Da alcuni anni in Italia (come in altri Paesi) è nata la passione per le “authority” all’americana.
Sono enti che dovrebbero essere in linea teorica utilissimi: controllano, regolano, verificano l’esistenza di un libero mercato, combattono cartelli, accordi segreti, monopoli in settori dell’economia particolarmente importanti e delicati per il singolo cittadino senza avere i vincoli e le problematiche degli enti statali: negli USA hanno avuto (e hanno) grandissimo peso ed efficienza authority come la SEC (che controlla la borsa), l’antitrust (che controlla gli eventuali monopoli), la Port Authority ecc ecc
E qui in Italia?
Attualmente ce ne sono nove, tutte con relativi funzionari, sedi, direttori, presidenti, budget milionari: come è d’obbligo per ogni ente o struttura che si rispetti.
Ma come funzionano?
Qui nascono i primi sospetti sull’effettiva utilità di questi enti.
Proprio in questi giorni ne abbiamo avuto esempi eclatanti con il caso Ligresti.
L’ineffabile costruttore (erede di Ursini, a sua volta erede del famoso “banchiere di Dio” Michelangelo Virgillito, ambedue andati in bancarotta), amico di potenti e politici è stato arrestato con due accuse molto precise:
- aver truccato i bilanci abbattendo le “riserve sinistri” (cioè quei fondi che le assicurazioni devono accantonare in previsione dei sinistri, in pratica il cuore di ogni attività assicurativa)
- aver truffato i piccoli azionisti creando la seconda assicurazione italiana (la Fonsai) senza fare alcuna OPA (cioè accordandosi con Mediobanca senza lanciare un’offerta pubblica anche ai piccoli azionisti che sono rimasti a bocca asciutta)
Ma chi avrebbe dovuto controllare tutto questo?
Due delle authority più importanti: la Consob (che vigila sull’attività di borsa) e l’Isvap (che vigila sulle assicurazioni).
Nessuna delle due in dieci anni ha mai fatto un’inchiesta o porto delle domande ai Ligresti: un silenzio assordante.
Poi si è scoperto (ma lo si sapeva anche prima) che Ligresti, grazie alla sua amicizia con i potenti di turno, era amico del presidente dell’Isvap a cui aveva fatto balenare la possibilità di diventare presidente di una authority più importante: ovviamente in cambio del silenzio…
Tutto questo perché queste “authority all’italiana” non sono altro che emanazioni dei partiti che trovano qui un’occasione per collocare politici trombati, amici, soci d’affari ecc ecc
Ne abbiamo un ulteriore esempio con la neonata authority dei trasporti: al vertice tre personaggi; uno nominato dal Pdl, uno dal Pd e uno dai burocrati del ministero: cureranno gli interessi dei cittadini e della libera concorrenza oppure quelli dei partiti o della casta di riferimento?
Perché non si fa come negli USA? Le nomine avvengono ad opera del Presidente che ne è ovviamente l’unico garante e l’unico referente: l’authority risponde a lui e se non funziona i cittadini sanno a chi dare la colpa…
Ma questo sarebbe un altro piccolo ma importante colpo a quella partitocrazia affaristica e stracciona da cui non riusciamo a liberarci
Angelo Gazzaniga