Chi vi scrive ha avuto la fortuna di essere prima consigliere e poi vicepresidente dell’Associazione commercianti del Salotto di Milano”; cioè l’associazione che raggruppava i più prestigiosi negozi della Galleria e di piazza Duomo a Milano.
Tra di loro, solo per fare alcuni esempi, Galtrucco, il Camparino, la gioielleria Gobbi, il negozio di biancheria Finzi, la libreria Bocca.
Allora la Galleria, che non per niente veniva definita “il salotto di Milano” aveva una frequentazione non solo turistica, ma soprattutto di milanesi che discutevano di politica, passeggiavano, frequentavano per gli aperitivi tanti esercizi pubblici prestigiosi quali il Savini, il Biffi, il BarSì, il bar La Galleria, il Salotto di Milano, il Camparino. Tanti bar e ristoranti di cui si è perso traccia.
Oggi la Galleria non rappresenta più l’essenza della milanesità, vi sono tanti negozi dei marchi più prestigiosi, ma senza originalità, marchi spesso italiani ma presenti con negozi simili in tante altre parti del mondo.
Un esempio potrebbe essere quello di Prada: i fratelli Prada gestivano allora con la signora Prada, persona di cortesia e gentilezza squisite, il loro negozio; all’interno una grande scala con il disegno di un transatlantico che rappresentava un unicum, un arredamento liberty da tutti invidiato e imitato.
Come si potrebbe far tornare la Galleria a essere il salotto di Milano: forse sarebbe sufficiente che una parte dei negozi (un terzo?) venisse riservata a boutique o artigiani di comprovata origine milanese e soprattutto non facenti parte di catene di negozi.
In questo modo potremmo rivedere la Galleria frequentata non solo da turisti, ma anche da quei milanesi che ne sono stati sempre l’anima e che l’hanno resa un unicum nel panorama delle gallerie pedonali ottocentesche.
di Alessandro Prisco