La giustizia alla Robespierre

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Un’analisi psico-sociale dei pericoli di quando la giustizia si fa militante e morale

In questo drammatico frangente della storia repubblicana aperta a prospettive di regressione democratica è utile e saggio avere una passione per la stabilità (la tripartizione dei poteri alla francese nel solco della separatezza del potere esecutivo dal giudiziario e quest’ultimo dal legislativo), anziché una cinica passione feticistica per la legalità alla Robespierre, sempre nella prospettiva tutt’altro che rassicurante di una tempesta perfetta in stile Mani Pulite: la demolizione legalitaria in nome della “via giudiziaria” al potere aprì in passato la strada al caudillismo tecnicamente eversivo di Silvio Berlusconi (sic!), come riconosciuto in maniera ambigua dallo stesso Francesco Saverio Borrelli: “Se l’avessimo saputo prima!”.
Partiamo dall’atteggiamento pedagogicamente anglosassone di Sergio Romano, maestro di stile nella critica degli eccessi “narcisistico-passionali” del dispositivo della motivazione Imi-Sir che condannò Cesare Previti per corruzione giudiziaria: “Nella migliore tradizione giuridica i tribunali non sono cattedre di pubblica e privata moralità, non fanno il ritratto caratteriale dell’imputato, non alludono alle contestazioni polemiche che hanno accompagnato il processo, non rivendicano l’imparzialità della corte, non stabiliscono raffronti storici tra gli atti presi in esame e altri analoghi commessi in un più lungo arco di tempo. Tali argomenti appartengono generalmente allo stile della giustizia militante e a quello dei tribunali speciali dove la condanna deve essere esemplare e la sentenza è una pietra o un mattone per il cantiere dove si costruisce lo Stato etico. Nei buoni sistemi giuridici, invece, la motivazione della sentenza è un documento freddo e grigio dove si descrivono i fatti, si elencano le prove, si verificano le responsabilità e si applicano le pene previste dal codice.E’ tanto più credibile quanto piùè distaccata, imperturbabile, stilisticamente anonima”.
Parole sacre. Perfetta è stata la reazione del sito www.misteriditalia.it alla suddetta analisi pubblicata sul Corriere della Sera dell’8 agosto 2003 dalla bruciante attualità: “Nel mettere online quelle stesse motivazioni del processo detto Imi-Sir/ Lodo Mondadori, Misteri d’Italia non può che fare proprie le parole di Romano. Nel leggere la premessa alle motivazioni del processo confessiamo che un brivido ci ha percorso la schiena. Abbiamo avuto netta la sensazione di non trovarci di fronte a una normalissima motivazione di un normalissimo processo avvenuto in un normalissimo Paese dove vige lo Stato di Diritto. Ci è sembrato di trovarci di fronte alla sentenza di un tribunale supremo, un tribunale speciale di fascistica memoria, quasi un tribunale di Dio. Una premessa degna di un tribunale di Dio. Una premessa degna di un tribunale della Santa Inquisizione e non, appunto-lo ripetiamo-di uno stato democratico dove vige la separazione dei poteri. Detto questo-ed eliminata la scandalosa premessa, tutta infarcita di egolatrismo giudiziario-le motivazioni della sentenza Imi-Sir/ Lodo Mondadori non sono da leggere, ma da studiare…” in quanto “…illustrano pienamente l’arroganza, meglio la tracotanza, cui è giunto il potere di corruzione di una certa classe di legulei legati a doppio filo alla più deteriore forma di politica affaristica”.
E’ ciò che i vari Giorgio Galli sanno benissimo in privato e non riusciranno mai a dire in pubblico. Insomma, siamo in presenza di magistrati corrotti da avvocati “sudamericani” e di altri che giudicandoli escono platealmente dai confini standard della giurisdizione: due verità compatibili.

Alexander Bush

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Alexander Bush
Alexander Bush, classe '88, nutre da sempre una passione per la politica e l’economia legata al giornalismo d’inchiesta. Ha realizzato diversi documentari presentati a Palazzo Cubani, tra questi “Monte Draghi di Siena” e “L’utilizzatore finale del Ponte dei Frati Neri”, riscuotendo grande interesse di pubblico. Si definisce un liberale arrabbiato e appassionato in economia prima ancora che in politica. Bush ha pubblicato un atto d’accusa contro la Procura di Palermo che ha fatto processare Marcello Dell’Utri e sul quale è tuttora aperta la possibilità del processo di revisione: “Romanzo criminale contro Marcello Dell’Utri. Più perseguitato di Enzo Tortora”.

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