Con il galateo tanta “parolacce” sono state soppresse e sostituite da “simpatiche” perifrasi
Per buona parte dell’ era cristiana, le parole che indicavano parti intime del corpo, organi ed atti sessuali, e le emissioni corporee, erano usate normalmente senza pudori, senza ipocrisie. Dante dice di un condannato all’inferno: ed egli “avea del cul fatto trombetta”.
Poi, a partire dall’arrivo dei primi galatei, che dettavano legge su come comportarsi e su come parlare, con un crescendo che trovò compimento nell’ottocento, si iniziò a bandire le parole che tali organi e tali funzioni definivano in quanto sconvenienti.
Ma siccome, ogni tanto, quegli organi e quelle funzioni dovevano comunque venire menzionati, si inventarono per nominarli altre parole che si riferivano indirettamente a quello che si voleva mezionare, anche ricorrendo a giri di frase. Sono di conseguenza nate tante parole, anche di origine dialettale, che fanno degli organi sessuali e delle emissioni corporee i soggetti definiti con il maggior numero di parole rispetto ad altri.
Si arrivò all’assurdo di cambiare nome al grande condottiero Bartolomeo Colleoni che in realta si chiamava Coglione e ne era fiero. “ Triplice egli ebbe in su l’invitto scudo il carnal segno della maschia possa” scrisse D’Annunzio. Titolo della sua biografia di Pietro Spino: Historia della vita et fatti dell’eccelentissimo capitano di guerra Bartolomeo Coglione .
E’ nata, così, l’ipocrisia del linguaggio, per cui se uno dice certe parole è volgare, maleducato, mentre se ne dice altre che significano la stessa cosa è persona ammodo.
Ma, le parole considerate sconvenienti sono rimaste negli insulti, negli inviti ingiuriosi a fare cose ritenute volgari, per dare maggior peso a quello che si dice, poiché è implicito che il termine proibito contenga maggiore cattiveria e maggiore disprezzo.
Non si dice: vai ad andare di corpo, non si dice: sei una testa di membro maschile, come non si dice: è una bella casa di tolleranza per indicare disordine, confusione o peggio.
Ora, tuttavia, certi tabù stanno scomparendo ed espressioni già ritenute indicibili si sentono in bocca a giovani ed adulti, maschi e femmine, che si ritengono beneducati. E molte parolacce ed espressioni ingiuriose stanno perdendo il loro riferimento concreto al significato primordiale per veleggiare alte su significati propri nati dall’uso e che talvolta fanno sorridere.
Così, anche se tutti capiscono cosa voglia dire, non pare abbia alcun significato concreto la contumelia di qualche signora ammodo che osa dire: non mi rompere i …. perché è carente di quegli attributi.
Né pare razionale identificare con ogni ignominia la testa di un membro, quando è noto che praticamente tutta l’umanità, maschi e femmine, pare apprezzarla non poco.
D’altronde, anche il significato spregiativo ed ingiurioso del popolarissimo vaffa è relativo, perchè non pochi lo praticano con molto gaudio. Per cui chi lancia l’ingiuria, prima di farlo, dovrebbe accertarsi sulle abitudini sessuali del suo bersaglio per non correre il rischio, di lanciare non un’ingiuria, ma una gioiosa esortazione a cose piacevoli.
E’ di tutt’altra origine una parola che, dagli albori del cristianesimo, sta ad indicare gli attributi maschili. Nella versione in latino di un Vangelo, i due apostoli Giacomo e Giovanni vengono definiti “due di uno”, cioè due figli di un solo padre, Zebedeo. Così, non si sa per quale malizia o per la cattiveria di chi, i due di uno, cioè gli zebedei, assursero alla sfortunata dignità di definire quegli organi.
Per cui la suddetta signora invece di dire la volgarità sopra menzionata, potrebbe esprimere lo stesso concetto in modo più elegante dicendo: non mi infrangere gli zebedei.
Oppure dirlo in latino. Sulla morte di Archimede, il grande scienziato siracusano, ci sono varie versioni di Polibio, Plutarco, Tito Livio, nessuna dimostrabile. Ma una delle versioni possibili è la seguente: Archimede è intento ai suoi studi tracciando circoli e segni geometrici quando un legionario romano, da poco entrato vincitore nella nemica Siracusa, lo interpella. Ma lo scienziato non vuole essere disturbato e risponde “ noli turbare circulos meos” ( non disturbare i miei circoli ), espressione che potrebbe avere significato anche: non rompere i… Ma una tale espressione non può essere detta impunemente ad un fiero legionario romano che, seduta stante, lo uccise.
Allora la signora chic potrebbe fare un figurone dicendo anche: noli turbare circulos messo.
Ettore Falconieri