Una burocrazia non può funzionare senza strutture efficienti e adeguate.
In Italia abbiamo un numero incredibile di enti e quindi di sovrapposizione di competenze.
Livelli di competenze: nel campo delle amministrazioni locali ne esistono cinque livelli: municipi (nelle grandi città o Comunità montane nelle zone montagnose), comuni, province, regioni e Stato: un record in Europa con inevitabili sovrapposizioni di competenze.
Numero di strutture burocratiche: esistono in Italia 35000 centri di spesa: un numero incontrollabile e dispersivo; una pletora di enti che è impensabile controllare e che permettono, sprechi, abusi e inefficienze di gestione. È sufficiente pensare al destino della Consip che avrebbe dovuto diventare un centro unico di acquisti e forniture e che viene in realtà aggirato in mille modi.
Pertanto si dovrebbe:
- ridurre il numero degli enti accorpando i comuni con pochi abitanti; sopprimere le province (non abolendo i consigli provinciali come è stato fatto lasciando immutate tutte le strutture);
accorpare regioni nate solo per ragioni campanilistiche (vedi il Molise con gli stessi abitanti di una media città)
In questo modo si ridurrebbero non solo i costi di gestione (meno personale, meno sedi) ma si avrebbe una migliore efficienza data da strutture più grandi e quindi più adatte a svolgere i compiti loro delegati. - Ridurre i centri di spesa: poche strutture sono meglio controllabili sia dalle magistrature contabili sia dagli stessi cittadini e si otterrebbero comunque economie di scala.
Ne abbiamo prova con la gestione dei comuni: troppo piccoli per avere le competenze necessarie sono costretti a consorziarsi per affrontare problemi troppo grandi per loro (ad esempio, nettezza urbana, forniture idriche, vigilanza) creando così ulteriori strutture burocratiche sempre meno controllabili. Un esempio era la vecchia organizzazione dei comuni: quando si voleva fare un’opera pubblica il comune reperiva i fondi e il Genio Civile (uno per provincia) si occupava della realizzazione tecnica. - Abolire le società cosiddette “in housing”: cioè quelle società nate per fornire servizi ai comuni in quanto o forniscono non più di un terzo dei propri servizi al comune proprietario e allora sono normali società con un ente come azionista principale oppure vanno conglobate nel comune che le possiede e a cui forniscono buona parte dei servizi perché in questo caso si tratta semplicemente di una duplicazione di enti avente il solo scopo di rendere opaca la gestione e fornire posti e prebende alla politica spicciola.
di Libertates