Il tempo stringe perché entro il 2021 il Montepaschi deve essere ceduto altrimenti la UE considererà gli aiuti ricevuti come “aiuti di Stato” da restituire con l’inevitabile fallimento della banca senese.
A questo punto, dopo una affannosa ricerca di un compratore che ha appurato una sola cosa, che Mps non la vuole nessuno, resta solamente Unicredit.
Un’Unicredit tutt’altro che entusiasta (l’ad si è addirittura dimesso, azionisti di peso come Del Vecchio e le Fondazioni sono perplessi) è ovvio che alzi il prezzo: dagli iniziali 4 miliardi da concedere da parte dello Stato si è già arrivati a più di 6. Infatti una società di proprietà del Tesoro si è già offerta per acquistare 14 miliardi di crediti in difficoltà di Unicredit a un prezzo superiore di un miliardo a quello di mercato: un altro favore a carico dei contribuenti.
Tutto sommato una bella sberla per i contribuenti, ma almeno con una certezza: ci si libera una volta per tutte da una prospettiva di perdite non quantificabili.
Ma l’aspetto più eclatante è che questa soluzione trova l’ostilità dei Cinquestelle e dei politici toscani. Secondo loro Montepaschi andrebbe statalizzata e poi fusa con la Popolare di Bari. Unire cioè due banche sull’orlo del fallimento sotto l’ala dello Stato per rinnovare i fasti dell’Alitalia: perdite assicurate per l’eternità, aiuti a pioggia per tutti, un’autentica pacchia per il sottobosco politico locale.
Ma a questa proposta se ne è aggiunta un’altra ancor più creativa che dimostra come la fantasia nel non voler mollare la greppia dello “Stato mamma” non abbia limite: cedere Montepaschi a Unicredit ma scorporare il ramo d’attività della Toscana per garantire l’italianità e la presenza sul territorio della banca senese. Esattamente le stesse parole utilizzate quasi vent’anni fa per non cedere Alitalia ai francesi: e abbiamo visto con quale successo!
La proposta è resa accettabile dal fatto che sia un provvedimento temporaneo: dopo alcuni anni anche il ramo toscano entrerebbe in Unicredit. Ma ben sappiamo come nella politica italiana niente è più definitivo del provvisorio. E nel frattempo chi ripianerebbe le perdite del ramo toscano? Ma lo Stato, naturalmente…
E se invece si fosse lasciata fallire una banca ormai decotta per sostituirla con una banca nuova rinata su basi valide ed efficienti? Ne abbiamo un esempio nella vicenda del Banco Ambrosiano: fallito e rinato nello spazio di una notte è diventato con Intesa la più grande banca italiana.
Già ma allora addio greppia!
di Angelo Gazzaniga