Una legge, quella sulle intercettazioni, che svela un grosso problema italiano: la mancata divisione dei poteri
Sulla legge relativa alle intercettazioni si è detto di tutto: si tratta di trovare un equilibrio tra due esigenze contrastanti come il diritto di sapere e il diritto alla riservatezza. E come sempre in questi casi l’equilibro è difficile da provare e mutevole a seconda dei casi, dei tempi e delle condizioni.
Ma quello che vorremmo far notare (e di cui ben poco si è parlato) è la procedura legislativa adottata.
Infatti dopo una lunghissima preparazione si è votata in Parlamento una legge-delega praticamente in bianco: il Parlamento ha cioè delegato il Governo a definire la legge (o meglio le fattispecie di reato) attraverso decreti attuativi o regolamenti da emanarsi in un momento successivo.
Ma fin dai tempi di Tocqueville si è sempre considerato come base di ogni democrazia la divisione dei poteri: il potere giudicante alla Magistratura, il potere legislativo al Parlamento, il potere esecutivo al Governo. Divisione adottata, sia pur con eccezioni dovute a necessità contingenti, da tutte le Costituzioni moderne. Anche la Costituzione italiana adotta questo principio con la sola eccezione dei decreti-legge che possono essere emessi dal Governo per comprovate esigenze di emergenza o necessità e che, comunque, vanno approvati entro 90 giorni dal Parlamento, salvo decadenza totale (cioè sin dall’inizio).
Ma attualmente assistiamo in Italia ad uno stravolgimento di questi equilibri: la gran parte delle leggi nascono come decreti-legge del governo senza alcuna motivazione di emergenza o necessità (se non meramente formali) che poi vengono spesso convertiti in legge addirittura con l’adozione del sistema della fiducia (che impedisce addirittura qualsiasi discussione o approfondimento).
Oppure si assiste all’approvazione, come in questo caso, di una legge-delega che impedisce, per sua stessa natura, qualsiasi approfondimento o discussione che non sia di principio (perché gli articoli di legge non esistono ancora).
Non si può non notare come in questo caso potere legislativo ed esecutivo si fondano in capo al Governo, mentre al Parlamento resta via via solo un generico potere di controllo e di approvazione a posteriori.
Solo attraverso una profonda riforma del sistema si può porre rimedio a questa situazione: un potere legislativo in capo ad un’unica Camera con un Senato avente solo poteri di controllo e di intervento sui grandi temi; il potere esecutivo in capo ad un Governo e un Presidente della Repubblica che abbiano solamente un potere di proposta di leggi perché solo con una chiara divisione di poteri si può avere non solo una democrazia compiuta, ma anche un miglior funzionamento di tutto il sistema.
Angelo Gazzaniga