Roma e il Giubileo: come andrà a finire?
Che il Giubileo sia una antica manifestazione di potenza spirituale della Chiesa si è incaricato di ricordarcelo tempo fa, su Libertates, Ettore Falconieri, in un articolo da rileggere. Ma che abbia senso riproporlo oggi, in una situazione grave e particolarmente complessa, può sostenerlo soltanto chi sia affetto da grave cecità politica.
Le stragi di Parigi segnano l’ingresso in una fase storica nuova, e verranno ricordate come l’11 settembre dell’Europa. Il primo segnale di un governo all’altezza della situazione avrebbe dovuto essere il cambio di passo: alzare il livello di attenzione e mobilitazione, sacrificare qualche libertà in nome della sicurezza collettiva, indicare simbolicamente i settori in cui occorre modificare non solo la politica, ma gli stessi atteggiamenti collettivi. Il governo, e anche l’opposizione, avrebbero dovuto reagire sul piano della sicurezza con due decisioni immediate. La prima: mettere fine alla scriteriata politica di accoglimento indiscriminato dei clandestini, ripristinando immediatamente il reato relativo. La seconda: esercitare una “moral suasion” sul Vaticano perché sospendesse il Giubileo.
Quella che, a prima vista, potrebbe sembrare un cedimento alla minaccia islamista, sarebbe invece una prova di saggia fermezza e capacità di programmazione. Riflettiamo su quattro punti.
Primo: è insensato destinare (come è stato fatto con il decreto intitolato pudicamente “Misure urgenti per interventi sul territorio”) duecento milioni di euro al Giubileo, più una cifra ancora imprecisata ai controlli di polizia. In un periodo in cui mancano i fondi per le cose realmente più urgenti, a partire dalla sanità, si gettano i soldi in un calderone genericamente contrassegnato da parole come “accoglienza” e “decoro”. Quanto alla “mobilità urbana”, di fronte al disastro di Roma, bisognerebbe piuttosto riformare l’Atac e destinare oculatamente i fondi al ripristino di una minima efficienza nei trasporti.
Secondo: è dilettantesco immaginare di controllare efficacemente centinaia di migliaia di persone in una città come Roma, slabbrata e ultra lassista, dove una trasmissione satirica tv, “Striscia la notizia”, documenta il “salto dei tornelli” praticato massicciamente dai viaggiatori senza biglietto. Che cosa succederebbe se un attentatore – Dio ne scampi – si aggirasse indisturbato in metropolitana durante il Giubileo? E che succederà se – come potrebbe accadere in un clima di inevitabile tensione, scoppiasse una lampadina tra la folla seminando il panico? Possibile che nessuno ci abbia pensato?
Terzo: quali assicurazioni può darci di una amministrazione decente dei fondi la “Roma Capitale” ormai nota come sinonimo di corruzione? Se esiste un indice di corruzione ambientale, quello romano oggi è ampiamente documentato come uno dei più alti d’Italia. Non sarebbe stato un segnale di moralità verso il resto del Paese chiudere il rubinetto? Non è un insulto alla coscienza degli italiani destinare centinaia di milioni a fondo perduto per il Giubileo?
Quarto: appunto, sono milioni a fondo perduto. Perché gli incassi del Giubileo andranno a uno Stato estero, cioè il Vaticano. Uno Stato che, tra l’altro, ha appena messo sotto accusa due giornalisti italiani per avere documentato verità scomode, facendo il loro mestiere. E che ora rischiano da quattro a otto anni di carcere secondo la legge emanata nel 2013 proprio da Bergoglio. La “moral suasion” del governo italiano, che semplicemente avesse dichiarato di non poter far fronte al Giubileo invitando il Vaticano a scegliere una data più opportuna, avrebbe rappresentato uno scatto di orgoglio laico della Repubblica.
Gaston Beuk