La degenerazione delle cooperative

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Le cooperative sono nate per un’esigenza particolarmente sentita e singolarmente utile dal punto di vista sociale: far si che più persone possano mettersi assieme per esercitare un’attività (mutua assistenza, utilizzo comune di beni e strutture ecc. ecc.) che singolarmente non avrebbero potuto esercitare. Si trattava generalmente dei più deboli, incapaci di affrontare le insidie del mercato e spesso preda di opportunisti senza scrupoli: basti pensare, ad esempio, alla funzione che hanno avuto all’inizio del ‘900 le cantine sociali. Proprio per questo motivo hanno avuto facilitazioni a aiuti da parte dello Stato: dall’esenzione delle imposte, alle semplificazioni degli adempimenti sociali, dai minori obblighi amministrativi all’importantissima opportunità del voto per capita nelle assemblee (cioè nelle assemblee ogni socio vale un voto, per quanto siano grandi le sue quote).
Sfruttando queste prerogative siamo a poco a poco arrivati alla situazione attuale: accanto alle “vere” cooperative che continuano ad avere un’importantissima funzione sociale ne esistono altre che di cooperativa hanno solo nome, titolo e facilitazioni statali.
Un primo caso è quello delle cooperative giganti con migliaia di dipendenti (un esempio potrebbe essere quello della CMC di Ravenna con oltre 10000 dipendenti) che non sono altro che grandi imprese gestite con le facilitazioni di legge: uno dei tanti esempi di distorsione del mercato.
Ma il caso più grave e più esteso è quello delle cooperative “finte”. Si tratta di cooperative create al solo scopo di eludere la legislazione vigente, di fornire manodopera a basso costo e senza controlli a grandi imprese e, in certi casi, (purtroppo sempre più frequenti), di frodare fisco e dipendenti attraverso continue fusioni e fallimenti preordinati.
Sono, questi, comportamenti che non solo danneggiano i lavoratori più deboli, esposti come sono a ricatti e soprusi di ogni tipo, e le casse dello Stato (e quindi di tutti noi cittadini) attraverso evasioni di ogni genere, ma danneggiano anche tutto il mercato facendo concorrenza sleale a chi lavora secondo le regole.
Ma che fare?
Una prima proposta potrebbe essere di limitare le facilitazioni a quelle cooperative che non hanno dipendenti, considerando le altre alla stregua di normali imprese commerciali. In questo modo non esisterebbero più dipendenti ma solo soci della cooperativa con possibilità di controllare i conti, di intervenire nelle assemblee e di decidere sullo svolgimento delle attività. Negli altri casi, quelle cioè con dipendenti, non ci sarebbe più nessun vantaggio a essere cooperative, essendo considerate imprese normali. Non sussisterebbe più nessun vantaggio a utilizzare cooperative anziché assumere direttamente, una tutela in più per i lavoratori più deboli.

di Angelo Gazzaniga

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Angelo Gazzaniga
Presidente del Comitato Esecutivo di Libertates. Imprenditore nel campo della stampa e dell’editoria. Da sempre liberale, in lotta per la libertà e contro ogni totalitarismo e integralismo.

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