In Italia chi ha un reddito di 50.000 euro può pagare di tasse:
- un mix tra 23% (fino a 15.000 €), 25% (tra 15.000 e 28.000 €), 35% (tra 28.000 e 50.000 €) se è assoggettato all’Irpef normale, come tutti i dipendenti e i pensionati
- 26% flat se ha redditi di capitale
- 15% flat se ha redditi da lavoro autonomo
- 12,50% se ha reddito di capitale ma derivanti da titoli di Stato italiani
- 10% se ha redditi da locazioni a cedolare secca
e così di seguito.
Naturalmente non è vero che l’aliquota davvero pagata sia quella teorica perché su tutto questo vanno calcolate tutte le trattenute, le esenzioni, che rendono il sistema tributario italiano una giungla inestricabile e spesso incomprensibile.
Ad esempio non è detto, nonostante l’apparenza, che un’aliquota al 10% sulle locazioni a cedolare secca sia in tutti i casi conveniente rispetto alla normale tassazione Irpef perché con la cedolare secca non può essere applicata nessuna detrazione e in caso di bassi redditi l’aliquota normale risulta addirittura più bassa.
Resta il fatto fondamentale che un sistema tributario moderno, efficiente e liberale dovrebbe avere come caratteristiche fondamentali:
- semplicità e chiarezza perché tutti possano facilmente comprendere quale carico tributario sostengono
- aliquote uguali per tutti coloro che hanno lo stesso reddito perché sembrerebbe un elemento di equità addirittura ovvio: non si capisce per quale motivo con lo stesso reddito un dipendente debba pagare il doppio di chi ha investito in titoli di stato.
Ma questo è proprio il sistema tributario italiano: un insieme complicato e farraginoso di norme, regolamenti, interpretazioni che permettono ogni genere di espedienti e di sotterfugi; un sistema in cui nessuno a parità di reddito viene tassato alla stessa maniera.
Occorrerebbe un’autentica riforma complessiva, il coraggio di ripartire da capo, di smantellare tutto quel castello di privilegi, di interessi particolari che si è creato nel corso degli anni.
Occorrerebbero politici che hanno a cuore l’interesse della nazione e non dei propri elettori, che guardino al futuro e non all’interesse presente del proprio partito.
Ma ce ne saranno?
di Angelo Gazzaniga