Il vertice dei Paesi latino-americani filo castristi a Cuba: un inno all’economia a controllo statale, all’”area di pace” e la denuncia del liberismo: non è che per loro l’orologio della storia vada all’indietro?
Il 28 e 29 gennaio la Capitale cubana ha ospitato il II vertice della CELAC (Comunità degli Stati Latino Americani e Caraibici) che comprende 33 Paesi, mentre sono stati esclusi USA e Canada.
Questa nuova organizzazione promossa dall’allora Presidente venezuelano Ugo Chavez, col sostegno dell’allora Presidente cubano Fidel Castro e con l’appoggio decisivo dell’allora Presidente argentino Nelson Kischner che fece aderire il titubante allora Presidente brasiliano Lula da Silva, ha praticamente soppiantato la OEA (Organizzazione degli Stati Americani), che dopo la Rivoluzione aveva espulso Cuba.
Dichiarava nel suo intervento Josè Mujica Presidente uruguaiano (ex guerrigliero della formazione denominata Tupamaros, ma anche quello che a insediarsi decise che lo stipendio da Presidente di 15 mila dollari era troppo e che gliene bastavano 800): “questo secondo vertice della Celac definisce un cambio di epoca, sia perché siamo tutti qui (sebbene nessuno dei 3 fondatori ci sia più) a rafforzare questa nostra organizzazione che esclude la presenza imperialista, sia perché si svolge proprio a La Havana”.
Il cambio epocale sta anche nel fatto che tutti, o quasi, questi Paesi hanno ripudiato il neo-liberismo economico, tanto sostenuto in Europa, che li ha avviati a livelli di crescita che prima si sognavano. I tassi di crescita più bassi si aggirano attorno al 3%, ma alcuni arrivano al 7%, (quant’ è quello italiano?). Dovrebbe far pensare i politici europei, ma i fondamentalisti neo-liberisti come D’Alema nemmeno se ne accorgono.
Non trovo altra definizione confacente come quella di fondamentalisti, perché non vedo nessuna differenza tra chi si fa scoppiare massacrando innocenti, bambini compresi, convinto che “andrà in paradiso” e chi, dopo che il mercato senza regole, voluto da Reagan e Thacher, ha provocato una crisi mondiale di proporzioni inaudite, continua a dichiarare la convinzione che il mercato saprà autoregolamentarsi, come ebbe a dire una Ministra del governo Monti. Non è forse la stessa fede cieca?
E pensare che il capitalismo era sinonimo di pragmatismo, invece per i neofiti neo-liberisti è diventato una religione. Che non avrebbe importanza se non portasse alla rovina interi Paesi come oggi la Grecia e molto prima l’Argentina, che ne venne fuori mandando al diavolo il FMI (Fondo Monetario Internazionale) e appunto riportando alla guida dell’economia l’intervento pubblico.
Naturalmente, all’interno della Celac ci sono differenze, non tutti sono uniti al gruppo di testa, Cristina Fernandez Presidente argentina, Nicolas Maduro Presidente venezuelano, Rafael Correa Presidente equadoriano, Evo Morales Presidente boliviano, Josè Mujica Presidente uruguaiano, Daniel Ortega Presidente nicaraguense, Raul Castro Presidente cubano, sono molto in sintonia mentre altri come Manuel Santos Presidente colombiano si prestano ancora a manovre divisorie accettando la proposta USA di fondare l’Associazione Stati del Pacifico.
Però credo che il cambio epocale sia avvenuto e sia alquanto difficile farlo ritornare indietro, dato il primo punto della dichiarazione finale, sottoscritta da tutti i 33 presidenti di Stato e di Governo, che dichiara la zona dei 33 Stati “Area di pace”. Che potrebbe voler dir poco ma che potrebbe rendere molto più problematici gli interventi armati che gli USA hanno effettuato negli ultimi 50 anni, dal Guatemala a la Repubblica Domenicana al Nicaragua, a l’isola di Grenada etc. E anche i potentati economici dovranno fare i conti col nuovo soggetto politico-economico CELAC come dimostrano le nazionalizzazioni delle risorse principali di Bolivia, Argentina ed Equador, naturalmente dopo quelle di Cuba e Venezuela.
Volendo invece commentare la Cuba di oggi viene spontaneo citare: “eppur si muove”. Nel senso che molte cose sono cambiate mentre altre restano immobili e altre ritornano come prima. Però la statalizzazione totale direi che è stata abolita, anche se, mi ripeto, gli strani zig zag cubani restano, e quindi il futuro cubano non è del tutto definito. Ad esempio in questi giorni siamo al zag delle licenze di prodotti da ferramenta, in quanto sospese.
Comunque, da un anno a questa parte le strade di Cuba si erano trasformate pian piano, diventando uguali a quelle degli altri Paesi della zona. Cioè, si sono riempite di bancarelle, sia fisse che mobili, che offrono un po’ di tutto, tipico di tutti i Paesi Latinoamericani, e non solo. Inoltre sono state messe a disposizione degli artigiani grandi aree come quella del ex centro commerciale “Siglo 21”.
Il cambiamento è dovuto alle nuove leggi che il governo di Raul Castro ha promulgato da quando si è insediato alcuni anni fa. E la legge che consente ai privati di affittare locali dello Stato, ha dato una ulteriore spinta al cambiamento, abolendo la statalizzazione arrivata agli estremi, dato che comprendeva perfino barbieri e ciabattini. (non a caso proprio da li sono partite le abolizioni, forse rendendosi conto dell’assurdità).
Credo che la prima domanda che ci si fa, si riferisca se sia meglio adesso o era meglio prima. Per chi ci vive come me, trova molto meno faticoso approvvigionarsi adesso che basta uscire in strada, mentre prima doveva per forza raggiungere i luoghi preposti. Ma questo commercio fa circolare di più il denaro dando, magari anche solo l’impressione, che tutti stiano meglio.
Naturalmente, come in tutto il mondo, si può comprare se si ha il denaro, altrimenti si resta a guardare. E siccome il paniere dei prodotti sovvenzionati dallo Stato (quelli della famosa “libreta”) si è ulteriormente assottigliato, i prezzi non tendono a scendere, ma se mai il contrario, purtroppo!
L’altra novità sul versante economico è la riapertura al turismo. Dopo averlo respinto con assurde tassazioni sul cambio, (fino a pagare l’euro 20 punti in meno) e togliendo le dovute provvigioni alle agenzie, (le quali naturalmente non promuovono una destinazione che non gli consente ricavi).
Mentre nel resto del mondo si facevano grandi investimenti per avere più turismo, Cuba respingeva quel che già aveva. Giustificando le assurde misure in quanto il turismo fosse fonte di corruzione.
D’altra parte, la corruzione che portava il turismo era poi limitata alla prostituzione, ossia un reato di carattere culturale e quindi di immagine, praticamente irrilevante nel danno sociale. Naturalmente il fenomeno esisteva, e la repressione non lo fermava, e allora decisero di eliminare la fonte, senza rendersi conto che era un po’ come quello che si tagliava i cosiddetti per far dispetto alla moglie. Le entrate di moneta pregiata si erano alquanto assottigliate, quindi si rendeva necessario l’abolizione delle tassazioni sul cambio e il ripristino delle provvigioni alle agenzie. E cosi il turismo è ripreso. Ancora poco quello italiano ma a fine anno c’era una forte presenza di tedeschi e inglesi, direi quasi come negli anni migliori, e ormai superati da ungari e russi, secondo dati locali.
Probabilmente di conseguenza ci sarà anche una ripresa della prostituzione, anche se le giovani cubane sono culturalmente molto più mature delle loro madri o sorelle maggiori di 20 o 10 anni fa. Nel senso che l’abbordaggio per strada è quasi del tutto scomparso, cosi come la ossessionante aspirazione di andare all’estero a tutti i costi. Come tutti i giovani del mondo vogliono divertirsi, ballando, viaggiando e facendo sesso, e magari unendo l’utile al dilettevole, ossia sesso con regalo in contanti, ma non più a tutti costi.
Insomma un intero continente è cambiato a parte poche eccezioni, senza che “la colta Europa” come viene chiamata ironicamente dai giornalisti di queste parti, se ne sia accorta.
Giancarlo Guglielmi