Cambiano gli Stati, le istituzioni, ma certi privilegi sono uguali dappertutto
Che i peggiori nemici dell’Unione Europea siano coloro che non vogliono riformarla in modo radicale, è una verità ormai diffusa. Ma l’altro grande equivoco, che cioè la Ue possa autoriformarsi per la buona volontà di qualche gruppo parlamentare a Strasburgo, è destinato anch’esso a cadere molto presto. Basta gettare un’occhiata alla pensione che è stata assegnata al presidente uscente della Commissione, Jean-Claude Juncker: circa 22 mila euro al mese, vita natural durante. Che si aggiunge alle altre maturate nel suo Paese, in Lussemburgo, sufficienti a far sembrare quelle famose di Giuliano Amato puro reddito di sussistenza. Quanto alla miracolata di Matteo Renzi, tale Mogherini, catapultata da una cattedra di liceo all’Alto Comissariato della Ue – dove per sua fortuna è passata del tutto inosservata – potrà contare a risarcimento delle sue prestazioni circa 20 mila euro mensili (avendo 47 anni, dovrà soltanto armarsi di pazienza e procurarsi qualche altro incarico fino alla maturazione dell’età). Ma perché prendersela con i due miracolati euroburocrati? Sarebbe ingiusto, dal momento che per gli eurodeputati che non sono stati rieletti è già pronta una “indennità di transizione” calcolata fra il 40 e il 65 per cento dello stipendio base, per un periodo fino a 24 mesi. Il tutto a spese del contribuente, che in Italia si è già accollato il dolce peso della riforma pensionistica a quota 100. Ma ritornando all’Europa, e con queste premesse, quale politico, eurodeputato o funzionario, fra Helsinki e Nicosia, sarebbe tanto pazzo da dire sì a una qualsiasi “autoriforma” delle regole e dei bilanci?
di Dario Fertilio