– Il “fiato corto” di Ettore Gotti Tedeschi e la partita a scacchi tra Antonella Tognazzi e Belzebù: l’Istituto delle Opere di Religione
“… Ricordate? “E’ il momento di dare, non di prendere” (chiediamo ai nostri lettori di farci sapere se in tasca gliene è venuto qualcosa): trionfo del populismo in bocca al Migliore, il banchiere socialdemocratico, l’allievo di Federico Caffè che Keynes (autore de Le conseguenze economiche della pace) l’ha studiato, ma forse dimenticato all’ingresso degli uffici (condizionati) di Goldman Sachs”.
Daniela Ranieri, “Disertori da aria condizionata”
“Le idee degli economisti e dei filosofi, sia quando sono nel giusto, sia quando sbagliano, sono più forti della conoscenza della gente comune. Invece il mondo non è governato dalle loro idee, ma da qualcosa di diverso. Gli uomini politici, infatti, credono erroneamente di essere esenti da influenze intellettuali, e sono di solito schiavi di qualche economista defunto.”
John Maynard Keynes
Il bilancio umano e politico di un uomo complesso e contraddittorio come Mario Draghi, mentre l’Occidente spenglerianamente al tramonto è al limite della III guerra mondiale – si veda il dossier molto interessante della rivista Fq Millennium “Cinquanta sfumature di Draghi” curata da Peter Gomez, che scavalcherà per bravura Marco Travaglio ed è al livello di Gianni Bisiach – è un fallimento.
L’inquilino di Palazzo Chigi è personologicamente costruito sulla risposta unilaterale all’emergenza:
l’ex enfant prodige “diciamo”, dell’ambiguo Guido Carli il cui sdoppiamento tra guardie e ladri rasentava la “dissociazione vera e propria” (come ebbe a dire il ritrattista del Novecento Eugenio Scalfari nell’opera magistrale “Razza padrona. Storia della borghesia di Stato” scritta nel furore della brillantezza con Giuseppe Turani, poi macchiato dai gironi danteschi dell’affaire Ferruzzi-Gardini) ha il “pensiero binario di chi non si misura con le conseguenze delle proprie azioni”: cito la sveglia Daniela Ranieri, giornalista di spessore filosofico che ha parlato in due analisi memorabili, la prima nell’estate del 2019 e la seconda nel febbraio del 2020, del disturbo narcisistico della “sindrome di hybris” nei due Matteo: Matteo Salvini e Matteo Renzi.
Draghi è capace per forma mentis di fare gli effetti speciali in difficoltà, ma alla domanda: è intelligente?, la risposta è disarmante: non è l’intelligenza il suo punto di forza, privilegiando il gambling al logos.
Questa modalità d’azione coattamente messa in atto dalla morte del padre, dirigente di banca – Mario dovette a 15 anni, su pressione della madre, farsi carico dei fratellini e laurearsi anzitempo bruciando le tappe in anticipo rispetto ai suoi coetanei senza deludere le enormi aspettative di Guido Carli – è appunto il funzionamento nello stress.
Stress test, direbbe Timothy Geithner: il one track mind è costretto ad operare in trincea, e non c’è il tempo – a causa dell’emergenza che ne assorbe tout court le energie – per vedere se stia agendo veramente bene. Sta solo facendo il suo dovere.
Orbene, nell’annus horribilis 2022 il suddetto meccanismo binario che costellò pure la parabola umana di un altro romano, ma non dei Parioli, Giulio Andreotti, rischia di rovinare il gambler di Whatever it takes. Risucchiato dai venti dello Zeitstil, con cui era in linea ma ora meno di prima: ha i difetti delle sue stesse qualità.
Il suo nervosismo da “unfit”, inadatto al compito, è ormai pari all’arroganza del predecessore che rifiutava di incontrare il navigatissimo Carlo De Benedetti: il banchiere socialdemocratico che dice di se stesso “sono un liberale socialista” rimuove innanzitutto le conseguenze economiche del blocco del gas russo.
E le rimuove, nel senso negazionista del termine, perché è incorreggibilmente monodirezionale. Come scrive la Daniela Ranieri su Il Fatto Quotidiano, “… Attenzione al frame che si sta cercando di imporre: opporsi al riarmo e all’inasprimento delle sanzioni deriva dal capriccio da viziati di voler stare al fresco sul divano mentre piovono bombe russe (magari prendendo pure il reddito di cittadinanza). Ogni dubbio, ogni indugio, è una forma di collaborazionismo con Putin. Si dà ad intendere che fare a meno del gas russo voglia dire privarci del superfluo, non chiusure delle fabbriche, disoccupazione, arresto dei consumi, aumento dei prezzi, recessione, collasso di ospedali, scuole, magazzini, forniture, trasporti, ecc…”. Insomma, stagflazione.
In un altro passaggio, la Ranieri fotografa la distorsione “one track mind” dell’anti-Cogito Draghi: “… Non voler entrare in guerra, scenario che si sta preparando attraverso una campagna stampa martellante e manipolatoria, significa voler stare al fresco mentre gli ucraini crepano. Lungi da noi spiegare a Draghi le conseguenze economiche del blocco del gas.
Quel che interessa è capire come si permetta di prenderci tutti per scemi. La costante del suo modo di comunicare a quel popolo che è stato chiamato a governare per scienza infusa è una desolante sottovalutazione degli interlocutori: lui proferisce il verbo, quasi sempre ambiguo e sibillino; il giornalista che ha fatto la domanda incassa e porta a casa col dileggio dei fan draghisti, sedotti dalla sua albagia; il popolo subisce, intortato ex cathedra…”.
Il fatto è che, a chi scrive – consapevole che il mito dell’etiologia è insufficiente a comprendere la realtà, di cui ambiguamente facciamo parte con le poche informazioni a disposizione in un mondo interdipendente grazie all’internazionalizzazione dei commerci (vedi l’analisi “La lezione di Hayek” di Alessandro De Nicola su “Affari e Finanza”) – pare evidente che il nervosismo “borderline” del Migliore è legato a due fatti: in piena crisi ucraina deve pagare gli stipendi degli operai e della gente che non riesce più ad arrivare all’inizio del mese, mentre il Pnrr dalle “magnifiche sorti e progressive” è sul “long term” ma di fatto non è nemmeno entrato in azione.
Perché l’inquilino di Palazzo Chigi che ha il terrore di quello che il “Quarto Potere” scrive sul suo conto – come hanno puntualmente osservato Carlo De Benedetti e l’ex addetto alle relazioni esterne del Gruppo Espresso Stefano Mignanego – è un gambler afflitto compulsivamente dal gioco d’azzardo: lui non può pagare gli stipendi degli operai poiché è inconfessabilmente superiore a John Maynard Keynes, di cui al copyright del deficit spending: ecco a voi la sindrome dell’onnipotenza.
Il presidente del Consiglio potrebbe fare il deficit spending essendo l’“utilizzatore finale” del Recovery Fund che è keynesiano per sua natura, ma è ancora più presuntuoso surrealmente di Giuseppe Conte che il Fondo Salva-Stati non lo voleva nemmeno (sic!), perché il Migliore lo vuole “reinventare” e passare sui libri di Storia come colui che ha superato il consulente di Franklin Delano Roosevelt!
Il guaio è che questo senso della missione non tiene conto della realtà.
Poi c’è un’altra ragione che è più inconfessabile della prima, nella “propaganda bellicista” che non ammette il contraddittorio con chi dice: “Via dall’altra guerra” (quella dello psicopatico Joe Biden che ha provocato l’assalto mussoliniano a Capitol Hill dell’immobiliarista The Donald); chi scrive cita nuovamente Daniela Ranieri: “… L’Alto Rappresentante per la Politica Estera della Ue Borrell ha detto che in un mese di guerra abbiamo finanziato l’Ucraina con 1 miliardo, e ne abbiamo dati 35 alla Russia per il gas. Le menti semplici ne inferiscono: allora smettiamo di prendere il gas dalla Russia e diamo più armi all’Ucraina! (“Non c’è nulla di paragonabile alla confusione di una mente semplice”, scrive Francis Scott Fitzgerald a proposito di Myrtle Wilson, l’amante del vitellone Tom Buchanan, ndr) “E’ il tipico pensiero binario di chi non si misura con le conseguenze delle proprie azioni. Se il governo intende affamare la Russia dovrebbe spiegare che l’obiettivo si raggiunge solo affamando prima l’Italia. Invece colpevolizza chi non condivide la propaganda bellicista, indicato come responsabile della prosecuzione della guerra. Siamo alla caccia al disertore con aria condizionata. Dopo aver adorato e perpetrato per decenni un modello di sviluppo di crescita abnorme con cui si sono sfruttate persone e risorse, la crema della crema neoliberista viene a dire ai cittadini (anche ai 6 milioni di poveri che non possono fare due pasti al giorno, figuriamoci refrigerarsi) di darsi alla decrescita felice sudando un po’…”.
Viene in mente Maria Antonietta, la moglie di Luigi XVI: “Il popolo chiede pane? Date loro brioches”. Poi arrivò la ghigliottina. “Sils n’ont plus de pain, qu ‘ils mangent de la brioche!”.
Purtroppo è arrivato il momento di dire che la colpevolizzazione tranchant di chi non condivide la propaganda bellicista al fianco dell’irresponsabile Joe Biden, ha uno sfondo inquietante in odore di Belzebù: in campagna elettorale per l’elezione al Quirinale – non gli bastava essere Primo Ministro ma era disponibile anche a diventare Presidente della Repubblica, raggiungendo così un potere assoluto – a un certo punto fece irruzione un ospite non gradito: Antonella Tognazzi, la vedova di David Rossi, ex responsabile dell’area comunicazione del Monte Paschi di Siena morto per probabile suicidio il 6 marzo del 2013 certo che sarebbe finito in galera dopo una routinaria ispezione della Guardia di Finanza, che voleva vederci chiaro dopo l’acquisto di Banca Antonveneta da parte di Mps in violazione delle “due diligence” di mercato: l’autorizzazione alla scellerata fusione porta le impronte digitali di Super Mario del 3 marzo 2008.
La Tognazzi, che sostanzialmente non parlava dal 2013, non gradiva che al Colle salisse l’avversario del Caimano.
Gli americani invece sì. Perché Biden vede il mondo attraverso il prisma dei suoi interessi personali. E questa non è proprio la Mano Invisibile…
No, è decisamente “American Tabloid”.
Ma ci arriviamo per gradi.
Un altro testimone d’eccezione che conosce questa storia – raccontata molto bene dal visionario scivolato su una buccia di banana Elio Lannutti nel suo instant book “Morte dei Paschi di Siena”, prima di cadere nella polvere con il “falso verosimile” dei Protocolli dei Savi di Sion – è Paolo Mondani di “Report” di Milena Gabanelli, una delle persone più sole al mondo e che soffre di insonnia. Viaggiando tormentosamente tra i buchi neri della storia repubblicana, con la grandeur romantica di un samurai nel deserto come uno dei protagonisti del film “Cadaveri eccellenti” di Francesco Rosi; bellissimi furono i rilievi su Mondani di un gigante della letteratura come Matteo Cavezzali, scrittore giornalista nonché direttore artistico del Festival di Sanremo, nella sua opera “Icarus. Ascesa e caduta di Raul Gardini”, colpevolmente sottovalutata (è l’Italia che non perdona la bellezza, che del successo è una sezione). Ma prima è interessante riportare un passaggio dell’intervista ancorchè culturalmente sbagliata della “tedesca” Lilli Gruber a Massimo Cacciari, che ha una passione per la realtà ed è lucidissimo in punto di analisi (l’incipit dell’intervento della Gruber non sarebbe stato comunque condiviso da George Soros):
“(Massimo Cacciari, ndr) Filosofo, con una domanda molto concreta, credo poco filosofica. Perché ha sentito ieri, quando il presidente del Consiglio Draghi a proposito della rinuncia da parte dell’Italia al gas russo ha detto che per il momento non è sul tavolo.
Che però dobbiamo chiederci se vogliamo la pace o il condizionatore acceso. La questione si pone in questi termini, fermo restando che oggi – come abbiamo ricordato prima – il Parlamento europeo ha votato questa risoluzione con cui si chiede praticamente un embargo totale di tutta l’energia russa. Poi vediamo, perché si faranno delle eccezioni anche qui. Perché è sfinito? (non ho mai visto così raggiante la Gruber, che è una femme fatal nel suo professionismo, ndr)”
“Perché si fatica, non nel caso suo sa, è una domanda assolutamente pertinente. Mi ha lasciato di sale la battuta del presidente del Consiglio. Di sale”.
“Perché?”
“Premesso che le sanzioni – due minuti e glielo spiego –, premesso che le sanzioni certamente incidono, e le sanzioni sono uno strumento cui si è sempre fatto ricorso in politica internazionale per indebolire un avversario politico, si è sempre fatto ricorso per indebolire un avversario; nulla contro le sanzioni, sono uno strumento forse necessario, anzi senza forse necessario in un momento di guerra. Quindi non è quello il problema delle sanzioni, il problema è che sappiamo benissimo che le sanzioni colpiscono in modo diversissimo.
O niente, o anzi gli Stati Uniti, o poco la Francia, o molto moltissimo la Germania per tantissimi motivi, moltissimo l’Italia, con altri paesi europei, forse è quella che viene maggiormente sanzionata dalle sanzioni. Bene: il nostro pil aumenterà del 3% quest’anno, invece del 5% che si era preventivato.
Bene: sappiamo che questi processi incidono in modo completamente difforme, asimmetrico all’interno di un paese. Perché a me che aumentino la tariffa di 3 volte, può anche importarmene molto poco; ad alcuni fortunati molto poco, al 60/70% del popolo italiano importa moltissimo.
Non perché tengono i condizionatori aperti 24 ore al giorno, ma perché non hanno i soldi per pagare le bollette. E allora questo governo invece di tirar fuori “beh, fate un po’ di sacrifici, italiani vivaddio. Dobbiamo sostenere gli ucraini “ mi spieghi concretamente, non come è stata fatta all’epoca del Covid, per parare il colpo nelle categorie meno protette, passando attraverso le banche, e aspettando mesi per i rimborsi (le “democristianerie” di Giuseppe Conte, ndr): mi spieghi, mi spieghi concretamente, come fanno le persone che si rivolgono a me quotidianamente, dicendo di non avere i soldi per pagare le bollette.
Chi gliele paga? E attraverso quale sistema, il governo italiano gli pagherà le bollette! E gli pagherà la benzina per andare al lavoro! Mi spieghi questo! Non faccia le battute ridicole, ridicole! Di dire: b’è, insomma italiani un po’ di sacrifici! I sacrifici sappiamo benissimo che in questa situazione alcuni li fanno, duramente, e una parte della popolazione li fa per modo di dire, o per niente, o per niente! Perché io e lei le bollette possiamo pagarle anche quattro volte quelle che paghiamo oggi”.
Allora, per essere concreti – come dice Lilli Gruber, in aperta contraddizione con le premesse filosofiche di George Soros: “la gente ignora che il pensiero fa parte della realtà” – attraverso quale sistema il governo italiano pagherà le bollette? E pagherà la benzina per andare al lavoro?
Attraverso nessun sistema. E’ questo il punto. Sarà il mercato che pagherà le bollette, e pagherà la benzina per andare al lavoro! E quindi non c’è nessun piano.
Così il presidente Draghi – che crede che il suo azzardo avrà successo appagandone il Narcisismo – passerà alla Storia come l’uomo che ha superato John Maynard Keynes correggendolo!
Non è lo Stato a eterodirigere la spesa in disavanzo di Bruxelles – come la stessa Unione Europea chiede “sic et simpliciter”: più semplice di così! “La genialità è nella semplicità”, come diceva Marco Aurelio – ma il business!
Così Super Mario batte Keynes, ma ancora nessuno lo ha capito… E’ una follia collegata etiologicamente al borderline state della “sindrome della hybris”.
Ironia della storia, lo stesso John Maynard Keynes giuocava in Borsa, e – con la consueta lungimiranza di chi privilegia sottilmente i paradossi con lo scetticismo del consumato cosmopolita – aveva detto a proposito degli affari, che rientrano ampiamente nella riflessività dei fenomeni umani: “Il lungo termine è una guida fallace per gli affari correnti: nel lungo termine saremo tutti morti.”
Ma il Pnrr è solo un affare.
Facciamo un passo indietro.
Herbert Hoover mentre l’America rischiava la miseria – oggi alcuni parlano di una imminente bolla finanziaria di gravità analoga allo sfondo del crollo della Lehman Brothers nell’agosto del 2007, anche perché il gioco d’azzardo è stato salvato con la misura gattopardesca del quantitative easing – rimaneva affezionato al vincolo dogmatico che lo legava alla fiducia autistica nel laissez faire, al punto di lasciare la gente morire di fame come ben spiegava Arthur Schlesinger ne “L’età di Roosevelt”, ma poi venne spazzato via da un uomo durissimo con se stesso come Roosevelt; notava in proposito John Maynard Keynes: “La più grande difficoltà nasce non tanto dal persuadere la gente ad accettare le nuove idee, ma dal persuaderli ad abbandonare le vecchie”.
Queste persone non abbandonano le vecchie idee, anche a costo di vedere la gente morire di fame.
Su “Affari e Finanza” de “la Repubblica” del 9 maggio 2022 è uscito un interessante articolo di Anais Ginori, corrispondente da Parigi “Pianificazione” la parola d’ordine del Macron statalista”, che rivela come il presidente della Repubblica francese abbia modificato la sua impostazione mentale e politica:
“Cinque anni fa, il suo programma era all’insegna di due parole: liberare, proteggere. Questa volta, Emmanuel Macron è stato rieletto tenendo “liberare” ma cambiando e aggiungendo “pianificare”. A cominciare dalla “pianificazione ecologica”, termine rubato al programma di Jean-Luc Mélenchon, che sarà una delega in carico direttamente al futuro capo del governo, forse una donna, con due ministri collegati alla “pianificazione energetica” e alla “pianificazione ecologica territoriale”. Il giovane presidente “liberista” si è da tempo convertito, attraverso lo choc della pandemia, in un convinto statalista. “Macron sembra voler affrontare i punti di fragilità più evidenti della Francia – istruzione, salute, reindustrializzazione e transizione ecologica – che richiedono grandi investimenti e un più forte interventismo statale” osserva l’economista Mathieu Plane per cui la parola “pianificazione” corrisponde alla necessità di accompagnare importanti trasformazioni attraverso investimenti a medio e lungo termine.
Il programma economico del Macron 2, per quello che finora è stato svelato in campagna elettorale, ha diversi obiettivi ambiziosi… Il governo ha già messo sul tavolo 30 miliardi negli ultimi sei mesi per mitigare gli effetti dell’impennata dei prezzi dell’energia su famiglie e imprese. Entro giugno, sarà versato un “chèque alimentare”, un assegno alimentare per 8 milioni di persone per avere accesso ai prodotti di prima necessità. Dovrebbe arrivare anche un “bonus Macron”, una tantum fino a 6mila euro, per i francesi che hanno uno stipendio inferiore a tre volte il salario minimo. E’ un bonus che fa parte del più ampio meccanismo di “condivisione della ricchezza” che Macron vuole sistematizzare nelle aziende, con la proposta di una partecipazione agli utili delle imprese. Il governo dovrebbe anche prolungare lo scudo tariffario su bollette di gas e luce oltre il 30 giugno… Infine, per tutte le età, il nuovo presidente conta sulla creazione di France travail, un’entità che dovrebbe servire da sportello unico per i giovani che hanno bisogno di integrazione, i disoccupati o i beneficiari del Rsa, l’equivalente del reddito di cittadinanza, a cui sarà imposto l’obbligo di avere un’attività di 15-20 ore settimanali…”.
La Francia che era di Montesquieu va in una direzione opposta all’Italia: a Parigi hanno il senso dell’establishment, a Roma no.
1. COM’E’ PICCOLOBORGHESE ETTORE GOTTI TEDESCHI, IL “BANCHIERE DI DIO”
Dicevo prima che l’urgenza quantomeno sospetta con cui il “turbo-pratico” Draghi schiera l’Italia al fianco della Nato nella guerra per procura contro l’Ucraina, ha una motivazione inconfessabile nel ricevere – da parte degli Usa quali garanti della “sovranità limitata” della penisola dell’Impero a stelle e strisce – una sorta di immunità.
Do ut des. Diventa più difficile chiedergli conto del falso in atti pubblici (per la parte non ancora caduta in prescrizione) contestatogli dall’Adusbef Consumatori nell’autorizzazione “laissez faire” del 3 marzo 2008 alla scalata senza capitali di Giuseppe Mussari all’Antonveneta.
Diventa più difficile se serve all’Alleanza Atlantica! E per Mario l’America è dunque la salvezza!
E così Antonella Tognazzi, e sua figlia Carolina Orlandi che non volevano Draghi come il loro capo dello Stato poiché suppostamente legato al “dark inside” dell’acquisto di Banca Antonveneta da parte dello scassato Monte Paschi di Siena in barba alle “due diligence”, ha rinunciato all’asso di poker dell’“immoral suasion” delle informazioni confidenziali in suo possesso, ancorchè apprese per “relata refero” dal marito pochi giorni prima di morire (si gettò nel vuoto dalla finestra dell’istituto di Rocca Salimbeni): Antonella non è più in linea con lo Zeitstil, come lo era invece a colpi di interrogazioni in Parlamento e mass media al seguito, e se gli inglesi (mi riferisco all’M16) hanno bisogno del russo Michail Khodorkovsky per buttare giù Putin, gli americani hanno bisogno di Draghi in Italia già ben introdotto presso lo “shadow banking” – la finanza ombra – degli interessi angloamericani.
Il fine giustifica i mezzi: dallo sbarco degli angloamericani in Sicilia con Lucky Luciano all’Ucraina.
Nella parte conclusiva dell’impressionante libro “Paradiso Ior” a cura di Maurizio Turco, Carlo Pontesilli Gabriele Di Battista “La banca vaticana tra criminalità finanziaria e politica dalle origini al crack Monte dei Paschi”, che come scrive Paolo Mondani è “un libro scritto con passione e precisione. Per dire che una banca offshore al centro della capitale non serve a nessuno. Men che meno alla Chiesa universale. O meglio, serve ai soliti noti. A coloro che ancora nascondono capitali nello Ior decenni dopo Marcinkus, aiutati, anzi accolti, dai nuovi Marcinkus che abitano i Sacri palazzi”, gli autori osservano nel capitolo “Ettore Gotti Tedeschi viene sfiduciato dallo Ior” all’interno del più grave cold case dalle morti dei “banchieri di Dio” Michele Sindona e Roberto Calvi:
“Il 24 maggio 2012, dopo mesi di scontri di potere interni al Vaticano, viene approvata dal Consiglio di Sovrintendenza dello Ior la sfiducia nei confronti del suo presidente, Ettore Gotti Tedeschi. La riunione, iniziata alle ore 14 di quel giorno, aveva all’ordine del giorno “la governance dell’Istituto”, che, secondo quanto comunica la Santa Sede il giorno dopo, “ha destato progressiva preoccupazione nel Consiglio e, nonostante ripetute comunicazioni in tal senso al prof. Gotti Tedeschi, presidente dello Ior, la situazione è ulteriormente deteriorata”.
Gotti Tedeschi viene sfiduciato all’unanimità dei consiglieri, “per non avere svolto varie funzioni di primaria importanza per il suo ufficio”, un provvedimento questo considerato “importante per mantenere la vitalità dell’Istituto”.
Due giorni dopo viene diffuso il documento Comunicazione e memorandum di voto e risoluzione di sfiducia, redatto in inglese da Carl Anderson (se questa non è la Mano Invisibile!, ndr), membro statunitense del Consiglio di Sovrintendenza, e indirizzato direttamente a Gotti Tedeschi. Nel documento vengono elencate nove motivazioni – “basate su informazioni note ai membri del Consiglio” – che hanno portato alla decisione di sfiduciare il presidente dello Ior, ovvero:
Fallimento nell’adempimento dei doveri di base incombenti sul presidente.
Fallimento nel rimanere informato sulle attività dell’Istituto e nel mantenere il Consiglio informato.
Abbandono e mancata presenza alle riunioni del Consiglio.
Mancanza di prudenza e accuratezza nei commenti riguardanti l’Istituto.
Fallimento nel fornire spiegazioni formali per la diffusione di documenti in possesso del presidente.
Diffusione di informazioni imprecise riguardanti l’Istituto.
Fallimento nel difendere e rappresentare pubblicamente l’Istituto di fronte a notizie imprecise dei
media.
Polarizzazione dell’Istituto e alienazione del personale.
Comportamento eccentrico e stravagante”…”.
Il comportamento eccentrico e stravagante dell’ultracattolico Ettore Gotti Tedeschi – tra vittimismo e schematismo ideologico così sorprendentemente simili all’avvocato siciliano Michele Sindona (come non notare il “fiato corto” dei due bankers senza capitali?) – è apparso più che evidente a chi scrive, dopo averne guardato la surreale intervista per Euronews dal titolo significativo “La maledizione dei banchieri di Dio – THE DEVIL’S JOB”; in un’altra intervista, ne “L’intervista a Ettore Gotti Tedeschi sul capitalismo”, l’ex presidente dello Ior travolto dall’Habemus papam di Joseph Ratzinger, fa un’affermazione culturalmente sbagliata che è alla base della sua finanza criminogena: “… Una volta disse che per riformare il capitalismo ci vogliono buoni preti. Ce la spiega?”, Gotti Tedeschi risponde ispirato con la consueta stramberia istrionesca: “Il capitalismo è un segno di contraddizione. Ma è il capitalismo l’errore? No, il capitalismo è uno strumento neutro in mano all’uomo. L’uomo deve saperlo usare. Chi è l’uomo che sa usare il capitalismo che è uno strumento molto complesso e segno di contraddizione? L’uomo che ha un chiaro senso della vita.
L’uomo che ha il senso della vita, ha il senso dell’uso degli strumenti. E chi è che dà il senso della vita all’uomo se non i preti che insegnano all’uomo che cosa è il senso della vita? Il cattolicesimo ha inventato il capitalismo”.
Errore: sono gli individui a fare la società, non è la società a fare gli individui.
Marcinkus con Calvi ha migliorato il capitalismo o ha distrutto il Banco Ambrosiano?
Latin heroes, eroi piccoloborghesi del Sudamerica ieri come oggi nel capitalismo senza mercato del disgraziato Belpaese.
“Le idee hanno conseguenze”: diceva Friedrich Hayek.
Idee sbagliate determinano un cattivo andamento della società; inoltre gli intellettuali non capiscono che i fenomeni accadono semplicemente perché devono accadere.
Non c’è spiegazione, c’è il mistero.
Continuavano gli autori de “Paradiso Ior”:
“Le motivazioni con le quali viene sfiduciato Gotti Tedeschi appaiono quantomeno clamorose, se si ricorda come, soltanto un anno e mezzo prima, il Vaticano e la segreteria di Stato non esitassero a esprimere pubblicamente la “massima fiducia nel presidente dello Ior”, elogiandone “l’integrità e l’autorevolezza ben note negli ambienti finanziari italiani e internazionali”. Oltre alla evidente estemporaneità di tali motivazioni, risulta chiaro che il fine ultimo della “defenestrazione” è in realtà uno solo: offrire al pubblico un capro espiatorio sul quale riversare tutte le colpe dell’ennesima gestione fallimentare e criminogena dello Ior, per coprire invece le gravi responsabilità degli organi – Commissione cardinalizia, Consiglio di Sovrintendenza – e degli uomini – il Papa e il suo segretario di Stato (Joseph Ratzinger e Tarcisio Bertone, ndr) – che queste persone “eccentriche” e “stravaganti” nominano alla guida di una banca, che dal 1942 custodisce e amministra segreti e fondi inconfessabili e inconfessati…”.
Apro e chiudo velocemente una parentesi inquietante.
Queste storie, come sempre, intrecciano contemporaneamente segreti atroci di mondi diversi – Benedetto XVI si dimise, dopo aver probabilmente partecipato a degli incontri segreti con il magistrato ora in pensione Giancarlo Capaldo come un registratore (sembra) provare all’interno della Procura della Repubblica del Tribunale di Roma, senza che però venissero rispettate le promesse fatte dal Vaticano alla persona dell’allora procuratore reggente Capaldo sulla consegna ai magistrati di un dossier di 200 pagine circa riguardante la località della clandestina sepoltura di Emanuela Orlandi in cambio della chiusura accomodante del fascicolo sulla singolare tumulazione di Enrico De Pedis nella Basilica di Sant’Apollinare –, ma rimaniamo su Mps.
In realtà, le motivazioni con cui il surreale Gotti Tedeschi, che corse il rischio di essere ammazzato, venne sfiduciato all’Istituto delle Opere di Religione con il contributo decisivo dello statunitense Anderson che si muoveva nella traiettoria di Martin Lutero – “Il denaro non è lo sterco del diavolo” –, sono perfettamente comprensibili: lo Ior non accettava i diktat del banchiere sull’adeguamento della banca del Vaticano alla normativa anti riciclaggio, da chi a sua volta non aveva le carte in regola per imporre alla banca offshore tra le mura leonine di recidere ogni legame con l’eredità maleodorante di Marcinkus e Donato de Bonis, essendo coinvolto fino alla cima dei capelli nel pasticcio colossale di Giuseppe Mussari.
E perché Ettore Gotti Tedeschi pare abbia presenziato alle riunioni nelle segrete stanze dello Ior per partecipare alla torta tangentizia della maxitangente Antonveneta, insieme a David Rossi e agli altri. “Tu vieni a dire a noi che cosa dobbiamo fare, quando tu per primo sei un ladro?”: è stato in estrema sintesi il messaggio ricattatorio indirizzatogli dall’entourage marcinkusiano di Tarcisio Bertone, l’ex segretario di Stato cattivo esattamente quanto Agostino Casaroli.
Attenzione: Gotti Tedeschi ad un certo punto, quando l’Istituto delle Opere di Religione si ribella rabbiosamente alla linea di adeguamento alla “White List” da egli proposta – “Essere molte cose significa essere nessuno: lo ha detto Kant”: come scrisse Romain Gary in Relazione intima, e ha ragione Marco Lillo a dire che il banchiere all’interno della contesa con lo Ior “… ha svolto tutto sommato un ruolo positivo” – e viene cacciato dalla presidenza della banca, capisce che la sua vita è in pericolo e – perdendo lo status dell’immunità giurisdizionale quando invece Marcinkus fu salvato da Papa Wojtyla –, consegna brevi manu alla Procura della Repubblica del Tribunale di Roma un memoriale: “Se mi ammazzano”, dirà alla alla stampa, “il perché è scritto li dentro”.
E all’interno del memoriale consegnato alla Magistratura con la “pistola puntata alla tempia”, per dirla alla Giancarlo De Cataldo, che cosa è stato scritto? E’ scritto che c’è stata una tangente collegata all’incorporazione (strapagata) di Banca Antonveneta da parte del Monte Paschi di Siena. Una tangente destinata probabilmente a ben 5 persone in ruoli apicali: Ettore Gotti Tedeschi reo confesso, Emilio Botin (presidente Banco Santander, legato allo Ior, morto d’infarto a 79 anni nel 2014), Giuseppe Mussari (imputato e condannato in I grado a 7 anni e 6 mesi di reclusione per il falso in bilancio dei derivati Alexandria e Santorini, poi assolto in Appello), David Rossi – capo dell’area comunicazione di Mps – e Mario Draghi.
“Excusatio non petita, accusatio manifesta”: l’ordinamento giuridico italiano prevede che se confessi il fatto, non ti possono arrestare; menomale che questa volta una storia così grave ha avuto un lieto fine, diversamente dal suicidio di Raul Gardini il 23 luglio 1993 in palazzo Belgioioso a Milano!
Però l’”anello debole della catena” in questo dirty business era David Rossi, mentre Gotti si è salvato per miracolo… ed era lui che avrebbe potuto confermare le rivelazioni del responsabile del settore comunicazione in quota Mps alla moglie pochi giorni prima di morire (con gesti autolesionistici confessati alla figlia Carolina Orlandi).
Resta da capire se l’isolamento predatorio nei confronti di David operato dagli esponenti della cosiddetta “birreria di Siena” pagliaccescamente piccoloborghesi, si sia risolto in un’istigazione al suicidio; siamo in presenza delle matrioske russe del cold case, che obbliga un paese arretrato come l’Italia ad approfondire la pratica desueta dell’“autopsia psicologica”.
C’è un precedente identico alla storia in questione, come già scritto da Elio Lannutti nel libro “Morte Paschi di Siena”: la maxitangente Enimont, pagata ai partiti per chiudere l’infausta conclusione della fusione tra Eni e Montedison nel 1990.
Ed è il suicidio del “contadino orgoglioso” Raul Gardini, che salvò Andreotti Giulio dall’umiliazione dell’inoltro della richiesta d’arresto della Procura di Milano al Parlamento (come emerge dalle dichiarazioni di Piercamillo Davigo ad Andrea Purgatori dell’aprile 2021 e dall’intervista shock della Susanna Turco ad Antonio Di Pietro per l’Espresso).
La morte di David Rossi, che è “open verdict”, ha salvato l’onore di Mario Draghi?
“Mio marito era un uomo fragile”: Antonella Tognazzi dixit a Crime Investigation.
Nel programma Omnibus, Gaia Tortora alla presenza di Antonella Tognazzi disse: “… C’è un’intervista all’interno del nostro Bersaglio Mobile a Ettore Gotti Tedeschi, ex presidente della banca del Papa, che a me ha detto una frase abbastanza eloquente, perché lui dice: “Avere un segreto è un’arma a doppio taglio: se si è forti, quell’arma la si sa utilizzare; se si è deboli…”.
E in queste storie c’è sempre guarda a caso l’elemento psicologicamente fragile del sistema marcio.
Gotti Tedeschi si è salvato per il rotto della cuffia; David Rossi – entrato a far parte di un gioco più grande di lui, con uno “stress test” da giochi pirandelliani tra la “coincidentia oppositorum” dei più contraddittori contesti, non escluso l’”Eyes Wide Shut” di Siena – si è scompensato, e di fatto è “passato all’atto”.
Che si sia suicidato o che sia stato ucciso.
Le difese dell’Io fragile ad un certo punto saltano.
2. QUANDO DAVID ROSSI ACCOMPAGNAVA GIUSEPPE MUSSARI IN VATICANO
“Mio marito era uno che leggeva un libro, adorava il suo cane e andava a prendere le medicine in farmacia”
Antonella Tognazzi, Omnibus con Gaia Tortora
A pag. 255 de “Paradiso Ior”, gli autori osservano:
“Poteva mancare il Monte dei Paschi? –
Nel gennaio 2013 si ha notizia di una inchiesta sulla vendita (novembre 2007) a Banca Monte dei Paschi di Siena di Banca Antonveneta da parte del Banco Santander, che l’aveva acquistata solo due mesi prima realizzando una – molto sospetta – plusvalenza di 4 miliardi di euro.
Vale la pena di ricordare che il rappresentante in Italia del Banco Santander è Ettore Gotti Tedeschi, il quale è stato dal 2004 al 2007 e nuovamente dal 2009 – su nomina del ministro dell’Economia e delle Finanze, Giulio Tremonti – membro del consiglio di amministrazione della Cassa Depositi e Prestiti.
Dal 2009, quindi, è stato contemporaneamente presidente dello Ior (fino a maggio 2012), del ramo italiano del Banco Santander e consigliere di amministrazione della Cassa Depositi e Prestiti, incarichi che mantiene.
Mentre Michele Briamonte – avvocato dello studio torinese Grande Stevens nonché consulente legale dello Ior, e legale della Juventus Fc) – da aprile 2012 fa parte del consiglio di amministrazione del Monte dei Paschi, eletto nella lista dei soci privati guidata da Unicoop Firenze, che della Banca di Siena detiene il 2,7%.
Il 4 febbraio 2013 un articolo di Paolo Mondani sul “Corriere della Sera” cita una fonte anonima secondo la quale presso la sede della banca del Vaticano si sarebbero svolte “… importanti e delicate riunioni per la costruzione dell’operazione Antonveneta…
tra il direttore generale dello Ior, Paolo Cipriani, monsignor Piero Pioppo e Andrea Orcel, il banchiere di area cattolica che nel 2007 seguiva banca Santander nella scalata ad Abn Amro e subito dopo venne nominato advisor di Monte dei Paschi nella conquista di Antonveneta.”
Non a caso si parla dell’arcivescovo Piero Pioppo, che da luglio 2006 a gennaio 2010 è stato il Prelato dello Ior, ovvero l’ufficiale di collegamento fra i cardinali in capo alla banca del Vaticano e i “laici” del Consiglio di Sovrintendenza.
Il giornalista chiede al testimone come fa a dire che Orcel incontrò gli uomini dello Ior: “Ho visto molto perché per quell’operazione furono aperti almeno quattro conti intestati a quattro organizzazioni religiose che coprono cinque personaggi che hanno avuto un ruolo chiave nella costruzione dell’acquisto di Antonveneta”. I conti Ior si appoggerebbero presso la “Banca del Fucino, sede di via Tomacelli a Roma”.
Il testimone fornisce quindi alcune informazioni precise riguardo uno dei quattro conti, il 779245000141, aperto il 27 ottobre 2008, codice Swift “IOPRVAVX” che rappresenta la conferma dell’avvenuta ricezione di denaro; segue l’identificativo D779245000141 che “segnala il deposito di 100mila euro in contanti avvenuto il 21 novembre 2009”. Infine, su quel conto arrivano 1,2 milioni di euro in tre tranche da 400mila l’una che successivamente vengono interamente prelevati, soldi che sarebbero serviti a pagare “le persone utilizzate nel 2007 per organizzare la seconda vendita di Antonveneta”.
Nel capitolo 9 del libro “Morte dei Paschi – Dal suicidio di David Rossi ai risparmiatori truffati. Ecco chi ha ucciso la banca di Siena”, Elio Lannutti riporta: “… “I dirigenti dello Ior organizzarono incontri qui in Vaticano”, ha rivelato l’anonimo monsignore che lavorava nelle finanze vaticane”. Paolo Mondani di Report: “Mussari era accompagnato da qualcuno in quegli incontri, lei se lo ricorda?” “Veniva con David Rossi, il povero ragazzo scomparso tragicamente”.
“Paolo Mondani conclude:
“Aprire un conto allo Ior non è un reato, ma se un’organizzazione religiosa copre quel conto, perché lo fa? Ad oggi non ci sono risposte e per noi non è nemmeno possibile avere prova dell’esistenza del conto” perché ai computer dello Ior non si può accedere con pen-drive, né si possono fare stampate o scattare foto dato che un software impedisce a qualsiasi macchina fotografica di leggere la videata”. Per questa ragione il nostro testimone ha solamente un numero scritto a mano su un foglio di carta.
Rimane da chiedergli perché fa tutto questo. Risponde così: “L’opinione pubblica deve sapere
come stanno le cose, non c’è un altro modo, anche perché dall’interno il cambiamento non può venire”.
Il giorno dopo, sempre sul “Corriere”, si apprende che “la procura di Roma farà accertamenti per verificare l’esistenza di conti presso lo Ior attraverso i quali sarebbero transitate somme legate all’acquisto di Antonveneta da parte di Monte dei Paschi”, e che la stessa ha preso atto … di quanto pubblicato dal “Corriere della Sera”, e farà accertamenti su questo risvolto… Mentre secondo l’Ansa l’attenzione degli inquirenti della Procura di Roma potrebbe scaturire dal ruolo esercitato dai responsabili della banca vaticana, con particolare riferimento all’apertura di quattro conti intestati ad altrettanti istituti religiosi per coprire personaggi che avrebbero avuto un ruolo nell’acquisizione di Antonveneta.
La Santa Sede invece si è subito affrettata a smentire che siano avvenute quelle “importanti e delicate riunioni per la costruzione dell’operazione Antonveneta” di cui parlava la fonte anonima intervistata da Mondani. Il direttore della Sala Stampa della Santa Sede ha dichiarato che “le riunioni di cui si parla su Antonveneta non hanno mai avuto luogo”, escludendo che “dirigenti del Monte dei Paschi abbiano avuto possesso di fondi presso lo Ior”.
Il 6 febbraio gli ispettori della Banca d’Italia si presentano presso la filiale della Banca del Fucino di via Tomacelli, nella quale, attraverso quattro conti dello Ior, “sarebbero finiti parte dei soldi della maxitangente per l’acquisizione di Banca Antonveneta”. Oltre all’acquisizione del materiale relativo, i magistrati hanno dato mandato “agli investigatori del nucleo di polizia valutaria di fare accertamenti su quei depositi. Di capire innanzitutto se davvero sono dello Ior come sembrerebbe”.
Il 22 febbraio 2013 Franzo Grande Stevens, il capo dell’avvocato Briamonte, viene condannato dalla Corte d’Appello di Torino, “per il reato di aggiotaggio informativo, ovvero la diffusione di false informazioni al mercato” a un anno e quattro mesi di carcere e 600mila euro di multa, più “l’interdizione dall’esercizio dell’avvocatura” (viene in mente la battuta di Giuseppe Turani: la finanza è solo insider trading, ndr). Il procedimento riguardava – è andato in prescrizione il 25 febbraio – il contenuto di un comunicato sul meccanismo dell’equity swap che nel 2005 permise a Ifil, della famiglia Agnelli, di mantenere il controllo della Fiat. All’epoca dei fatti Grande Stevens era consigliere-consulente legale di Ifil.
Nella mattina del 24 febbraio 2013 (praticamente due settimane prima della morte a 51 anni di David Rossi, ndr), l’avvocato Michele Briamonte, uno dei legali dello Ior, e mons. Roberto Lucchini, appena sbarcati da un aereo privato, proveniente da Torino, vengono fermati all’aeroporto di Ciampino da cinque agenti della Guardia di Finanza. I finanzieri hanno un mandato di perquisizione e chiedono alla coppia di consegnare le borse e i documenti in loro possesso. “Con gran sorpresa dei militari, Briamonte e Lucchini mostrano il passaporto diplomatico del Vaticano”. Dopo “contatti telefonici con l’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede”, i due riescono a lasciare l’aeroporto e quindi a sfuggire alla perquisizione.
Dal verbale del controllo effettuato risulta che Briamonte sia riuscito a evitare la perquisizione grazie al passaporto diplomatico n. PD0000771 rilasciato dalla segreteria di Stato della Santa Sede in data 21 novembre 2012.
Qualche giorno dopo il direttore della Sala Stampa, padre Federico Lombardi, della Santa Sede precisa che “l’avvocato Briamonte, in quanto consulente dello Ior, che si serve dello studio legale del quale fa parte, dispone del passaporto di servizio per singole missioni all’estero effettuate per conto della Santa Sede. Tale documento, tuttavia, non ha valore in Italia per un cittadino italiano”. Briamonte non è quindi titolare di un passaporto diplomatico, ma di un passaporto di servizio, che non conferisce al portatore alcun tipo di immunità, come la Santa Sede stessa ha confermato.
Resterebbe da capire perché l’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede – quando, secondo notizie di stampa, fu contattata al momento del controllo in aeroporto – abbia in qualche modo confermato che quel documento impediva alla Guardia di Finanza di svolgere il proprio lavoro, di perquisizione autorizzata di un cittadino italiano in territorio italiano.
A maggior ragione – e sarebbe ancora più grave – se fosse vero che “dalla segreteria di Stato (di Sua Santità) arrivò l’input perentorio di non fare alcuna perquisizione.
Tanto che le Fiamme Gialle decisero di lasciarli andare”.
Il 5 marzo l’avv. Briamonte, consigliere di amministrazione del Monte dei Paschi di Siena, si vede “perquisire ufficio e casa nel centro di Torino, su ordine dei pubblici ministeri senesi che indagano sulle presunte malversazioni al Monte dei Paschi”.
Il 28 marzo si apprende che l’avv. Briamonte è indagato per riciclaggio dalla Procura di Roma e che potrebbe vedersi contestare il reato di false dichiarazioni sull’identità o qualità personali a pubblico ufficiale. Si è precisato che la scelta di inquisire Briamonte “risale a qualche tempo fa e nulla ha a che vedere con l’episodio avvenuto all’aeroporto di Ciampino”.
(le citazioni sono interamente tratte dal libro “Paradiso Ior” di Gabriele Di Battista, Carlo Pontesilli, Maurizio Turco)
“David Rossi, responsabile dell’aerea comunicazione di Banca Monte dei Paschi di Siena, si è ucciso questa sera gettandosi da un ufficio della sede dell’istituto a Rocca Salimbeni. Rossi era stato perquisito dieci giorni fa nell’ambito dell’inchiesta sul Monte ma non era indagato.”
(ANSA) – SIENA, 6 marzo 2013
Poche persone sanno che è stato il giornalista del Fatto Quotidiano Carlo Di Foggia a provocare l’irritazione di Mario Draghi in conferenza stampa, alla domanda su quale piano avesse il governo in materia di gestione del razionamento dei consumi energetici, il quale aveva precedentemente osservato in un articolo ripubblicato sulla rivista Fq Millennium: “… La vulgata vuole che siano stati i nuovi vertici di Mps, Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, a scoprire il trucco dei derivati trovando nella cassaforte di Vigni il contratto con Nomura su Alexandria (lo rivelò il Fatto a gennaio 2013)… Già nel 2010 le strane operazioni in liquidità avevano spinto Bankitalia a mandare gli ispettori. La situazione è così critica che ci ritornano a settembre 2011… L’ispezione si svolge nelle settimane cruciali della caduta del governo Berlusconi, l’arrivo di Monti e, come detto, l’insediamento di Draghi alla Bce. Forse la storia sarebbe cambiata se la bomba Mps fosse esplosa prima…”.
Vedi “Quello che nessuno dice di Draghi e Mps – Nel 2007 l’allora governatore non bloccò l’acquisto suicida dell’istituto padovano” di Carlo Di Foggia dell’agosto 2021.
E Mario, che poteva essere travolto come Antonio Fazio, da Londra fece sapere che avrebbe salvato l’Euro whatever it takes.
La scena si ripete nel dicembre 2021-febbraio 2022: Antonella Tognazzi va all’”assalto” del Quarto Potere, e poi Putin invade l’Ucraina: Draghi è salvato dall’emergenza, ieri serviva a superare la crisi del debito sovrano europeo oggi a salvare il mondo dalla III guerra mondiale.
La domanda è: quanto ancora lo Zeitstil sosterrà Super Mario?
di Alexander Bush