Ogni cittadino dovrebbe poter andare in pensione quando vuole, come vuole e con la pensione che ha deciso di avere.
Questo implica che la gestione pensionistica sia fatta secondo criteri assicurativi: ciascuno riceve sotto forma di rendita quanto ha accumulato nel corso della vita lavorativa.
Cosa, del resto, che dovrebbe essere implicita nella storia stessa dell’INPS, nata come assicurazione obbligatoria garantita dallo Stato.
Nella sua progressiva evoluzione esso si è trasformato progressivamente in un ente erogatore che non ha alcun capitale di garanzia (come dovrebbe essere obbligatorio per ogni assicurazione) e che elargisce in pensioni i contributi dei lavoratori: una partita di giro che, con l’aumento dei pensionati, e la riduzione dei lavoratori impiegati si traduce in un sempre maggiore aumento di sovvenzioni statali.
Un sistema come quello proposto da Libertates presuppone invece che:
- ogni lavoratore possa decidere liberamente quanto devolvere al fondo pensione scelto: molto quando ha maggiori rendite e poco quando ne ha maggior bisogno
- quando e come andare in pensione: presto con una pensione ridotta oppure tardi con una pensione maggiore
- con quale rendita: alta se ha voluto (o potuto) risparmiare molto durante il lavoro oppure bassa se ha preferito accantonare meno.
Compito dello Stato sarebbe invece quello di:
- fissare una quota fissa obbligatoria per garantire un minimo di rendita sufficiente a una vita dignitosa all’assicurato. Non sarebbe infatti corretto obbligare lo Stato (cioè gli altri cittadini) a intervenire per coprire le spese pensionistiche di chi non ha risparmiato nulla durante la propria vita lavorativa
- farsi carico direttamente , per un semplice motivo di sussidiarietà, delle spese per le pensioni di anzianità e di invalidità di coloro che non hanno potuto avere un lavoro regolare e quindi no hanno potuto accantonare il capitale necessario
– integrare quelle pensioni che, per lo stesso motivo, non raggiungono il minimo necessario per garantire una vita dignitosa a ogni cittadino - garantire mediante controlli rigorosi la stabilità degli enti assicurativi incaricati della gestione pensionistica, prevedendo anche un opportuno fondo di garanzia per eventuali fallimenti, non diversamente da quanto viene garantito ora per la sicurezza delle compagnie di assicurazione.
Tutto questo non presuppone una gestione privatistica dell’assistenza previdenziale: possono tranquillamente coesistere INPS e imprese private in un regime di concorrenza che garantisca costi inferiori e prestazioni migliori. Si sopprimerebbero tutte quelle gestioni particolari che rappresentano un grave costo non solo per la loro cronica mancanza di fondi ma anche per le complicazioni amministrative.
Il vero problema del passaggio a una simile struttura è il debito che ne nascerebbe: i contributi che i lavoratori entrati con il nuovo sistema verserebbero alle nuove gestioni non andrebbero più a coprire le pensioni già maturate, che andrebbero così coperte a debito. Ma si tratterebbe comunque di un debito dovuto a un passaggio progressivo, non molto dissimile da quello da sistema retributivo a contributivo che abbiamo già affrontato, e comunque di un debito già esistente anche se “invisibile” : l’INPS copre le pensioni con i contributi dei lavoratori dato che non ha più capitale di riserva: una situazione pre fallimentare
CAPITOLO 1 I vari sistemi pensionistici
1) Retributivo
Il calcolo della pensione viene fatto sulla base di quanto percepito al momento del termine del rapporto di lavoro.
- E’ stato il sistema applicato in Italia sino alla “riforma Dini” del 1995.
Veniva calcolato in genere sulla media degli ultimi tre anni e copriva buona parte dello stipendio (circa l’80%). - È il sistema che, applicato nella sua interezza (100%), garantirebbe al meglio il lavoratore che continuerebbe a percepire con la pensione quanto percepiva prima in busta paga. Applicato in questo modo, avrebbe anche reso superfluo il Tfr, cioè la quota di stipendio lasciata dal lavoratore all’azienda e ricevuta al momento della fine del rapporto (misura irrazionale per chi non cambia spesso azienda, riceve quindi questa somma solo a fine carriera e si vede però ridotto lo stipendio quando è giovane e ha maggiori spese).
- Il sistema retributivo, anche nella sua forma attenuata (80% dello stipendio) si è però rivelato comunque troppo costoso per l’ente previdenziale, ed eccessivamente favorevole per chi ha lavorato solo pochi anni e comunque riceve la stessa pensione di chi ha lavorato, e pagato contributi tutta la vita.
2) Contributivo
Il calcolo della pensione viene fatto in base ai contributi versati.
- E’ il sistema che più si avvicina allo schema assicurativo (che è quello originario di questi sistemi nati tutti come assicurazione obbligatoria per la vecchiaia).
- E’ quello attualmente applicato in Italia per tutti coloro che hanno iniziato un rapporto di lavoro dopo il 1995
- Il calcolo viene effettuato moltiplicando il montante individuale (cioè quanto versato aggiornato attraverso un coefficiente di rivalutazione annuale) per un coefficiente di trasformazione (che tiene conto dell’età in cui inizia la pensione).
3) Privatistico
La pensione viene fornita da un’assicurazione privata.
- vengono utilizzati i parametri e i criteri dell’assicurazione privata a rendita vitalizia: cioè a partire da una data prefissata nel contratto viene corrisposta per tutta la vita residua una rendita calcolata sulla base delle somme versate
- In questo caso non esistono ovviamente vincoli né su quanto versare, né su quando incassare la rendita. In questo caso il solo limite è quello stabilito dalle norme di legge fissate per favorire questi investimenti pensionistici, che usufruiscono di una tassazione vantaggiosa, e per impedire investimenti speculativi camuffati da fondi pensione.
- Si tratta di un sistema che, per quanto controllato dallo Stato, ha un certo grado di incertezza sia per la possibilità (remota ma sempre presente) di un fallimento del fondo pensione, sia per la possibilità (questa molto più concreta) di una contrazione della pensione dovuta a oscillazioni del rendimento degli investimenti (inflazione ecc.).
4) Misto
La pensione viene fornita da un mix di pensione statale e pensione privata.
- E’ quello attualmente più utilizzato: alla pensione fornita dallo Stato o da un ente statale (come l’Inps in Italia) viene ad affiancarsi una pensione integrativa fornita da enti privati (i cosiddetti “fondi pensione”).
- È una soluzione che permette di aggiungere alla pensione “statale”, spesso ridotta ma sicura e garantita, una pensione più flessibile e più variabile fornita da un fondo pensione.
- Attualmente è poco utilizzata in Italia, visto l’elevato costo e quindi lo scarso successo dei fondi pensione attualmente esistenti.
CAPITOLO 2 – Negli altri Paesi
In Francia
- La pensione viene calcolata sulla base di quanto versato nei migliori 25 anni di contribuzione
- L’età minima è di 62 anni di età (purché si sia lavorato per un certo numero minimo di trimestri), altrimenti l’importo sarà ridotto; tra i 62 e 67 anni viene pagata l’aliquota piena, indipendentemente dai periodi di lavoro
- È possibile andare in pensione prima del termine in caso di lavori usuranti, incapacità o in caso di carriere iniziate molto presto.
- Sono previste maggiorazioni di aliquota per condizioni speciali (es lavori usuranti, numerosi figli, ecc.)
- La pensione deve essere affiancata da una pensione complementare privata, ma obbligatoria, calcolata a punti secondo gli stessi paramentri
In Gran Bretagna
- In Gran Bretagna le pensioni sono erogate da fondi pensioni privati che svolgono esclusivamente questa attività (a differenza delle compagnie assicurative che distribuiscono il rischio su vari rami) e possono essere gestiti in due diversi modi:
- a contribuzione definita: in cui è certa solo la quantità dei contributi versati. La pensione sarà calcolata al momento dell’erogazione in base al valore delle quote del fondo. Questo porta ovviamente ad avere forti oscillazioni nella pensione stessa, che sarà minore nei momenti di crisi del mercato finanziario
- a prestazione definita: il valore della pensione (così come nell’assicurazione privata) è prefissato indipendentemente dalle oscillazioni del valore del fondo che dovrà quindi cercare il più possibile di avere un rendimento tale da garantire queste pensioni. Questo ha portato a impegni spesso rischiosi e a scelte finanziarie avventurose talché recentemente la Banca d’Inghilterra è dovuta intervenire per evitare il crollo di questi fondi dovuto all’improvviso (anche se prevedibile) aumento dei tassi.
In USA
Negli USA il sistema pensionistico si regge su tre elementi:
- la Social Security che è sostanzialmente un sistema statale fondato da Roosevelt nel 1936 e finanziato con il 12% delle retribuzioni (metà a carico del dipendente e metà a carico della ditta). Si ottiene la pensione completa per chi ha 65 o 67 anni (i nati dopo il 1960). L’ammontare dipende dai redditi avuti durante il periodo di lavoro e dall’età in cui si va in pensione (che sarà proporzionalmente più bassa se si anticipa la pensione). Il sistema è tipicamente a ripartizione: ovvero i contributi versati non vengono capitalizzati a favore degli aventi diritto, ma utilizzati per pagare le pensioni attuali. Il sistema è stato in attivo sino al 2017.
- I fondi pensione che hanno grande importanza perché le pensioni statali sono piuttosto basse e che si gestiscono come fondi assicurativi
- I piani assicurativi individuali. In essi il lavoratore decide autonomamente come investire il proprio denaro. Si tratta di autentici fondi di investimento che assumono grande importanza (circa il 50% dei fondi americani sono fondi pensione) e che spesso (10% dei casi) vengono imposti obbligatoriamente dalle ditte al momento dell’assunzione. Al momento dell’età della pensione il lavoratore può scegliere se riscuotere il capitale o continuare sino a una data posteriore, Sono utilizzati prevalentemente dalle classi medio-alte dato l’elevato costo e margine di rischio.
In Svizzera
Il sistema svizzero, unico al mondo, si basa sul sistema dei tre pilastri, garantito dalla Costituzione. I tre pilastri sono:
- la previdenza statale che mira a garantire il minimo esistenziale comprendendo l’indennità di infortunio, l’assicurazione per la vecchiaia e l’indennità di perdita di guadagno
- la previdenza professionale. È una assicurazione che copre coloro che hanno uno stipendio superiore a 22050 franchi e che assicura il mantenimento all’assicurato e ai familiari del tenore di vita in caso di invalidità o decesso
- la previdenza privata. Viene spesso utilizzata perché i due pilastri precedenti assicurano al massimo un reddito pari al 60% dello stipendio.
Sono assicurazioni libere che garantiscono l’assenza di imposte fino a un importo massimo (tipo 1°) oppure completamente libere (tipo 1b)
CAPITOLO 3 Le proposte di Libertates
Libertates propone un sistema autenticamente liberale che possa garantire a ogni lavoratore l’andare in pensione quando vuole e come vuole.
- La pensione è sempre calcolata in funzione di quanto versato nel corso dell’attività lavorativa
- il lavoratore è libero di versare quanto vuole all’ente assicurativo che sceglie. In questo modo può versare importi maggiori nei momenti favorevoli o quando non ha spese particolari e ridurre le proprie contribuzioni nei momenti difficili. Può scegliere di accantonare forti importi se preferisce cautelarsi per la vecchiaia oppure investire meno se pensa di poter lavorare più a lungo
- Il lavoratore può scegliere di andare in pensione quando vuole. Se ancora giovane con una pensione inferiore, se in età più avanzata con una pensione maggiore,
- il lavoratore è libero di andare in pensione quando vuole perché gli verrà corrisposta una rendita corrispondente a quanto versato. Potrà anche eventualmente riscattare il capitale versato.
- Possono esserci più enti assicurativi, sia privati che pubblici, che agiscono in concorrenza tra loro sotto il controllo dello Stato che deve garantire solidità, trasparenza e rispetto di alcune norme di garanzia. Spetta comunque allo Stato intervenire in caso di insolvenza o mala gestione degli enti assicurativi.
- E’ comunque prevista una quota (ridotta) obbligatoria con due scopi precipui: a) fornire comunque una pensione sufficiente a garantire un tenore di vita dignitoso una volta giunti al termine del periodo lavorativo; b) assicurare una pensione dignitosa a coloro che non hanno potuto (non per loro volontà) raggiungere una somma sufficiente.
- Le pensioni di invalidità e tutte quelle pensioni che servono a dare un futuro dignitoso a chi non ha mai potuto lavorare dovrebbero essere a carico diretto dello Stato in quanto rientrano negli obblighi che fanno capo a tutti i cittadini (principio di sussidiarietà).
- La cassa integrazione dovrebbe far capo a un ente autonomo in cui confluiscono i contributi di imprenditori e lavoratori
- L’attuale sistema rischia di non essere più sostenibile nel futuro quando con l’invecchiamento della popolazione la quota dei pensionati è destinata a salire rispetto a quella dei lavoratori attivi e occorrerà un sempre maggiore impegno da parte dello Stato per garantire le pensioni. Infatti già ora l’Inps non ha fondi e paga le pensioni solo con i versamenti dei lavoratori attivi
- Questo sistema andrebbe applicato a tutti indistintamente a qualsiasi categoria o livello appartengano: ognuno riceve la pensione (o meglio rendita pensionistica) a seconda di quanto ha versato.
- Toccherebbe alla finanza pubblica integrare le pensioni di coloro che per giustificati motivi (ad es. i lavori usuranti) potrebbero andare in pensione anticipatamente.
NB Le spese a carico dello Stato sarebbero solo apparentemente più gravose: infatti sarebbero costi definiti e calcolabili, mentre ora il debito di Inps e altre Casse previdenziali è una nebulosa difficilmente regolabile.
di Libertates