La trattativa Stato/Mafia, i rapporti con il Vaticano: Borsellino fu ucciso perché si opponeva?
Massimo Cacciari, Bobo Craxi e Henry Kissinger insegnano: la politica non è l’anima bella di Immanuel Kant per cui “Fiat justitia et pereat mundus”. Sullo sfondo della doverosa assoluzione penale del pluridecorato generale Mario Mori dall’accusa di favoreggiamento all’associazione mafiosa denominata Cosa Nostra per la mancata cattura di Bernardo Provenzano a Mezzojuso nel 1995, atteso che “il fatto non costituisce reato” (sic!),e che tra l’altro fa il paio con l’assoluzione satellite nel processo sull’“appeasment Stato/Mafia”– non è reato nemmeno quello, ma un factum criminogeno– si agita un interrogativo: era lecito senz’altro, ma anche necessario trattare con Cosa Nostra da parte degli organi statuali della Repubblica Italiana nel trennio horribilis 1989-’1993, per prevenire quello che l’ex Presidente del Consiglio Carlo Azeglio Ciampi definì il rischio di un “colpo di Stato da parte dell’ala stragista della mafia siciliana” nelle sue reiterate dichiarazioni? Pare proprio di sì, perchè – per citare il raffinato pm Luca Tescaroli –“l’agire criminale di Cosa Nostra (le bombe in continente, ndr) potrebbe apparire “prime facie” dissennato, se valutato “sic et simpliciter” nel suo divenire fenomenico, alla stregua della prevedibile controffensiva dello Stato” tra il ’92 e il ’93, mentre in realtà lo stesso era tutt’altro che irrazionale: posto che gli uomini d’onore di Corleone si sentivano truffati dalla guerra santa del Vaticano contro l’Impero delle Tenebre noto come l’URSS: “Ah Giovanni Paolo II! T’abbiamo dato 1.200 milioni di dollari per liberare la Polonia e te sei scordato de noi!”, e non avevano tutti i torti…
Sarà un romanzo criminale, ma purtroppo è tutto vero. Dalla ricostruzione dell’ex giudice istruttore Mario Almerighi che si è occupato della ricettazione della borsa di Calvi dalle alghe del Tamigi al Banco di Santo Spirito, ecco delinearsi il momento genetico culminante della trattativa Stato/Cosa Nostra che secondo un punto di vista alternativo ai giudici potrebbe essere vista come una prevenzione dell’attentato golpista al corpo giudiziario, politico e amministrativo dello Stato:“Questa storia non è una burla, un grande spettacolo di circo in cui i protagonisti vestono maschere e costumi di scena. E’ una storia drammatica, reale, che ancora oggi è contorniata da mistero. E’ una storia di potere. Un potere cinico e impietoso.Un potere estraneo non solo alle religioni, ma anche all’etica, alla solidarietà, alla giustizia, alla legge. Un potere fondato su un sistema il cui vero padrone è il denaro. Un sistema dentro il quale non sono ammessi corpi estranei né intenti ricattatori che ne possano scalfire l’integrità. E il denaro non può essere utilizzato al di fuori degli interessi di chi lo ha prodotto. Roberto Calvi non lo capì. Forse fu questa la sua grande ingenuità, che pagò con la vita. Abbiamo visto che papa Wojtyla, o chi per lui, secondo quanto assunto dal banchiere (ma non solo), con i soldi della mafia riciclati dallo stesso Calvi e Marcinkus finanziava Solidarnosc a sostegno della sua battaglia democratica contro il regime totalitario del comunismo russo. Abbiamo anche visto che, sempre secondo il banchiere (e non solo), con il medesimo denaro (1.200 milioni di dollari lavati dal Banco Ambrosiano, ndr.) il Vaticano sosteneva anche i peggiori regimi militari del Sud America…L’alleanza tra il numero uno dello Ior e quello del Banco nelle società panamensi, utilizzate per riciclare quel denaro, non procurò tuttavia alcun ritorno di utili per la criminalità organizzata, e fu verosimilmente questo il movente dell’omicidio di Calvi…”.
Preso a picconate il Muro di Berlino, la criminalità organizzata corleonese in blocco organico pretese la restituzione sull’unghia del maltolto, e accortasi che una banda di preti cattolici non era in grado di farlo pena la stessa sopravvivenza di San Pietro, cominciò ad attaccare lo Stato Italiano a suon di bombe e “papelli”: in guerra è dai tempi di Sir Winston Churchill che si tratta, o no? Il giudice Paolo Borsellino – secondo una sentenza passata in giudicato –venne a conoscenza della complessa “trattativa” in questione, e fu massacrato poiché si oppose al negoziato da Ragion kissingeriana. Tuttavia non rientrava tra le sue prerogative di magistrato opporsi ad una scelta politica – squisitamente politica – presa dai più alti livelli dello Stato, e processare i referenti operativi del dialogo “ibrido”, perché avrebbe cagionato la morte di un’icona dell’Antimafia, ed è anticostituzionale. E’ idealismo fatto di tensione sentimentale, che nulla ha a che vedere con la fredda valutazione probante della “notitia criminis”. Tutto chiaro adesso?
Alexander Bush