Ho ritrovato il termine “animale uomo” nel recente articolo di un famoso quotidiano.
Non intendo riferirmi qui al famoso libro di Desmond Morris sul tema, quanto piuttosto… esporre una mia banale riflessione.
Riflettendo per conto mio ho infatti pensato come vi sia qualcosa di “più che animale” nell’uomo, qualcosa di chiaramente “barbaro” e che ogni tanto, nella storia umana, sia capitato che un grande barbaro – non contento di tenere per sé questa caratteristica – riesca a trasformare milioni di esseri umani in milioni di barbari suoi seguaci convinti. Inutile qui portare esempi e fare nomi (ve ne sono davvero troppi!).
E mi sono domandato che cosa faciliti questa predisposizione umana alla barbarie singola e collettiva. A quali bisogni interiori e a quali interessi morali e/o politici e/o economici la barbarie (ovvero la crudeltà gratuita unita all’odio e all’assoluto disinteresse per l’Uomo, la sua storia, la sua cultura) venga incontro. E mi sono chiesto se sia solo la guerra il principale modo di esprimersi della barbarie stessa.
Eppure la guerra ha – come noto – plasmato gli uomini e quindi il mondo! Senza le guerre molto del nostro progresso (scientifico, tecnico, medico ecc.) non vi sarebbe stato…
Quindi nella barbarie c’è anche tanto di positivo?
Segnalando infine che:
secondo F. Nietzsche “la crudeltà costituisce la grande gioia festiva della più antica umanità… senza crudeltà non v’è festa”;
e che secondo E. Fromm l’aggressività distruttiva è culturale ed è ciò che distingue l’uomo dagli altri animali,
inviterei i nostri lettori a esprimere la loro opinione sull’argomento, in considerazione anche di quanto sta accadendo attualmente nel mondo.
di Bruno Goatelli