Le manovre “chissàcomesichiama” nel centrodestra

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Non poteva che finire così: impossibile per un politico dotato di autonomia intellettuale rimanere a lungo nello stesso partito abitato da Berlusconi. Dunque, Alfano e il suo nuovo contenitore “chissàcomesichiama” rispondono a una logica.
D’accordo, ma la cosa depone comunque molto male per tutto il centrodestra. Suona infatti come un’ammissione politica di impotenza e miopia, devastante di fronte all’opinione pubblica, il fare le valige in seguito a contrasti personali per poi spostarsi di qualche centinaio di metri e andare a fondare un altro partito, senza una qualsiasi differenza significativa di programma rispetto al vecchio (per di più nella prospettiva di costruire subito un’alleanza di comodo con i vecchi compagni di stanza alla prossima tornata elettorale). Terribile immagine pubblica se si ripensa a quel partito, pomposamente denominato poco tempo prima “Popolo della Libertà”, che avrebbe dovuto rappresentare l’intera l’opinione pubblica, se non proprio liberale, almeno genericamente non di sinistra. Il bello è che, proprio mentre l’unità del centrodestra se ne va in pezzi, alcuni sondaggi danno quest’ultimo in ascesa: la spiegazione sarebbe che, aumentando l’offerta di partiti e partitini, si invogliano gli elettori a provarne uno nuovo. E infatti, oltre alla Nuova Forza Italia di Berlusconi e al “chissàcomesichiama” di Alfano, sono già in campo i Fratelli d’Italia (Crosetto-Meloni-Alemanno) e naturalmente la Nuova-Vecchia Destra di Storace, senza contare la variante padana della Lega. In questo pittoresco panorama, con un aggregarsi e sciogliersi di micro entità che costituiscono la delizia dei vari Casini, Mauro (scissionista da Monti), Monti (scissionista da se stesso), mini partiti liberali e altri avventurosi che si profilano all’orizzonte, il valzer delle sigle maschera un vuoto che si finge di riempire con qualche slogan di comodo (del tipo “riforma elettorale subito!”, naturalmente senza specificare quale).
Probabilmente il risultato sarà una polverizzazione che farà risaltare per contrasto la proposta di Renzi, il quale dovrebbe accreditarsi come “uomo solo al comando” della sinistra. Ma qualunque sia il risultato nel Pd, l’effetto delle manovre “chissàcomesichiama” a destra è evidente fin d’ora: riciclaggio di vecchi arnesi; astute alleanze di corridoio per strappare qualche buona candidatura, millantando iscritti e spostando bandierine di movimenti soltanto sulla carta; e naturalmente nullità programmatiche e completa indifferenza ai valori (caratteristica funzionale ad accordi e alleanze da stipulare con chiunque).
Triste vicenda, quella di Alfano, che ricorda da vicino l’altra di Fini: anziché tenere il punto dentro al partito, a costo di perdere la poltrona e finire in minoranza, si sceglie l’uscita di sicurezza e chi s’è visto s’è visto. Può darsi che Alfano finisca nel nulla come Fini oppure no: di certo è portatore quanto lui di una cultura timida, arroccata su se stessa, incapace di parlare ai giovani, sostanzialmente succube dell’egemonico cominformismo di sinistra. E invece, soltanto costruendo un unico, grande partito aperto e rappresentativo dell’intero centrodestra, veramente liberale e democratico, si può sperare di cambiare davvero l’Italia. I Comitati per le Libertà, contro le astuzie correnti e persino contro l’evidenza, continuano a crederci.

Gaston Beuk

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Gaston Beuk
Gaston Beuk è lo pseudonimo di un noto giornalista e scrittore dalmata. Si definisce liberale in economia, conservatore nei valori, riformista nel metodo, democratico nei rapporti fra cittadino e politica, federalista nella concezione dello Stato e libertario dal punto di vista dei diritti individuali.

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