Nel libro di Alexander Bush viene esaminata la parabola dei rapporti di Giulio Andreotti con la mafia siciliana. Da un rapporto di contiguità e sostanziale alleanza, dopo la caduta del muro di Berlino e sotto le pressione del governo USA, c’è un progressivo allontanamento concluso con l’alleanza con Falcone. Questo porterà alla strage di Capaci e alla mancata elezione di Andreotti alla Presidenza della Repubblica: il tutto documentato attraverso sentenze e verbali della magistratura
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Nella mia lunga vita di giornalista mi colpì il fatto che Giulio Andreotti non reagisse mai a quel che si pubblicava su di lui: non alle notizie su quel che faceva o ometteva di fare, non agli elogi, e passi, ma neanche alle critiche, agli attacchi, alle insinuazioni. Rara avis: la sua impassibilità, nel gran mondo della politica, era un’eccezione. Un giorno mi capitò di mandargli un biglietto, non so più perché: forse due righe di accompagnamento per un libro, forse qualche altra ragione. Colsi l’occasione per fare un cenno a quella sua impassibilità, che lo distingueva fra tutti gli uomini politici sulla piazza. Gli chiesi: “Il suo silenzio su tutto quel che la riguarda è dovuto a indifferenza, o ad autocontrollo?”. Ebbe la cortesia di rispondermi, con un biglietto laconico: “Autocontrollo”. Non era l’uomo cinico che sembrava, dunque?
L’altro mio ricordo riguarda la conclusione della guerra di Segrate. Berlusconi era riuscito ad aggiudicarsi, corrompendo un giudice, il gruppo Espresso-Mondadori. Ciarrapico, personaggio di molte incarnazioni, fu il mediatore che pose fine alla guerra: il gruppo Espresso fu salvato. Dietro a Ciarrapico c’era Andreotti, allora presidente del Consiglio. Che non disse mai verbo, né mai figurò, né prima della mediazione, né durante, né dopo.
Piero Ottone