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In lode del cammello (e delle crune d’ago)

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Tutta l’immagine del cammello che passa attraverso la cruna dell’ago è frutto di un errore di traduzione…

Il cammello è quell’animale che avrebbe dovuto rimpicciolirsi al massimo per passare attraverso la cruna di un ago affinchè il suo passaggio nella cruna, quale monito contro l’opulenza, risultasse più facile dell’ingresso nel regno dei cieli di un ricco (Vangelo di Matteo),è ora esentato dal tentare quell’impegnativo passaggio. E questo non perché il sindacato dei cammelli, minacciando il blocco delle carovane, ha imposto che quel faticoso ed umiliante cimento venisse radiato. O non perché animalisti incatenati davanti a qualche palazzo del potere hanno chiesto di mettere fine alle dolorose ed ignobili contorsioni cui il povero animale sarebbe stato costretto.
I vangeli sono la trascrizione in aramaico/ebraico di racconti orali tradotti poi in greco e da quello in latino ed altre lingue. Il traduttore dal greco, pare san Gerolamo, letta la parola greca “kamelos”, si è detto che non poteva significare che cammello e non si è dato la pena di approfondire il significato della parola.
Parola che in greco significa invece “corda”, “gomena”, oggetto che è teoricamente più confacente, anche se praticamente impossibilitato al passaggio in una cruna, ma che dà ugualmente consistenza al paragone con i ricchi peccatori.
Non si può non sottolineare, tuttavia, che l’errore non è stato poi così grave, perché il presunto cammello candidato ad infilarsi in una cruna dava un contenuto fantasioso al paragone, colpiva l’immaginazione più di una banale corda ed è stato certamente più utile a far pentire tanti ricchi che sono poi potuti entrare, trionfalmente, nel regno dei cieli con soddisfazione di tutti. Non prima, naturalmente, di essersi disfatti dei loro soldi dandoli, con grande generosità, a poveri, alcuni dei quali, diventati ricchi, avranno certamente preferito tenerseli anche a rischio dell’inferno. Ma il bilancio sarà stato certamente favorevole al paradiso.
E quell’errore, tutto sommato, è stato anche utile ai cammelli che sono stati nobilitati da tanta autorevole citazione. Perchè di loro non si è parlato solo citando carovane, caravanserragli o perla loro commestibile carne, perchè sono stati menzionati in migliaia di testi e citati in milioni e milioni di volte in chiese ed altrove nel corso di dotte omelie e sofferti sermoni.
Forse l’errore è stato una consolazione per i cammelli che, se la fauna equina avesse avuto altri sviluppi, sarebbero stati destinati a ben altri onori.
Infatti, se il tarpan, dalle steppe dell’Asia, non fosse, millenni fa, emigrato verso sudovest evolvendosi, via via, nell’equus caballus, il nostro cavallo e simili, gli uomini, per spostamenti, trasporti e guerre, non avrebbero potuto contare che sul cammello che avrebbe dato anche prestigio ed autorità a chi lo avesse cavalcato. Così l’attributo di cammelliere dato ad un uomo avrebbe anche un significato di cortesia e di riguardo verso la donna. Ed a passare sopra strade e ferrovie avremmo ora il cammellavia mentre una parte dei pantaloni si chiamerebbe cammello. Per non parlare dei coraggiosi che cammellerebbero la tigre e di persone insigni che verrebbero gratificate con il titolo di Cammellieri di Gran Croce o del Lavoro.
E se, successivamente, fosse apparso il cavallo, certamente giudicato animale dalle forme bizzarre, il farsi trasportare da quello sarebbe stato detto cammellare un cavallo.
Ma, con quella costante espressione tra l’altezzosità e la presa in giro, da sfottò,da ironica osservazione di quanto gli sta attorno, caratteristiche della fisionomia del suo muso e dei suoi occhi, la realtà è che il cammello si sente superiore a tutto quanto gli uomini pensano di lui e se ne infischia. Anche di queste righe.

Ettore Falconieri