“Punta più di quanto tu possa pemetterti di perdere ed imparerai il gioco”
Sir Winston Churchill
Si accettano scommesse: ci sarà la guerra civile nel nostro Paese, tra agosto e autunno. “Dall’interno è tutto normale”: la frase di Maurizio Raggio ha valore estetico. “La Storia ha sempre una carta di riserva”, parola di Federico Caffè che – risucchiato dal “punto di equilibrio” – aveva una carta di riserva: scomparire nel nulla, incenerendo le sue ali con il calore. La potenza irrespirabile della Cosa. E’ Dominique Strauss Khan, un bambino, la carta di riserva. E’ lui il possibile argine a Marine Le Pen, e ha l’opzione di Keynes in tasca. Da giocatore, cos’ha da perdere? C’è un problema: ora è Sarkozy a rischiare grosso, e con la prospettiva di starci per un po’ in carcere.
Dunque, Sarkozy ha bisogno di DSK mentre nel maggio del 2011 aveva bisogno di distruggerlo (Nikolas, l’ADHD anti-sociale, ha bisogno dell’Altro per distruggerlo): trattative sono in corso. Prove tecniche di “gentlemen agreement”. “Il destino mescola le carte e noi giochiamo”: ha detto Arthur Schopenhauer. L’offerta sarkozyana non si può rifiutare: “Dominique, tu sarai il salvatore della Francia. Ma c’è un dettaglio: mi devi salvare il fondo schiena”. Il fondo schiena sono gli abissi dell’affaire Bettencourt. Se guardi l’abisso, l’abisso ti guarda. Pulisci una matrioska, ne emerge un’altra. E’ un bambino anche Sarkozy: un bambino che prende i giochi, e li rompe. Poi Carla Bruni raccoglie i pezzi. Dominique sta al giuoco, ma – se metterà piede all’Eliseo – incastrerà Sarkozy, accoltellandolo alle spalle. Benedetta sia la “sindrome del beneficiato”. Ma la realtà esiste.
Scusate, che cos’ha fatto Bettino Craxi con Francesco Pazienza? Lo ha fatto arrestare in America.
Ci vorrebbe davvero Giuseppe Gagliardi.
Perché l’Illuminismo è il palcoscenico di Lucifero. Alcuni giocatori vincono e altri perdono. Tutti, giuocando tra le geometrie di un giuoco che sospende in partenza l’autos nomos, sanno che “ogni uomo ha un solo destino” (Vito Andolini dixit). E che è già tutto scritto. Ma chi scrive il copione? Kairos. Su Wikipedia si legge: “Se Kronos è il tempo che scorre, Kairos è il momento opportuno, quello in cui qualcosa di particolare accade”. Stava per diventare presidente della Repubblica, Bernard Tapie e non era un tappo. Stava per realizzare il New Deal di Roosevelt in Francia, ironia della sorte, ma scivolò su una buccia di banana: l’inconscio presentò il conto, una telefonata scabrosa con il presidente della Repubblica messa in viva voce. “Non la facevo così fragile”, gli dirà lo spietato Francois Mitterrand, forse De Gaulle sarebbe stato più tenero.
Errare umanum est, perseverare autem diabolicum.
Alessandro Vergari nel suo magnifico ritratto “Le mille vite di Bernard Tapie” – “essere mille cose significa essere nessuno”, lo ha detto Kant, vedi Romain Gary in “Relazione intima” –, scriveva: “Forse dovremmo dare ragione al procuratore della Repubblica Eric de Montgolfier. “Sappia che se un giorno dovesse finire in prigione non sarebbe lei personalmente ad essere rinchiuso ma Tapie, il mito, ciò che lei ha incarnato”. La scena, ambientata nel 1993, condensa uno dei momenti più tragici della parabola di Bernard Tapie… Cosa nasconde il trionfo calcistico di Tapie? In un triste ufficio del ministero della Giustizia, tra quattro pareti annerite dal fumo di sigaretta, la hybris incontra finalmente la nemesis. In effetti, dovremmo dare ragione al procuratore de Montgolfier. Con il carcere, muore il mito. Tuttavia resta da chiedersi se la figura di Tapie non vada oltre l’effimero. In fondo, non si nasce Tapie, piuttosto lo si diventa…”
In fondo, non si nasce George Soros, piuttosto lo si diventa. Con il trucco del “pensiero bugiardo” all’opera nell’opera.
E in fondo, non si nasce Guido Maria Brera. Piuttosto lo si diventa.
di Alexander Bush