Maggio 1899. Un pugno infranse il vetro di un battente dell’ingresso nell’Aula dei deputati. Attraverso l’oblò, un socialista, appena espulso, s’affacciò urlando: “Continua, nevvero, la camorra parlamentare!?” L’intransigente Enrico Ferri parlò cinque ore consecutive per bloccare la riforma del regolamento, che avrebbe tappato la bocca all’opposizione. Affascinato dallo spettacolo, il poeta Gabriele d’Annunzio lasciò la Destra e volò a Sinistra esclamando “Vado verso la vita”. Dunque, “Nihil sub sole novi”. Ne abbiamo vedute tante e altre ne vedremo. Con sereno distacco.
Ci aiuta l’immagine del treno da settimane in bilico sulla scogliera di Andora, in Liguria. E’ simbolo del Bel Paese. Reggerà? Cadrà? Verrà recuperato dal monte o dal mare? Sarà rimesso sui binari e trainato alla prima stazione o vivisezionato dov’è? Di certo il convoglio non è andato fuori di testa, non da sé, ma perché lì un pezzo di Patria gli è franato addosso. Il suo problema non sono i vagoni; è la locomotiva. Proprio come per l’Italia, il cui nodo insolubile non è affatto la nuova legge elettorale (ve ne sono dozzine di modelli, a prezzi di saldo) ma la riforma della Costituzione. Ma questa, anche a farla sveltina, richiede almeno un anno. Più o meno il tempo minimo per esaminare l’accusa di attentato alla Costituzione depositata dal Movimento 5 Stelle a carico del presidente della repubblica, ai sensi dell’art. 90 della Carta repubblicana.
Anche questa è una novità vecchia. Più di vent’anni orsono il Partito comunista italiano chiese l’incriminazione di Francesco “Kossiga”. Nel 1978 Giovanni Leone fu costretto alle dimissioni anticipate dopo anni di sadico linciaggio mediatico. Anche Saragat da un certo momento ebbe pessima stampa. Per molti rivoluzionari proni alla dottrina della sovranità limitata predicata e praticata da Breznev, era il socialdemocratico, quasi social-fascista. Per non parlare di Antonio Segni, bollato come golpista. Proprio le sinistre hanno insegnato che, fatto un capo dello Stato, già si pensa al prossimo. E’ la logica repubblicana. Quanto alla condotta in aula tutti ricordano le zuffe contro l’adesione dell’Italia alla Nato e i lanci di quant’era a portata di mano per impedire la riforma elettorale del 1953 che assegnava due terzi dei seggi a chi avesse ottenuto il 50% più uno dei voti validi (la cosiddetta “legge truffa”). Deragliate presso Andora per la scarica di detriti sui binari e inchiodate sotto l’incubo di un manufatto di prevedibile pericolosità, quella immobile locomotiva e le carrozze dai colori esangui rispecchiano questo Stato: fermo su un binario morto.
Aldo A. Mola