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Lega e 5 Stelle, i gemelli dello statalismo

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Uno spettro si aggira per l’Italia e adesso sta tornando: quello statalismo che tanti mali ha già fatto ai tempi della Prima Repubblica

Nei vecchi gialli si diceva che due sospetti fanno un indizio, tre una prova…
È quanto sta succedendo in Italia: è in arrivo un’ondata di statalismo e di dirigismo destinata ad aumentare se al governo andranno Cinquestelle e Lega, partiti notoriamente contrari al libero mercato e favorevoli all’economia statalista.
Ecco i tre sospetti:
– in primis l’affare Alitalia. Si invoca da più parti (specie dai partiti candidati al governo, ma non solo) l’intervento della Cassa depositi e prestiti e comunque una difesa dell’italianità e della necessità per il Paese di avere una compagnia di bandiera. Dopo dieci anni e dieci miliardi spesi per sostenere una ditta fallita come l’Alitalia rischiamo di tornare al puto di partenza. Non è sufficiente l’esempio di Air France e di Etihad che, dopo avervi investito centinaia di milioni, sono fuggite a gambe levate pur di non continuare a mettere soldi in un pozzo senza fondo; resta la ragion fondamentale che le linee aeree (di bandiera e non) vanno dove sono i passeggeri e non il contrario. Ne è prova la Malpensa che, dopo l’abbandono repentino di Alitalia, ha lentamente riguadagnato traffico e linee, mentre i piccoli aeroporti nati per esigenze clientelari (come Albenga, Crotone, Montichiari) sono morti anche se erano serviti dalla compagnia di bandiera
– secondo elemento: la fusione Trenitalia-Anas. Un’operazione senza nessun senso industriale (quali risparmi si hanno facendo gestire strade alle ferrovie? E infatti è un esempio che non ha altro seguito in Europa), ma utile dal punto di vista puramente contabile: così si toglie il debito Anas dall’ambito statale e quindi dal debito pubblico per farlo diventare privato (ma il debito resta e andrà comunque pagato)
– terzo caso quello di questi giorni: l’intervento della CdP nel capitale di Telecom.
Una spesuccia di circa un miliardo per avere il 5% di Telecom e influire sulla separazione della rete esistente e fonderla poi con Open Fiber (altro grande affare di CdP che partecipa un’iniziativa cronicamente e inesorabilmente in perdita). Ma non sarebbe stato sufficiente un decreto per ottenere la separazione della rete, oppure utilizzare la “golden share” che pure la legge prevede? Due possibilità chiare, trasparenti, senza alcun aggravio di costo.

È proprio necessario spendere miliardi in investimenti improduttivi, spesso senza senso, quando sarebbero oltremodo necessari per sostenere le imprese sane, ridurre le tasse, migliorare le infrastrutture?
Ma proprio qui si vede la differenza tra un’economia liberale che interviene per dare servizi, favorire lo sviluppo delle imprese in generale, ridurre i costi (tutte attività che sviluppano l’economia) e un’economia statalista e dirigista che interviene nelle singole imprese con scopi opachi e indiretti (destinati ad aumentare costi e inefficienze). Proprio la strada che temiamo si sta imboccando in Italia.

di Angelo Gazzaniga