Che fine hanno fatto le spie degli ex paesi dell’Est?
Un bel film, nelle sale in questi giorni, è “Il ponte delle spie”, di Stephen Spielberg, la ricostruzione della vicenda del pilota americano Gary Powers abbattuto dall’Unione Sovietica a fine anni Cinquanta.
Riporta molto bene all’epoca della guerra fredda, che sembra lontana dalla nostra sensibilità di oggi quanto le guerre puniche.
Ma è davvero così lontana?
Qualche settimana fa, a fine novembre, l’ottimo programma di storia di Rai3 ha dedicato una puntata alla Stasi, il “Ministero della sicurezza” della DDR. Fra le altre cose ha menzionato il fatto che durante gli anni della Guerra Fredda esso aveva 200 mila (!) dipendenti, una spia ogni 59 abitanti.
Dalla sua fondazione nel 1950 fino alla sua dissoluzione nel 1990, la Stasi è stata l’occhio segreto con cui il regime comunista della DDR spiava i suoi cittadini. E anche a livello internazionale, la Stasi era all’avanguardia sia nello spionaggio che nel controspionaggio, una macchina perfetta, un “Grande Fratello” paranoico, capace di “decomporre anime”, riscrivere biografie e condizionare la politica internazionale.
200mila dipendenti…..!!
Solo della Stasi!
E tutto il resto dell’apparato di potere della DDR? Dove sono finiti quando è “caduto” il muro di Berlino? Tutti dissolti nel nulla? Gente altamente addestrata, vite dedite al controllo e la decomposizione delle anime……… Evaporati?
Dove sono finiti costoro?
E anche tutte le altre persone che hanno popolato le burocrazie più o meno potenti di tutti gli altri Paesi del Patto di Varsavia, e dell’Unione Sovietica, dove sono?
Ricordo le parole dell’ex-dissidente sovietico Vladimir Bukovskij, presidente dei Comitati per le Libertà, in un’intervista del 2007: «Gli europei sono così ciechi che non si rendono conto che d’ora in poi le retate a scopo politico in Europa saranno fatte usando agenti delle polizie segrete comuniste europee dell’Est».
Della biografia di Angela Merkel alla gente è stato dato in pasto quasi esclusivamente il fatto che è figlia di un pastore luterano, mentre ben più importante di quello che faceva suo padre è quello che faceva lei, che aveva un ruolo di primo piano nella dirigenza politica della DDR, la Germania comunista.
Quello che stanno imponendo all’Europa, un pezzetto alla volta, è l’internazionalismo comunista, dove per “democrazia” si intende, come nella DDR, il centralismo burocratico e il livellamento delle culture nazionali nel grande calderone dei popoli, tramutati in masse da educare al mono-pensiero e se necessario trasportare come buoi da una terra all’altra per ottenere un grande rimescolamento e livellamento delle idee. Mirando all’instaurazione forzata del materialismo dialettico universale.
Oggi, nel mondo alla rovescia, per cercare dei brandelli di verità bisogna guardare alla Russia di Vladimir Putin. Ritengo anch’io che Putin porti la responsabilità della sorte di molti dissidenti, ma se è pentito e convertito come sembra, sarebbe il compimento delle ultime parole profetiche di Fatima, datate 13 ottobre 1917.
Alessandra Nucci