“… Desidero esprimere la viva partecipazione con cui sono vicino alla famiglia Orlandi, la quale è
nell’afflizione per la figlia Emanuela di quindici anni, che da mercoledì 22 giugno non ha fatto ritorno a casa. Condivido le ansie e l’angosciosa trepidazione dei genitori, non perdendo la speranza nel senso di umanità di chi abbia responsabilità in questo caso.”
(Giovanni Paolo II, Angelus del 3 luglio 1983)
“Quid est veritas”, domandò Ponzio Pilato a Gesù Cristo “Veritas est ultima cognitio”
“La verità assoluta non esiste” Giancarlo Capaldo a Andrea Purgatori
Domenica 12 dicembre 2021, alle 9:14 di sera dopo la consueta passeggiata a piedi da Recco fino a Santa Margherita, rientro nell’abitazione di mia madre all’esito di due ore e mezza di esercizio ginnico, che serve anche a contrastare l’astenia divorante che dura ormai da tre mesi e mezzo dopo la II dose di vaccino Moderna, e mia madre esclama: “Sei arrivato in tempo! C’è il documentario di Andrea Purgatori su Emanuela Orlandi”. E così, cercando a tutti i costi di vincere la stanchezza – era per me difficile anche camminare –, decido di guardare la puntata di Atlantide.
Ma con la disperazione che mi assale. Ho già curato per Libertates la scorsa estate quattro puntate sul cold case di Emanuela Orlandi.
Torno sull’argomento soltanto perché il magistrato Giancarlo Capaldo è stato intervistato dall’ottimo Andrea Purgatori, e ha fatto delle rivelazioni a dir poco sconcertanti presentando il suo romanzo “La ragazza scomparsa”: c’è stata una trattativa segreta tra la Santa Sede e la Procura di Roma da lui presieduta – prima della sostituzione di Giuseppe Pignatone, che avocò a sé l’indagine archiviandola – per la chiusura alla pubblica opinione della tomba di Enrico De Pedis nella Basilica di Sant’Apollinare, in cambio della dichiarazione di volontà da parte del Vaticano a indicare il ritrovamento del cadavere di Emanuela Orlandi, di 15 anni.
Ci fu un incontro kafkiano tra Capaldo e due alti prelati della città dello Stato del Vaticano nella Procura di Roma (dunque in territorio italiano), al quale erano presenti altre persone e che è stato registrato. Capaldo forse rischia la sua stessa vita per aver raccontato questi fatti, confermando tra l’altro durante l’intervista inquietante ad “Atlantide” l’attendibilità della teste Sabrina Minardi che era l’amante del boss della Banda della Magliana Enrico De Pedis (molti contestano che gli venga attribuita post mortem la patente di capo della Banda della Magliana, ma lo era a tutti gli effetti come erede dello spacciatore Franco Giuseppucci): scrissi nelle precedenti puntate, che a mio giudizio di osservatore comune la Minardi era attendibile (prima di pasticciare probatoriamente le sue stesse dichiarazioni per minacce di morte in relazione al da lei denunciato occultamento del cadavere di Emanuela in una betoniera di Torvaianica a Roma con il piccolo Domenico Nicitra (in realtà morto nel 1993), poiché conosceva particolari della personalità di Roberto Calvi con cui entrò in relazione che solo persone che lo conoscevano bene, potevano sapere: “… Calvi era un po’ nevrotico, quasi incapace di fare l’amore, era molto cerebrale (parlavamo molto), e l’unica persona pulita tra i delinquenti che frequentavo che pagò le cure di chemioterapia a mia madre e mi regalò una villa a Capri” (la Minardi la perdette per il vizio della cocaina che l’avrebbe distrutta, ndr).
Orbene, le descrizioni da parte della citata “superteste” arrestata nel 2008 poiché reo confessa di
concorso in sequestro nella persona di Emanuela Orlandi, combaciano alla perfezione con l’“identikit personologico” di Roberto Calvi, presidente del Banco Ambrosiano, tracciato a suo tempo da Piero Ottone nel libro “Il gioco dei potenti”: Sabrina Minardi era testimone in presenza diretta di certi eventi, e non poteva inventarseli (sic!): consegnò la povera Emanuela a monsignor Paul Marcinkus, ancorchè da un punto di vista “sub-processuale” (ed è complicatissimo spiegarlo bene). Veniamo così all’intervista di Purgatori a Giancarlo Capaldo, che qui si riassume quasi integralmente – nonostante vergognosamente la stampa italiana non ne abbia fatto nemmeno cenno (anche Il Fatto Quotidiano non si è occupato dell’incredibile svolta giudiziaria):
Purgatori: “Grazie (di essere qui, ndr) perché è la prima volta che lei viene in uno studio televisivo?”
“In questi contesti sì”.
“Senta, lei è stato il penultimo magistrato a indagare sul caso di Emanuela Orlandi, perché l’ultimo di fatto è stato il procuratore capo che prima ha avocato a sé e poi ha archiviato l’inchiesta. E’ così?”
“Sì, io me ne sono occupato fino al momento in cui il procuratore Pignatone ha ritenuto di dover archiviare l’inchiesta (il volto onestissimo del galantuomo Capaldo è visibilmente segnato da una grande amarezza mista a disincanto, ndr). Senta, lei ha scritto un romanzo: “La ragazza scomparsa” che è un romanzo a tutti gli effetti. Però voglio dire, all’interno la storia riconoscibilissima tra le righe è quella di Emanuela Orlandi. Lei si è sentito più libero di scrivere quello che non ha potuto dire quando era magistrato attraverso un romanzo?”
“Sì, ho scritto un romanzo perché ho pensato che nella mia esperienza di magistrato c’erano e ci sono molti casi che meritavano un’attenzione differente. Uno di questi casi è sicuramente quello di Emanuela Orlandi. Ho preferito la strada del romanzo per discutere, parlare, approfondire anche, gettare delle sensazioni sull’argomento piuttosto che un saggio giudiziario di riscrizione del processo o di valutazione delle prove dal punto di vista tecnico-giuridico perché il romanzo ti consente di, rapidamente, sintetizzare delle situazioni che altrimenti processualmente richiederebbero molto tempo. Mi sono sentito quindi più libero. Il mio scopo era quello di riscrivere una storia complessa di un ambiente complesso, non necessariamente tutto vero ma il nocciolo di quello che avevo capito, e secondo me diciamo costituisce la verità di quel caso.
“Allora, siccome si tratta di un romanzo giallo non possiamo raccontare come va a finire. Però ci sono due aspetti di questo libro che lei ha scritto che secondo me sono particolarmente importanti. Il primo è il contesto, qui si parla nel romanzo chiaramente di un giro di pedofilia. Di un giro nel quale sarebbe stata risucchiata Emanuela. Rimasta viva forse per un certo periodo (è questa l’ipotesi?)”.
“Il romanzo cerca di gettare una luce su alcuni difetti molto gravi che hanno dei mondi, il mondo del Vaticano che non vuole descrivere compiutamente e risolvere in un solo… Ma bisogna avere il coraggio, mi sembra che negli ultimi anni sostanzialmente anche il Vaticano sotto questo profilo si è mosso: avere il coraggio di capire che cos’è che è distorsivo”.
“Il lato oscuro”.
“Il lato oscuro, e perché c’è un lato oscuro in un contesto così importante per quasi un miliardo di persone com’è il Vaticano”.
“Quindi possiamo dire che Emanuela è finita dentro il lato oscuro, questo lato oscuro di cui stiamo parlando?”
“Emanuela è secondo me un sospetto, perché non posso parlare di una prova ma di un sospetto significativo che nasce dal mettere insieme una serie di elementi… che sia una delle vittime di questo sistema oscuro”.
“Senta, dottor Capaldo, poi sulla scomparsa di Emanuela e su quello che presumibilmente è accaduto, perché una delle ipotesi che lei ha fatto anche durante la presentazione di questo romanzo, è che Emanuela possa essere rimasta viva per un certo periodo di tempo – dopo la sparizione.
“Sì, questa conclusione io la deduco perché do attendibilità alle dichiarazioni rese da una teste, Sabrina Minardi”.
“Che era la compagna di Enrico De Pedis”.
“Era la compagna per una parte di Enrico De Pedis ed era la testimone che ha messo in evidenza il collegamento della Banda della Magliana con il caso Emanuela Orlandi. Tenga conto che questo collegamento in realtà c’è stato fin dall’inizio, l’istruttoria nei primi anni. C’era qualcuno nell’ambito della polizia che aveva pensato che la Banda della Magliana c’entrasse con questa storia. Poi questa pista è stata diciamo abbandonata, anche se vi erano degli identikit sulla base delle testimonianze raccolte dagli amici di Emanuela che ci portavano alla identificazione di alcuni personaggi della Banda della Magliana”.
“Poi però si arriva a un punto di svolta, quando qualcuno segnala il fatto che Enrico De Pedis, ucciso nel ’90 da un killer qui a Roma, è sepolto nella Basilica di Sant’Apollinare che è lo stesso complesso dove è sparita Emanuela.
“Certamente, questo accadimento – la sepoltura di un boss della Banda della Magliana, anche se ci si tiene a dire che non è mai stato colpito da una sentenza definitiva, anche per la prematura morte, perché lui è stato ucciso nel ‘90”
“Lo sapevano tutti…”
“Però è un personaggio diciamo riconosciuto unanimemente come uno dei grossi esponenti della Banda della Magliana”.
“Il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana (Ugo Poletti, ndr) dà una dispensa speciale per tumulare Enrico De Pedis. E’ quasi una cosa da non credere” (Andrea Purgatori a Emiliano Fittipaldi, ndr)
“Sì, è un episodio inspiegabile e inspiegato. O meglio, spiegabile facilmente con quell’ipotesi di collusione, di contatti di De Pedis con un certo mondo, in particolar Don Vergari.
“E poi, non soltanto. Con monsignor Marcinkus che in quel momento era il deus ex machina, il banchiere di Dio dello Ior, la banca del Vaticano”.
“Sì, certamente. Anche se bisogna comprendere che De Pedis è quello che – almeno nella valutazione complessiva che io, come tanti altri danno della vicenda della Banda della Magliana – ha fatto fare alla Banda della Magliana un certo salto di qualità, facendola diventare da una banda di criminali, rapinatori e spacciatori di droga, a un’agenzia del crimine usata dal mondo politico, da una parte del mondo politico per sistemare delle problematicità che sorgevano volta per volta.
“Per problematicità si intende anche ammazzare qualcuno, perché sparare a Rosone – vicepresidente dell’Ambrosiano…
“Volevo rispondere alla domanda del perché sia stata riconsegnata (Emanuela, ndr) al Vaticano.
Ritengo non per una mia valutazione autonoma, ma perché la Minardi parla nelle sue deposizioni di questa stranissima circostanza”
“Cioè riconsegnata Emanuela al Vaticano”.
“A un monsignore vicino al Vaticano, parla di questo episodio di cui nessuno fino a quel momento ha mai parlato, mai ipotizzato. Perché tutti hanno ipotizzato in genere che Emanuela Orlandi era stata vittima di qualche balordo o oppure di un sistema diciamo collegato a qualche festino dove era stata rapita per poter avviare una trattativa, e poi che questa trattativa potesse essere andata a buon fine con la riconsegna di Emanuela.
“Lei ha detto una parola chiave: trattativa. Perché cosa succede?”
“Succede che nel momento in cui esplode il caso di De Pedis sepolto dentro la Basilica di Sant’Apollinare, questa cosa per il Vaticano – e stiamo parlando però di moltissimi anni dopo – diventa un caso di grande imbarazzo.
“A quel punto che succede?”
“A quel punto accade che io mi ritrovo a essere procuratore reggente di Roma, e chiedono di conferire con me due – non voglio dare indicazioni al riguardo – due personaggi importanti che
ricoprivano cariche importanti, anche sotto il profilo di queste dimensioni politico-criminali o comunque investigative.
“Siamo nel periodo del papato di Ratzinger”.
“Siamo nel periodo in cui il Papa era Ratzinger. E siamo nel periodo in cui, a cavallo tra il 2011 e il 2012. Queste persone vengono ricevute in Procura, come lo avevano chiesto, e avevano il diritto di chiedere. E sostanzialmente si lamentano con me perché il Vaticano è a loro avviso sottoposto continuativamente a una sorta di discredito da parte della stampa, per il suo presunto – e non vero, ovviamente – coinvolgimento nella vicenda di Emanuela Orlandi e nella vicenda della sepoltura di De Pedis. E chiedevano, diciamo, come le indagini potessero portare ad una conclusione che risolvesse il problema del Vaticano, che risolvesse sostanzialmente il pericolo che il Vaticano venisse sempre additato come la bestia nera e anche per il collegamento con la tomba di De Pedis, e quindi l’importanza che il Vaticano riteneva della riesumazione del corpo di De Pedis per eliminare sostanzialmente da Sant’Apollinare un cadavere troppo ingombrante”.
”Traduco: per cortesia, aprite quella tomba, tirate fuori quello che c’è, così noi chiudiamo questo capitolo che ha a che fare con la sepoltura di questo signore lì dentro”.
“Sì, il Vaticano gradiva la riesumazione rapida del corpo di De Pedis”.
“In cambio?”
“… Feci loro presente che la riesumazione non era una priorità delle indagini, perché era difficile immaginare – così come molta parte della stampa in quel momento diceva che andava aperto perché era possibile che il corpo di Emanuela fosse nella stessa tomba di De Pedis. Vista la distanza tra i due episodi – l’83 Emanuela e il ’90 De Pedis –, questo era impossibile. Abbastanza improbabile. Però io dissi, l’importanza in questi casi – ciò mi è dato dalla mia esperienza di magistrato che si è occupato delle giunte militari sudamericane e quindi la scomparsa di decine di migliaia di desaparecidos – è che i parenti delle vittime vogliono eh eh… trovano pace anche quando ad avere il cadavere del loro caro, quello è un passaggio molto importante perché i parenti che hanno avuto figli torturati, uccisi, il cadavere ritrovato: hanno raggiunto la pace”.
“E quindi? Nel caso specifico?”
“E quindi nel caso specifico che questo accadesse anche per la famiglia Orlandi, io penso che sarebbe un modo per sostanzialmente levare l’attenzione su tutto”.
“Queste due persone presero atto di questo mio punto di vista e si riservarono di sentire alcune persone più in alto nella gerarchia (avete capito bene?, ndr) per darmi una risposta. La risposta avvenne qualche settimana dopo e fu positiva, per cui a quel punto aspettavo e speravo di trovare una soluzione”.
“Mi scusi, la devo fermare su questo perché il punto è cruciale: la disponibilità era quella di fare in modo che il corpo di Emanuela venisse ritrovato”.
“La disponibilità era quella di fare in modo di mettere a disposizione ogni loro conoscenza, ogni loro indicazione per arrivare a questa conclusione”.
“Va da sé che se io do una disponibilità del genere, so dove sta il corpo”.
“Questa è una deduzione (infatti mi viene in mente Immanuel Kant: attenti a non cadere nella trappola dei paralogismi!, ndr)”.
“C’è stato un momento storico in cui si è verificato un cambiamento, con il papato di Joseph Ratzinger”.
“Se domani la convocassero (in Procura, ndr) lei andrebbe?”
“Qui c’è un punto, no mi scusi… E’ evidentemente la mia curiosità. Lei conosce l’identità di queste due persone? Io li chiamo prelati, ma sono due persone che sanno di questa storia molto più di quello che è stato raccontato ed è stato detto”
“Sentiamo il dottor Capaldo”.
“Rispondo facilmente alla sua domanda. Se fossi convocato dalle autorità vaticane, io andrei a spiegare nell’ambito di un’attività giudiziaria seria”.
“No do il nome in pasto a un’opinione pubblica generica, perché mi sembrerebbe diciamo come dire scorretto rispetto a quello che è avvenuto”.
“Le cose che non posso dire sono tre: 1) i nomi delle persone, non posso dire in questa sede – per esempio in una sede di audizione formale – chi sono queste persone, se erano presenti oltre a queste due persone e a me altre persone”
“Perché ce n’erano altre?”
“Non posso dirlo, non lo dico. E se per caso il colloquio è stato registrato. A queste tre domande io non rispondo. Risponderò soltanto a chi ha il titolo per chiederlo”.
“No, però ha aggiunto un paio di notizie mica da poco. Se c’è una registrazione, addirittura…”.
“No, non posso…”.
“Allora, per ipotesi se quel colloquio fosse stato registrato in Procura sul territorio italiano, chi lo doveva registrare? La Procura di Roma, non certo il Vaticano”.
“Certo”.
“Lei capisce, lei dice una cosa e io le faccio immediatamente una domanda. Non credo che vengano due prelati con il registratore in Procura, il registratore se mai sta già in Procura”.
“Non le dico che in Procura c’era il registratore, ci sono i registratori. No, le dico cos’è che io sono disposto a dire in una trasmissione come autore e scrittore”.
“L’ipotesi che faccio io, è che per esempio lei non fosse l’unico magistrato presente. E’ possibile?”
“E’ una possibilità astratta, anche a questa domanda io non rispondo”.
“Su queste cose che ha detto il dottor Capaldo, è scattata immediatamente la cortina del silenzio. No, perché bisogna dirlo (Purgatori si rivolge a Pietro Orlandi, ndr)
“Sono ancora vive queste persone?”
“Sì, sono ancora vive” (Capaldo sorride, ndr)”.
Tre sono immediatamente le ipotesi da fare: 1) all’incontro very secret dell’allora procuratore Capaldo che compare anche nel film elegantissimo e cosmopolita “La verità sta in cielo – Il caso Orlandi Tutto così incredibilmente vero da sembrare impossibile” di Roberto Faenza, era presente Joseph Ratzinger poiché era l’uomo “gerarchicamente” sovraordinato ai due prelati menzionati quale garante “primus super pares” della cosiddetta trattativa tra lo Stato Italiano e la Santa Sede, 2) Ratzinger si dimette in seguito da Pontefice – per ammissione dello stesso Capaldo – anche per il condizionamento pesante dal punto di vista psicologico su di lui prodotto dalla c.d vicenda Emanuela Orlandi (forse perché travolto da quegli stessi poteri oscuri che tentava di bloccare), 3) Sabrina Minardi, la ex superteste interrogata nel 2008 dalla Procura della Repubblica del Tribunale di Roma, deve tornare a parlare del caso Orlandi in maniera ineditamente completa – cioè a 360 gradi, senza autogol e/o “falsi probatori” come quello sulla “pista eterodiretta” di Domenico Nicitra, in concomitanza con la disponibilità di Giancarlo Capaldo a parlare.
Ma c’è un quarto punto, in verità. Ed è contenuto nell’inutile libro di Andrea Busio “Emanuela Orlandi” edito da La Gazzetta dello Sport che appartiene al dannoso filone negazionista di Pino Nicotri: “Il primo appello del Papa – Domenica 3 luglio (1983, ndr), a undici giorni dalla scomparsa di Emanuela, durante l’Angelus Giovanni Paolo II pronuncia un appello: “Desidero esprimere la viva partecipazione con cui sono vicino alla famiglia Orlandi, la quale è nell’afflizione per la figlia Emanuela, di quindici anni, che da mercoledì 22 giugno non ha fatto ritorno a casa, non perdendo la speranza nel senso di umanità di chi abbia responsabilità per questo caso. Elevo al Signore la mia preghiera perché Emanuela possa presto ritornare incolume ad abbracciare i suoi cari che l’attendono con strazio indicibile. Per tale finalità invito anche voi a pregare”. Papa Wojtyla non ha fatto avvisare gli Orlandi, che vengono colti di sorpresa. “Nessuno ci aveva avvertito di ciò che il Papa avrebbe detto in pubblico, e nessuno aveva chiesto il nostro parere” commenterà il padre di Emanuela. Immediatamente il SISDE, che sino a quel momento ha sostanzialmente lasciato che l’agente Gangi si muovesse in autonomia, entra in scena con i pezzi da novanta…”.
Tra cui Vincenzo Parisi, che stilò l’identikit dell’Americano: Paul Casimir Marcinkus.
Oggi lo sappiamo: da chi riceve la notizia Giovanni Paolo II che Emanuela Orlandi è stata rapita (sic!), bypassando gli stessi familiari che non mette al corrente della propria scoperta?!
E’ molto probabile: da Enrico De Pedis, attraverso però la mediazione di Marcinkus: perché De Pedis localizzò segretamente – in ipotesi sub-probante – la prigione dove i due “pedofili dei prodotti Avon” che avevano già fatto sparire Mirella Gregori un mese e mezzo prima, avevano nascosto la povera Emanuela: questa appare ex post una certezza storica ancorchè in maniera ambigua, ma non processualmente parlando. Però la soglia probatoria necessaria al rinvio a giudizio venne sfiorata.
E’ l’antefatto della trattativa Stato/Vaticano tra la Procura di Roma e il Vaticano nella persona giuridica del dottor Capaldo: si tratta di un fatto certo quantomeno storicamente parlando, al di fuori delle considerazioni tecnico-giuridiche che pure sono imprescindibili: “Io termino la mia reggenza perché a capo della Procura viene nominato Giuseppe Pignatone e dall’altra parte in Vaticano si iniziano una serie di grandi manovre o di scontri sotterranei, come è costume probabilmente in quel contesto, intorno a Papa Ratzinger. E sappiamo poi che Papa Ratzinger da lì a un anno neppure si dimetterà”, Giancarlo Capaldo dixit.
Ps – E’ lo sfondo della fine della civiltà occidentale, secondo Oswald Spengler. Infelice e realista nella sua tragedia esistenziale da misantropo che odiava se stesso. Ma la famiglia di Emanuela ha
diritto alla pace, dopo uno strazio indicibile durato ad oggi 38 anni.
Forse il prezzo da pagare è il crollo definitivo della Chiesa Cattolica, che ha pagato l’errore madornale di non aver voluto la “controriforma di Martin Lutero”: la superiorità del capitalismo sul cattolicesimo intesa nel senso di “autos nomos” dell’individuo.
Indro Montanelli sarebbe d’accordo con chi scrive.
di Alexander Bush