L’Italia è per la Costituzione un Paese basato sull’uguaglianza dei cittadini, ma nella realtà è il Paese delle caste, delle categorie privilegiate.
Un esempio eclatante ci è stato dato dalla campagna vaccinale: in Toscana, per esempio, anziché gli ultraottantenni e i malati fragili sono state vaccinate le categorie più estemporanee quali ballerine, modelle, professori d’orchestra, insegnanti di discipline sportive, istruttori di scuola guida, cuochi e camerieri che, come descritto da Antonio Polito su “il Corriere della Sera”, sono state inserite tra i vaccinandi al posto degli ultraottantenni; in altre regioni sono stati vaccinati gli avvocati ma non i medici; i professori universitari ma non il personale medico, e così di seguito: il tutto s’intende in una situazione di perfetta legalità.
Ma questo non è che l’aspetto di una situazione che riguarda l’Italia tutta.
Basti pensare alla situazione della fiscalità. Oltre al fatto che lo stesso reddito viene colpito da aliquote diverse a seconda che provenga da lavoro dipendente, lavoro autonomo, investimenti o redditi immobiliari, esistono nel sistema Italia ben 700 (sì, non è un errore, sono proprio settecento!) categorie di italiani che godono di forme peculiari di deduzione, detrazione o sconto fiscale. Un’autentica giostra di facilitazioni, favori, privilegi che fanno si che non esistano, in pratica, due italiani che pagano le stesse imposte per lo stesso reddito e che, alla fin fine, ci costano più di tutta l’evasione fiscale.
Una situazione difficilissima da sanare, d’accordo, ma che si potrebbe affrontare sin d’ora sfoltendo la massa di norme, decreti, leggi che danno la possibilità a singole categorie di ottenere privilegi ingiustificati.
Perché, come da sempre sostiene Libertates, poche norme chiare, facilmente interpretabili e con un ultimo comma “questa legge abroga tutte le precedenti sullo stesso argomento” renderebbero molto più evidenti questi favoritismi a danno di tutti i cittadini che le tasse le pagano per davvero.
di Angelo Gazzaniga