e da qui le grido: “E’ questo quel che accade a un amico degli Stati Uniti?”
Rigorosamente suo, Michele Sindona
Ps – L’Italia come sistema Paese può rimanere in piedi, solo a condizione che passi dal socialismo mediterraneo intriso di mortifera invidia al capitalismo anglosassone: basato sul merito e l’Individuo.
A quando la capacità di perdonare il Successo che il nostro Establishment ancora non ha?

di Alexander Bush

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Alexander Bush
Alexander Bush, classe '88, nutre da sempre una passione per la politica e l’economia legata al giornalismo d’inchiesta. Ha realizzato diversi documentari presentati a Palazzo Cubani, tra questi “Monte Draghi di Siena” e “L’utilizzatore finale del Ponte dei Frati Neri”, riscuotendo grande interesse di pubblico. Si definisce un liberale arrabbiato e appassionato in economia prima ancora che in politica. Bush ha pubblicato un atto d’accusa contro la Procura di Palermo che ha fatto processare Marcello Dell’Utri e sul quale è tuttora aperta la possibilità del processo di revisione: “Romanzo criminale contro Marcello Dell’Utri. Più perseguitato di Enzo Tortora”.

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