Ma chi era davvero Davy Crockett?
Fateci caso. Più o meno tutti conosciamo la costa orientale degli Stati Uniti , la California e più recentemente Seattle. Questo per i telefilm, i film, le immagini, i romanzi. Ma la zona cosiddetta “profonda” degli Usa, quella che si chiamava “la nuova frontiera”, ci è sostanzialmente ignota. Una ragione in più per segnalare “Leggende del deserto americano”, edito da Einaudi (584 pagine, 26 euro). L’ha scritto Alex Shoumatoff, gran viaggiatore e giornalista. Leggendo il suo libro, con narrazione in prima persona, ci imbattiamo di continuo in sorprese, demolizioni di miti, correzione di errori comuni, curiosità storiche. Nel 1818 il ministro della Guerra John C. Calhoun dette l’incarico a un viaggiatore di guidare una spedizione a ovest, tra il Mississippi e il New Mexico nordorientale. Non si spinse più in là, in ogni caso battezzò la sua impresa con il nome di “Gran Deserto Americano”, che divenne poi uno slogan.
Altri, alla ricerca di spazi nuovi, di libertà e dell’oro andarono ben oltre. La “frontiera” divenne, dopo la guerra Messico-Usa, una valvola di sfogo. Lì comune era la convinzione di poter “ricominciare da capo”. Quelli che dall’Europa erano sbarcati sulla west coast, consideravano New York, Boston e altre città solo “una tappa”. Carovane di nuovi pionieri verso una vita estremamente dura, in un ambiente che prevalentemente era “anti-intellettuale e materialista”. L’autore trova il modo di smentire tante false leggende, tra cui quella della battaglia di Fort Alamo (tra febbraio e marzo del 1836, assedio di 13 giorni: tutti i 189 texani uccisi dai messicani; sarebbe seguita poi una feroce vendetta e la “reconquista”). Alamo ci ricorda immediatamente Davy Crockett. Due precisazioni storiche inficiano il suo mito: non è vero che indossava un cappello di pelliccia di procione e, innanzitutto, durante una fase dello scontro tentò di arrendersi. Tra i combattenti William Travis, era affetto da malattia venerea e non lanciò mai la leggendaria sfida tracciando con la spada una riga nella polvere incitando i più coraggiosi a unirsi a lui. Un altro degli assediati, Jim Bowie, speculatore terriero, era un “massacratore di apache” ai quali aveva rubato un’ingente quantità di oro per poi nasconderla proprio “in una buca nelle fondamenta di Alamo”. Il generale San Houston era un oppiomane: bel punto di riferimento! Il nostro viaggiatore- reporter racconta poi della città di Amarillo (Contea di Potter, Texas). Qui nacque l’inventore del filo spinato, “che fece crollare gli imperi dell’allevamento, trasformando radicalmente una distesa libera e aperta”. A McLean, nel Texas, è visitabile il museo dedicato alla “corda del diavolo” (oltre 700 varietà). Oggi Amarillo (che in spagnolo significa giallo) è la capitale mondiale per la produzione dell’elio.
Pier Mario Fasanotti