Che fare ora dell’Ilva?
Fine di una storia, quella dell’Ilva di Taranto, che si potrebbe definire grottesca se non fosse tragica.
È iniziata anni fa con un atto della magistratura che, in nome dell’ecologia, ha praticamente espropriato l’Ilva di Taranto affidandola ad una gestione precaria ed avventurosa: si sono succeduti commissari straordinari, spesso più esperti di strategie amministrative e giudiziarie che di produzione siderurgica; piani più o meno fantasiosi; sforzi e investimenti per ottemperare ai decreti ingiuntivi; sequestri giudiziari e interventi ex lege del governo…
Risultato:
- l’Ilva è sull’orlo del fallimento: mancano i liquidi per pagare gli stipendi
- la crisi di Taranto ha messo in ginocchio anche Piombino e Genova
- per continuare la produzione si sono succeduti finanziamenti e crediti statali, spesso a fondo perduto, con sistemi fantasiosi che ben difficilmente riusciranno a nascondere quello che sono effettivamente: aiuti di Stato
- attualmente si è arrivati al bivio: o si vende o si chiude. Peccato che di acquirenti non ne sia rimasto che uno solo (Arcelor/Mittal): possiamo ben immaginare che margine di trattativa abbiano i commissari di fronte ad un unico acquirente che è ben conscio di essere l’ultima possibilità e che spera di acquisire l’Ilva non tanto per svilupparla, quanto per eliminare l’unico concorrente rimasto nell’area del Mediterraneo: il classico mercato dell’acquirente
- comunque vada la vendita a carico del venditore (quindi di tutti noi cittadini) rimarranno gli oneri per l’adeguamento alle norme anti inquinamento (stabilite dalla Procura e più stringenti di quelle europee) e per le eventuali multe: miliardi di euro
- i fondi neri esportati dei Rocca, su cui si faceva tanto conto, restano bloccati in Svizzera perché la magistratura elvetica non accetta le motivazioni della magistratura italiana
Una dimostrazione di come non si devono gestire questi problemi: sempre “a posteriori”, lasciando che tutto proceda per anni (o meglio decenni) al di fuori della legalità, con connivenze, appoggi di tutti gli interessati, poi lasciando l’iniziativa alla magistratura, ansiosa di mettersi in mostra e del tutto disinteressata ai problemi economici, e infine cercando soluzioni improvvisate miracolistiche.
Come si può pensare di attirare capitali e investitori stranieri (di cui abbiamo un bisogno drammatico) se consentiamo che un’azienda venga praticamente espropriata senza indennizzo, senza che ci siano regole certe, chiare e definite, solo per decreto della magistratura?
Alla fine, purtroppo, pagheranno sempre gli stessi: i cittadini italiani chiamati a pagare danni fatti da altri e i lavoratori e abitanti di Taranto per cui si prospetta un futuro per lo meno cupo
Angelo Gazzaniga