Quando chiedendo ai propri membri se sono iscritti a una associazione (legale) si viola il principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione
Che cosa accade quando un governo mette improvvisamente “fuori legge” una parte dei cittadini? Come reagiscono i diretti interessati? Come si comportano gli altri? La domanda non è retorica. In Italia è già accaduto e sta nuovamente avvenendo. Su incalzante iniziativa del massonofago Claudio Fava, l’Assemblea regionale siciliana impone che i suoi membri dichiarino se sono iscritti alla massoneria. La “legge” è incostituzionale perché discrimina i cittadini in violazione degli articoli 2, 3, 18 e 19 della Carta della Repubblica (nella quale la Sicilia sta come il meno nel più). Essa è anche frutto di profonda incultura, perché la Repubblica non “riconosce” né la Massoneria in quanto tale né alcun Ordine massonico. Per lo Stato la massoneria semplicemente “non esiste”. Perciò i poteri politici e il magistrato ordinario non hanno titolo per “giudicare” o “pregiudicare” i suoi affiliati se non per violazione della legge penale, non perché massoni ma perché cittadini. A beneficio dell’on. Fava e dei suoi emuli e maestri o maestre (come Rosy Bindi) aggiungiamo che la Repubblica non ha giurisdizione sulle logge massoniche estere e meno ancora sui massoni “in transito” per l’Italia: un Paese a questo proposito culturalmente arretrato.
La “novella” partorita dall’Isola del Sole verrà fermata in tempo o contagerà l’Italia intera come la zanzara del Nilo e altri insetti molesti?
di Aldo A. Mola