In Italia si è diffusa (finalmente) la moda delle primarie.
Indubbiamente è un’ottima cosa: attraverso le primarie i cittadini possono scegliere chi li rappresenterà alle elezioni, evitando lo sconcio antidemocratico delle liste elaborate a tavolino in base a calcoli di ogni tipo (scambio di favori, fedeltà, ricattabilità) o imposte dal capo di turno.
Ma bisogna stare attenti : le primarie devono seguire regole e principi ben chiari: altrimenti si rischia di renderle semplicemente un belletto per continuare con i vecchi sistemi. E, così facendo, si rischia la disaffezione degli elettori.
Le primarie (come hanno da sempre sostenuto i Comitati, vedi il nostro saggio “Maledetta proporzionale”, Bibliotheca Albatros) devono essere certificate, garantite, obbligatorie per legge, aperte a tutti e controllabili.
Pertanto dovrebbero essere:
- realizzate presso i seggi elettorali (per evitare che vengano creati tanti seggi nelle zone di un candidato da favorire, e pochi nelle altre) oppure via internet, ma con precisi controlli da parte di enti terzi
- garantite attraverso un controllo statale, in modo da evitare che si possa votare per più primarie insieme. Cioè occorre impedire l’accesso a sostenitori di altri partiti che abbiano il solo scopo di fuorviare i risultati. A questo scopo potrebbe essere utilizzata l’attuale tessera elettorale: una volta votato alle primarie di un partito, non si può più votare per altre.
- certificate esattamente come per le elezioni. Questo non significa statalismo, ma anzi mettere a frutto quella che dovrebbe essere la funzione fondamentale dello Stato: porre delle regole e certificare i risultati. I costi per lo Stato dovrebbero essere nulli: i partiti dovrebbero coprire direttamente i costi, anche richiedendo un (modesto) obolo ai votanti. Un eventuale contributo statale, sostitutivo dell’attuale finanziamento ai partiti a pie’ di lista, dovrebbe essere condizionato al rispetto delle regole.
- Obbligatorie perché tutti i partiti (o coalizioni) dovrebbero essere obbligati a farne, seppure con modalità e tempi diversi, nel caso vogliano utilizzare i finanziamenti di Stato o far sì che le donazioni dei cittadini ad essi destinate siano detraibili dalle tasse..
- Aperte a tutti coloro che desiderano candidarsi: una volta raccolto un numero sufficiente di firme, chiunque dovrebbe potersi mettere in gara anche senza l’appoggio delle strutture dei partiti, esattamente come ha fatto Obama la prima volta.
Stabiliti questi confini, pochi ma invalicabili, possiamo constatare quanto siano carenti le primarie che si fanno in Italia:
- quelle per il candidato premier del Pd hanno visto l’adozione (del tutto anomala) del doppio turno: un principio utile soprattutto ad appoggiare i candidati dell’apparato (e abbiamo visto quante polemiche sono seguite riguardo all’ammissione al secondo turno di chi non aveva votato al primo) e soprattutto la mancanza di qualsiasi controllo: era sufficiente iscriversi, pagare e chiunque (anche se appartenente a partiti di altro colore) poteva votare
- quelle per i parlamentari del Pd presentano un’anomalia ancor più grave: si possono presentare solo coloro che sono appoggiati dalle strutture del partito, rimanendone invece esclusi amministratori locali e – soprattutto – semplici cittadini che abbiano deciso di autocandidarsi. In questo modo il sistema elettorale del “Porcellum”, contestato da un lato, dall’altro rientra dalla finestra: gli elettori possono sono scegliere alcuni candidati scartandone altri (più o meno come accade con le preferenze)
- quelle del Movimento 5 Stelle sono riuscite ad ottenere il risultato contrario: essere la prova dell’opacità, del dirigismo, della sostanziale antidemocraticità del movimento.
Sulla base di queste considerazioni, ecco quel che chiediamo alle forze politiche (soprattutto a quelle, come il Pdl, che considerano le primarie un’inutile orpello democratico alle scelte inappellabili del Capo):
abbiate il coraggio di fare delle vere primarie, di essere davvero democratici! Ne guadagneremo tutti: cittadini, politica nel suo complesso e soprattutto i partiti, ormai considerati dai cittadini una jattura e non uno strumento indispensabile della politica e della democrazia.
Angelo Gazzaniga