Quante perplessità a proposito delle tracce d’Italiano per gli Esami di Stato conclusivi del 2016!
Mi riferisco a contenuti e modi della prima prova scritta nella sessione di “Maturità” 2016, per gli studenti (e le Commissioni) degli
Istituti di istruzione secondaria di secondo grado. Alcuni giorni prima, intanto, il Ministro Giannini aveva preannunciato, in pubbliche interviste, i temi di massima: Eco; voto alle donne; il “verde”. Ancora: nella traccia del cosiddetto “Ambito scientifico”, titolata ‘L’avventura del’uomo nello spazio’, è ospitato un articolo di Simone Valesini,
“Samantha Cristofoletti si racconta al ritorno dallo Spazio”, già edito sul sito “WIRED” nel giugno del 2015: lo stesso sito che pubblica il 22
giugno 2016 ( data della prima prova scritta, e al mattino ) le tracce d’Italiano della cosiddetta “Maturità” per l’anno scolastico 2015-2016.
Infine, si notano cinque soppressioni di passaggi logici essenziali nel testo di Umberto Eco, “Sulla Letteratura” (2002), prova destinata propriamente alla “Analisi del testo”: finalità vilipesa dalle
soppressioni introdotte nel testo stesso. Ad esempio, all’inizio, prima del passaggio: “E tra questi poteri annovererei anche quello della tradizione letteraria”. O alla fine, prima del conclusivo messaggio: “La lettura delle opere letterarie ci obbliga a un esercizio della fedeltà etc.” Bel rispetto della “fedeltà” e congiunta “onestà intellettuale e morale”!
Si dirà: ma nella citazione del brano di Eco, il Miur intende valorizzare la linea argomentativa principale, non reputando opportuna la
citazione integrale! E sia pure: ma tanto accade perché il brano prescelto non è un “Classicum”, ossia testo ‘classico’ che ‘risuona per sempre’, segnalandosi per la lettura (e la lezione) proposta ai giovani. Tanto sarebbe stato meglio suggerire un brano di Francesco De Sanctis o di Benedetto Croce, che in prosa smagliante e ben più essenziale giro argomentativo, avessero potuto far riflettere sulla funzione di poesia e letteratura.
Spiace dirlo, come docenti e dirigenti studiosi appassionati dei nostri “autori”: netta si ricava l’impressione di aver ceduto all’effimero e al compiacimento d’inseguire le “mode”, reputate “di
turno”. Ma come la mettiamo, poi, con la pretesa di rivendicare anche in Europa il pregio e l’apporto della nostra tradizione umanistica, o “nuovo Umanesimo” che dir si voglia?
Giuseppe Brescia