Chi era Karimov, uno degli ultimi “dinosauri” sovietici
E’ morto il presidente dell’Uzbekistan Islam Karimov. Uno degli ultimi dinosauri, Karimov era membro della Politbureau del Partito Comunista dell’URSS, governava il suo paese come parte dell’impero sovietico, dal 1989. Poi è diventato il primo capo del nuovo Stato independente. Il primo e anche eterno. Per ben venticinque anni Karimov si è comportato da vero e proprio dittatore, con la copertura di “elezioni” che non potevano ingannare nessuno.
La sua parabola è un paradosso postmodernista: da funzionario tipico sovietico, con un retroterra marxista-leninista, a khan potente e astuto che ha cercato di giocare, destreggiandosi fra loro, con tutti i poteri mondiali. Nel 2005 ha fatto uccidere senz’ombra di dubbio centiniaia di civili durante i i disordini interetnici avvenuti nella città di Andizhan. Il suo clan ha concentrato su di sè quasi tutti i beni principali della nazione, tra cui importanti riserve e strutture estrattive di gas naturale.
Inoltre, Karimov ha saputo presentarsi al mondo come uno leader anti-islamista e ha anche facilitato l’accesso delle forze NATO in Afghanistan. La sua politica di movimento tra Mosca, Washington e Pechino aveva lo scopo di convincere tutti e tre a chiudere un occhio su quello che succedeva in Uzbekistan. Con l’effetto di corruzione totale e soprattutto di povertà: milioni di cittadini del paese vanno all’estero (di solito in Russia) nei panni di Gastarbeitern clandestini e semiclandestini.
La figlia maggiore di Karimov, Gulnora (44 anni) ha avuto grandi ambizioni politiche e a suo tempo è stata anche l’ambasciatrice in Spagna. Ostentando uno stile di vita fin troppo “occidentale”, o per meglio dire eccentrico. Ha creato un fashion brand, ha fatto la pop star (col none di Googoosha), ha provocato vari scandali su Twitter. Risultato: rottura con il padre e addirittura detenzione domiciliare.
Secondo gli esperti, la famiglia di Karimov (compresa la moglie e la figlia minore) non ha nessuna chance di ereditare il potere. La lotta si svolgerebbe tra i clan più potenti. Guerra di tutti contro tutti, oppure un accordo segreto: ma non c’e’ nessun speranza di un cambio verso la libertà. Intanto le democrazie occidentali preferiscono accettare lo status quo per paura dell’islamismo, mentre la Russia cerca di rientrare la sua “zona di influenza” tradizionale. E poi c’e’ anche la Cina con le sue ambizioni.
Il caso Uzbekistan potrebbe diventare un modello per i vicini Kazakhstan e Tajikistan, ma anche per la Russia dove Putin domina lo spazio politico ormai da 16 anni e non sembra che abbia voglia di andarsene. E’ stato il primo ministro Medvedev a rappresentare la Russia in occasione del funerale di Karimov, il 3 settembre. Su web russo si è subito diffusa una barzelletta in stile classico sovietico: Medvedev è andato ad Uzbekistan per uno “scambio di esperienze”.
Comunque, la transizione del potere rimane un problema grande per tutti i tipi di autoritarismo postsovietico: l’esigenza di un certo cambio esiste anche nella classe di governo, ma le procedure elettorali democratiche rimangono un oggetto misterioso.
Denis Bilunov